Perché questo articolo potrebbe interessarti? La crisi energetica che ha travolto l’Europa ha fatto schizzare alle stelle il valore del gas. L’ombra del razionamento ha contagiato altri beni, soprattutto quelli collegati al settore dell’energia. I prezzi del legno, in particolare, hanno raggiunto i massimi degli ultimi dieci anni. E così, le famiglie che pensavano di affidarsi a stufe a legna o a pellet per mitigare la tempesta perfetta dell’inverno, si ritrovano tra le mani un nodo spinosissimo. Per non parlare del problema che affligge pizzerie, ristoranti e altre attività.
I prezzi in Italia
In Italia, in un anno, il prezzo del legno da ardere è in alcuni casi aumentato del 500%. Le quotazioni di questo materiale sono passate dai 264 euro al metro cubo dell’aprile 2020 ai 989 euro del settembre 2020, fino ai 1686 euro del maggio 2021. Persino l’utilizzo del legno vergine come fonte di energia alternativa al gas ha fatto lievitare i costi, da 5 a 30 euro in 18 mesi. A subire il rincaro maggiore, i cosiddetti sottoprodotti del legno, ovvero segatura e cippato, con prezzi schizzati da 6 euro al metro cubo a 24.
Questa tendenza rischia di mettere in seria difficoltà interi distretti industriali, con conseguenze a cascate sull’intera economia italiana. “Esistono produzioni sospese in alcune aree per mancanza proprio di quel legno che fino a poco tempo fa era lo scarto della filiera. Il fatto di elevare i prezzi del 200/300% compromette la competitività dell’intera filiera del mobile italiano”, ha spiegato Paolo Fantoni, vice presidente di FederlegnoArredo.
Il fattore Cina
Non bastassero gli effetti della crisi energetica, ad influire sui prezzi del legno troviamo anche l’ormai immancabile Cina. La presenza del Dragone nei mercato del legname europei ha lasciato segherie e produttori locali a dover affrontare costi crescenti e carenza di materiali. Anche in questo caso basta leggere i dati. Prendiamo la Germania. Nel 2021, le importazioni cinesi di quercia da Berlino e dintorni sono cresciute del 40%, a 58.000 metri cubi, ovvero circa il 10% del raccolto del Paese. Le spedizioni di faggio sono aumentate del 6,7% a 255.000 metri cubi, anche qui il 10% del totale. E queste cifre non includono le esportazioni indirette.
Ebbene, i prezzi del legno sono aumentati di pari passo con la crescente domanda (in primis cinese). La quercia tedesca da esportazione, come ha sottolineato Nikkei Asian Review, adesso costa circa 350 euro per tronchi con un diametro compreso tra 40 e 50 cm, e cioè circa il doppio rispetto a due anni fa. Il faggio 100 euro, il doppio. I risultati, insomma, sono preoccupanti. “Ordinavamo il legno dalle segherie con un anno di anticipo. Ora non è più possibile a causa della decisione cinese di acquistare legno sui mercati mondiali invece di tagliare gli alberi in Cina”, ha dichiarato Andreas Decker, CEO di Moebelwerke Decker, produttore di mobili del Nord Reno-Westfalia.
Fame di legno
Lo scoppio della guerra in Ucraina, poi, ha compromesso l’accesso al mercato russo. In particolare, leggendo i dati aggiornati al novembre 2021, la Russia pesa 410 milioni di euro sul totale delle esportazioni della filiera legno-arredo italiana, a fronte dei 435 del 2019. Per quanto riguarda le importazioni, la stessa filiera pesa 136 milioni di euro, con un incremento rispetto al 2019 addirittura del 41,2%. Allo stesso tempo, Mosca ha bloccato l’export di tronchi verso l’Europa provocando una fame atavica di legno.
Anche perché, come anticipato, la Cina, il più grande importatore mondiale di legname e prodotti in legno, ha incrementato la domanda. Da quando la Cina è diventata membro dell’Organizzazione mondiale del commercio, nel 2001, le esportazioni cinesi di mobili sono cresciute da meno di 300 milioni di dollari al mese a circa 6 miliardi di dollari oggi. Allo stesso tempo, molti governi europei hanno ridotto il disboscamento di legno duro per arginare il cambiamento climatico. Sul tavolo ci sono adesso tutti gli ingredienti che potrebbero presto generare uno tsunami capace di travolgere l’intero settore del legno.