Home Economy Stop diesel, ecco perché per noi il 2035 sarà l’apocalisse

Stop diesel, ecco perché per noi il 2035 sarà l’apocalisse

aumento benzina macchina elettrica

Perché questo articolo potrebbe interessarti? Via libera dal Parlamento europeo per l’addio in Europa ad auto e furgoni nuovi a benzina e diesel a partire dal 2035. Da quel momento in poi si punterà tutto sull’elettrico. L’Italia rischia però di finire nelle sabbie mobili a causa di due enormi criticità: il suo deficit infrastrutturale, coincidente con la carenza di punti di ricarica per le auto elettriche, e il rischio di esser travolta da auto asiatiche.

L’ora X che potrebbe cambiare per sempre il futuro della mobilità è arrivata: niente più auto e furgoni a benzina e diesel dal 2035. Se la drastica novità troverà preparatissimi alcuni Paesi dell’Unione europea, come gli scandinavi e la Germania, altri rischiano di finire travolti dagli eventi. In questo secondo gruppo trova spazio anche l’Italia.

Se il futuro della mobilità farà sempre più rima con auto elettriche, Roma deve prendere atto di un grave deficit infrastrutturale. Le strade e le autostrade italiane, infatti, scontano una pesante carenza di punti di ricarica per auto elettriche.

Al 30 giugno, in Italia se ne contano 30.704, suddivisi in 15.674 colonnine dislocate su 12.410 location accessibili al pubblico. I numeri sono in crescita ma, vista la recente accelerazione dei governi per la transizione all’elettrico, permangono importanti deficit. Sia per quanto riguarda la distrubuzione delle citate colonnine, sia per la loro quantità.

Poche colonnine di ricarica in Italia

Se il futuro apparterrà sempre di più alle auto elettriche sarà fondamentale per ciascun Paese poter sfoggiare un efficiente ragnatela infrastrutturale di colonnine di ricarica sparsa sul proprio territorio.

I dati raccolti da Motus-E aiutano a tracciare una sorta di mappa delle colonnine elettriche distribuite sul territorio italiano.

Innanzitutto, nel dicembre 2020 l’Italia toccava quasi i 20mila punti di ricarica, poi saliti a 26.024 al termine del 2021. In tempi ancora più recenti, nel periodo compresto tra aprile e giugno, sono apparsi 2.847 punti di ricarica in più rispetto a marzo. La differenza sale a 7.429 colonnine in più se prendiamo in considerazione il mese di giugno 2021: in tal caso la crescita si attestata al +32%. Ma la crescita è ancora più evidente, addirittura +288%, se leggiamo i numeri elencati dalla rilevazione Motus-E relativa al settembre 2019. In quel preciso istante si contavano 10.647 punti in 5.246 infrastrutture.

Non è però tutto oro quello che luccica. Circa l’11,5% delle infrastrutture installate non è attualmente utilizzabile dagli utenti.

I motivi sono due: il mancato allacciamento alla rete da parte del distributore di energia, oppure altre ragioni autorizzative. Dal punto di vista tecnico, il 92% dei punti di ricarica è in corrente alternata, mentre l’8% in corrente continua; tre mesi fa il rapporto si attestava a 93%-7%.

La novità rilevante sta nei punti di ricarica in DC, che fanno segnare un +46% per quelli con potenza 50-150 kW e un +38% per quelli che superano i 150 kW. Peccato che al momento prevalgano le colonnine con una potenza compresa tra i 7kW e i 43 kW. Calcolatrice alla mano, siamo intorno al 78%.

Lo stato di salute della rete italiana

Considerando il rapporto tra numero di infrastrutture di ricarica e numero di veicoli elettrici, l’Italia si colloca al di sopra della media europea, seconda soltanto ai Paesi Bassi. Questo, si legge nel report Le infrastrutture di ricarica pubblica in Italia di Motus-E, significa che Roma sta “perseguendo l’obiettivo, a lungo termine, di raggiungere una capillarità del servizio di ricarica”.

Vero, anche se il 2021 si è chiuso con 136.7541 veicoli elettrici immatricolati (+128% rispetto al 2020). Anche in questo caso siamo di fronte ad un numero incoraggiante ma modesto rispetto al contesto europeo, in cui l’Italia si posiziona quinta con un distacco di più di 120.000 veicoli dalla terza, la Francia.

In ogni caso, la tendenza più lampante è che le auto elettriche sono destinate ad aumentare mese dopo mese. Ma la rete italiana per supportare un sistema di mobilità improntato all’elettrico è pronta?

Oggi come oggi, si registra una mappa a macchia di leopardo, con regioni ancora distanti dai traguardi auspicabili. Ecco subito un dato sul quale riflettere: il 64% del totale delle infrastrutture è distribuito in appena sei regioni. Si tratta di Lombardia (17% con 5.080 punti), Piemonte (11%), Lazio ed Emilia-Romagna (entrambe al 10%), Veneto (9%) e Toscana (8%).

La distribuzione dei punti di ricarica

Ecco un altro dato ancora più emblematico: il 57% circa delle infrastrutture è distribuito nel Nord Italia, il 23% al Centro e appena il 20% al Sud e nelle isole. Nell’ultimo trimestre le regioni che sono cresciute di più sono Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio e Veneto.

Quelle che hanno fatto registrare i migliori tassi di crescita relativa sono Marche (+24%), Liguria (+21%), Emilia-Romagna (+14%), Lazio e Piemonte (+12%). Attenzione però, perché nel report è presente un primo preoccupante ammonimento: “Si vuole sottolineare che il numero relativamente basso di veicoli elettrici in circolazione limita il ritorno dell’investimento sui punti di ricarica pubblici”.

Interessante, poi, leggere la situazione relativa alla distribuzione dei punti di ricarica nelle prime dieci città italiane. A Roma si contano 1673 punti per quasi 3 milioni di abitanti, per un rapporto di 6,04 punti di ricarica nel Comune ogni 10mila abitanti, che scende a 0,36 per i punti a ricarica rapida.

A Milano i due rapporti si attestano rispettivamente a 5,22 e 0,44, mentre a Firenze siamo a 14,17 e 0,46, a Napoli 2,29 e 0,05 e Catania 4,89 e 0,10, a conferma della disomogeneità sopra citata. Vale la pena, infine, accendere i riflettori su un’altra spada di Damocle non da poco.

Per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica su rete autostradale l’Italia è fortemente in ritardo. Calcolatrice alla mano, si contano soltanto 1,2 punti di ricarica veloce o ultraveloce ogni 100 km di rete autostradale.

IL REPORT SULLE INFRASTRUTTURE DI RICARICA PUBBLICHE IN ITALIA