Avviso ai naviganti: i funzionari della Federal Reserve hanno stabilito che il costo del denaro dovrà restare restittivo per diverso tempo. Traduzione: tassi di interesse elevati ancora a lungo. La riunione risale al 19 e 20 settembre scorsi ma solo in questi giorni sono emerse le conclusioni. Non è tutto: “Una maggioranza di partecipanti ha ritenuto che a una prossima riunione sarà probabilmente appropriato un aumento supplementare dei tassi sui federal funds, mentre alcuni hanno ritenuto probabile che non saranno opportuni ulteriori aumenti”, si legge nei verbali del Federal Open Market Committee. Tassi alti sino a quando “il direttorio sarà fiducioso che l’inflazione si stia muovendo in maniera sostenibile a ribasso verso i livelli obiettivo”. Così i banchieri centrali americani. Con una scelta che potrebbe essere adottata come spesso accade anche dai colleghi della Banca Centrale Europea. Per la maggior parte dei cittadini – non solo degli investitori – il tema dei tassi di interesse si lega naturalmente alle rate dei mutui per le abitazioni. Con quali prospettive si prepara dunque il settore immobiliare ad affrontare l’immediato futuro? True-news.it ne ha parlato con Antonio Intini, chief business officer di Immobiliare.it. Spoiler: il futuro potrebbe anche non essere così fosco. Conflitti internazionali permettendo…
Intini, quali conseguenze c’è da aspettarsi da un lungo periodo di tassi elevati?
Partirei dalle conseguenze che ci sono già state. Nel secondo trimestre del 2023 le compravendite sono calate del 16%. E da gennaio a settembre 2023 le richieste di mutuo hanno registrato un meno 40%, con un impatto significativo sulle stesse compravendite. Ma bisogna mettere le cose in prospettiva.
Ovvero?
Ci attendiamo per il 2023 un calo complessivo delle compravendite del 15%. Questo vorrebbe dire concludere l’anno con 660mila compravendite nel residenziale: si tratta di numeri di tutto rispetto se consideriamo che ad esempio nel 2011 le operazioni erano state 400mila. Il settore è reduce da un momento euforico con tassi quasi a zero per un lungo periodo che hanno alimentato le compravendite. Ora siamo in una fase di stabilizzazione. Certo l’impatto di un lungo periodo di mutui con tasso al 5% potrebbe essere più sostenuto
Il passato aiuta in qualche modo ad interpretare l’attuale situazione?
Negli anni Ottanta abbiamo avuto inflazione alta e tassi alti per periodi molto prolungati, ma il mercato immobiliare è rimasto vivo. Il fatto è con l’inflazione al 5%, un mutuo al 5% resta comunque conveniente. Ad oggi non c’è stato un crollo del mercato perchè c’è ancora una domanda sostenuta. Chiaramente non quella eccezionale del periodo post-Covid 2021-2022
Insomma, è ancora presto per fasciarci la testa
Il mercato dimostra di tenere ed il settore immobiliare è storicamente un buon asset in momenti di inflazione alta, cosa che i risparmiatori italiani sanno particolarmente bene. Diciamo che si è chiuso un ciclo e nel 2023 i valori delle compravendite sono tornati ai livelli precedenti al Covid
Se il Covid è stato una eccezionalità, lo stesso si può dire dei conflitti divampati in Ucraina e Israele. Dobbiamo abituarci ad una sorta di “emergenza normalizzata”?
E’ chiaro che se i conflitti si acuiscono e l’inflazione continua a crescere, ogni precedente analisi va revisionata. Generalmente al crescere dell’incertezza chi opera sul mercato immobiliare aumenta la propria prudenza. Ma, tralasciando per ora fattori esogeni al mercato, nel 2023 nonostante il calo delle compravendite i prezzi sono ancora in crescita, del 2-2,5%
Perchè accade questo?
E’ una dinamica tipica del ciclo immobiliare: crediamo che il trend proseguirà ancora nel prossimo anno. Questo perchè c’è uno sfasamento tra l’andamento delle compravendite e quello dei prezzi