L’eccedenza detraibile IVA chiesta a rimborso nella dichiarazione (sia annuale sia trimestrale) deve essere restituita entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione, a condizione che il contribuente presti una fideiussione (art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972). Dunque, il contribuente può presentare una fideiussione, a beneficio dell’Agenzia delle Entrate, per accelerare il rimborso dell’eccedenza IVA senza dover attendere le più lunghe tempistiche necessarie per esaminare la domanda prima di procedere al rimborso. Soprattutto in passato, gli oneri sostenuti dal contribuente (pensiamo al premio) per presentare queste garanzie risultavano piuttosto elevati e la prassi amministrativa ha sempre negato il rimborso di queste somme, nonostante l’art. 8, comma 4 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212 del 2000), dispone che “L’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi”.
Come funziona la norma?
In estrema sintesi, secondo l’impostazione dell’Agenzia delle Entrate, la norma citata si applicherebbe agli oneri fideiussori che la legge impone come obbligo in presenza di un’attività di accertamento: ad esempio per ottenere la sospensione delle somme provvisoriamente dovute in pendenza di giudizio. Viceversa, nei rimborsi IVA accelerati, saremmo in presenza di una facoltà del contribuente per ottenere un vantaggio, slegata da attività accertative, dunque fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 8, comma 4. Tale impostazione, seguita anche da parte della giurisprudenza di merito, è stata disattesa da recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione, con le quali è stato affermato che, anche in presenza di rimborsi IVA accelerati, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare al contribuente gli oneri fideiussori da quest’ultimo sostenuti. Ciò in quanto l’art. 8, comma 4 citato non va inteso nel senso dell’esistenza di un ipotetico obbligo normativo, ma con riferimento alla necessità della richiesta della garanzia in rapporto allo scopo perseguito (Cass. Ordinanza n. 5508 del 2020).
La precisazione della Cassazione sugli oneri fedeiussori
La Cassazione ha precisato poi gli aspetti legati ai termini per potere richiedere il rimborso degli oneri fideiussori. Si tratta di soluzioni interpretative decisamente favorevoli per i contribuenti, per cui oggi è possibile ottenere il rimborso degli oneri fideiussori sostenuti anche molti anni addietro. Innanzitutto, è stato osservato (Cass. Sent. 22720 del 2020) che il diritto alla restituzione degli oneri fideiussori sorge quando l’Ufficio abbia espressamente riconosciuto il credito di imposta, oppure sono spirati i termini per l’accertamento dell’imposta rimborsata ai sensi dall’art. 54 del d.P.R. 633 del 1972 (di regola entro il 31 dicembre del quarto o quinto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione IVA).
Istanza di rimborso, ecco i tempi in cui può essere presentata
Inoltre, la Cassazione ha altresì osservato che l’istanza di rimborso può essere presentata entro dieci anni da quando è sorto il diritto al rimborso, secondo la prescrizione ordinaria (Cass. 19756 del 2020). In termini pratici, ciò significa che, ad oggi, è ipoteticamente possibile chiedere il rimborso degli oneri fideiussori sostenuti per l’ottenimento del rimborso accelerato dell’eccedenza IVA esposta nelle dichiarazioni IVA 2007 e successive. Infatti, in tal caso, l’Ufficio avrebbe avuto tempo fino al 31.12.2011 per notificare l’atto impositivo (31 dicembre del quarto anno successivo al 2007). Decorso questo termine in assenza di accertamento, è sorto il diritto del contribuente per chiedere il rimborso degli oneri fidejussori che, come visto, si prescrive in dieci anni e dunque può essere tempestivamente azionato entro il 31.12.2021.
* di Avv. Gabriele Sepio e Andrea Sbardella