Perché questo articolo potrebbe interessarti? La Sicilia è preda della crisi idrica, ma l’isola è anche sede di alcuni dei più importanti cantieri infrastrutturali del Paese. Solo sulle ferrovie, sono in corso investimenti per più di dieci miliardi di euro, un ammontare superiore al costo del Ponte.
L’isola della sete, così com’è stata ribattezzata questa estate a seguito della crisi idrica, oppure l’isola dei cantieri? È il doppio volto, ancora una volta contrastante, della Sicilia. Terra dove la penuria d’acqua sta allarmando e non poco cittadini, turisti ma anche potenziali investitori. Eppure, proprio accanto a quei terreni aridi e ingialliti, segno tangibile di una siccità che da mesi lascia poco scampo, sono in corso lavori orientati a far guardare con un occhio diverso al futuro.
E il contrasto è anche cromatico: se si percorre l’autostrada Palermo-Catania, è possibile notare a perdita d’occhio non soltanto il giallo della terra, ma anche il rosso di grandi nastri che affiancano per chilometri il tracciato autostradale. Sono quei nastri che tradizionalmente indicano la presenza di grandi cantieri, dove si lavora anche in questi afosi giorni di agosto.
Le nuove linee ferroviarie
Nella piana di Catania, mentre da Palermo ci si avvicina verso il capoluogo etneo, i nastri rossi di delimitazione dei cantieri sono ancora più visibili. E nella zona di Catenanuova, ultimo comune prima di entrare nell’area urbana catanese, è possibile notare anche binari nuovi di zecca, appena poggiati e pronti per il collaudo.
Fanno parte del nuovo tracciato ferroviario tra Catania e Palermo, le due principali città dell’isola. I lavori per il progetto di raddoppio della linea sono partiti tre anni fa e il primo lotto, lungo 11 km, ha riguardato proprio una parte del percorso tra la stazione di Catania Bicocca e Catenanuova. Un piccolo tassello di un mosaico che, entro dieci anni, è destinato a cambiare il quadro dei collegamenti ferroviari sull’isola.
Alta valocità tra le tre più importanti città della Sicilia
L’idea di fondo alla base dei progetti è proprio quella di mettere in collegamento le tre città più grandi dell’isola: ossia Palermo, Catania e Messina. Non si tratta di un’idea certo rivoluzionaria. L’obiettivo, di fronte all’attuale situazione che contraddistingue la viabilità siciliana, è quello di “normalizzare” il contesto ferroviario. Un contesto contraddistinto da linee piuttosto datate, inadeguate non solo al traffico attuale ma anche a quello futuro.
Quel traffico cioè che, nei prossimi anni, dovrebbe portare sempre più turisti in Sicilia ma anche investitori di svariati settori. I recenti investimenti sulla cosiddetta “Etna Valley“, il polo tecnologico catanese che vede la presenza della più grande gigafactory dell’Enel e dei nuovi stabilimenti della francese Stm, sono un esempio. Ma anche il settore dei vini, quello agricolo e tecnologico stanno avendo in diverse province siciliane un discreto sviluppo.
Impossibile quindi continuare a presentarsi al resto d’Italia e del mondo con ferrovie concepite all’inizio del secolo scorso. Soprattutto considerando anche lo stato, anch’esso decisamente inadeguato, del sistema autostradale. Dopo anni di dibattiti, quasi in sordina sono quindi partiti i progetti delle nuove linee ferrate. L’intervento più importante riguarda la Palermo-Catania, tratta attualmente percorribile in due ore e quaranta minuti. I cantieri permetteranno il raddoppio della linea e, come detto, i primi 11 km sono stati completati. Alla fine dell’intervento, i tempi di percorrenza saranno intorno ai cento minuti.
Da Catania a Messina invece, si sta procedendo all’ammodernamento e raddoppio dell’unico tratto della linea a singolo binario. Si tratta della cosiddetta “strozzatura” compresa tra Giampilieri e Fiumedreddo. Nel 2023 sono partiti i lavori delle maxi gallerie di quasi 10 km che scorreranno sotto Taormina e permetteranno di raggiungere lo Stretto di Messina da Catania in meno di un’ora.
I costi dei progetti
La spinta definitiva ad approvare i progetti è arrivata subito dopo il Covid. La prospettiva dei fondi del Pnrr e l’importanza assunta dal migliorare (e, nel caso siciliano, adeguare e normalizzare) il trasporto ferroviario ha portato al disco verde per i cantieri. Oggi l’isola si presenta con molte campagne “tappezzate” di nastri rossi che delimitano le aree dei lavori. Non solo a Catenanuova e nel Messinese, come sottolineato in precedenza, ma anche in tutti i sei lotti della futura Palermo-Catania.
Sono all’opera almeno tre talpe Tbm, altre arriveranno nei prossimi mesi: “Ne saranno all’opera in tutto 24 e tutte contemporaneamente”, ha dichiarato nei mesi scorsi il commissario per la Palermo-Catania-Messina, Filippo Palazzo.
Il costo dei sette maxi cantieri, considerando i sei lotti della Palermo-Catania e i lavori sulla Catania-Messina, secondo Rfi hanno un costo di nove miliardi di euro. Gli investimenti complessivi, sempre secondo i funzionari della società, potrebbero ammontare a oltre dieci miliardi di euro. Quanto o forse più del ponte sullo Stretto di Messina.
L’obiettivo della Sicilia: la normalità
Le prime tratte dovrebbero essere in funzione tra il 2025 e il 2026, poi via via si apriranno le altre linee. L’ultimo cantiere a essere smobilitato, seguendo il cronoprogramma di Rfi, potrebbe essere quello di Taormina per via della delicatezza dell’intervento in un contesto geologico piuttosto particolare. Si parla in questo caso di 2032.
Investimenti importanti e cantieri imponenti che, come risultato, non daranno vita a una rivoluzione ma a una normalizzazione del trasporto in Sicilia. Perché in fondo sull’isola la vera emergenza è proprio quella di ottenere la normalità. Si vive oggi con l’ansia di avere l’acqua e, allo stesso modo, si lavora per consegnare al futuro della Sicilia normali linee ferrate i cui progetti sono rimasti colpevolmente nei cassetti per tanti e troppi decenni.
Si andrà a Palermo da Catania in meno di due ore, si raggiungerà Messina dalle pendici dell’Etna in meno di un’ora. Una normalità che faciliterà la vita agli abitanti dell’isola, ma che potrebbe incentivare anche qui sull’isola vuole investire. E non solo in chiave turistica.