Perchè questo articolo dovrebbe interessarti: Disney nutriva grandi speranze sul successo ai box office del remake live-action della Sirenetta. Operazione riuscita a metà. E la casa statunitense si ritrova ancora alle prese con i suoi problemi. Dai parchi a tema a Disney+, passando per la Marvel: cosa non sta funzionando
La Sirenetta woke: un mezzo buco nell’acqua che lascia a Disney i suoi problemi
La Sirenetta non ha salvato Disney. Negli scorsi mesi l’uscita nelle sale cinematografiche del remake live-action del classico di animazione del 1989 è stata accompagnata da grandi aspettative. Che sono andate di pari passo con le polemiche per la riscrittura in chiave woke di alcuni passaggi chiave della fiaba di Andersen. Su tutti, la scelta di affidare il ruolo della protagonista all’attrice di colore Halle Bailey. O la goffa revisione dei testi della canzone “Kiss the girl” (“Baciala” in italiano) per fugare ogni timore che qualcuno potesse leggerlo come una istigazione a un rapporto non consensuale.
Chiuso il botteghino e con l’imminente approdo della Sirenetta su Disney+, è possibile affermare che l’operazione è riuscita a metà. A Ferragosto il film ha chiuso con 567,51 milioni di dollari incassati in tutto il mondo. Tanti, ma appena sufficienti, come ha calcolato il sito Deadline, per pareggiare i costi. Con un budget di produzione di 250 milioni e una spesa di marketing di 140 milioni, tolto anche quanto spettante alle sale La Sirenetta aveva il suo punto di pareggio fissato a 560 milioni di dollari. Risultato raggiunto per il rotto della cuffia, con un margine di profitto di pochi milioni. Una base alla quale si aggiungeranno le vendite di home video e lo streaming. Ma, insomma, le aspettative erano altre. La Sirenetta segna quantomeno una inversione di tendenza dopo i flop in serie di altri remake live-action come Lilli e il vagabondo, Mulan, Crudelia, Pinocchio (con quest’ultimo che ai Razzie Awards 2022 si è aggiudicato il premio come “Peggior prequel, remake, rip-off o sequel”). Appaiono tuttavia lontanissimi i fasti delle uscite pre-Covid de Il Re Leone (1,66 miliardi), Aladdin (1,05 miliardi) e La Bella e la Bestia (1,27 miliardi).
Disney: in Borsa sotto agli 82 dollari per azione
In definitiva per la Sirenetta dunque un pareggio risicato, non il trionfo di cui Disney avrebbe avuto bisogno. Già, perchè – coincidenza o no – proprio la scorsa settimana la multinazionale statunitense fondata esattamente un secolo fa ha toccato il punto più basso da nove anni a questa parte sul mercato azionario, con una quotazione inferiore agli 82 dollari per azione. Il motore fuma da tempo e diverse sono le spie accese sul cruscotto. Sul banco degli imputati, oltre alle performance quantomeno altalenanti degli ultimi film targati Disney, finiscono infatti anche i parchi a tema, la piattaforma di streaming Disney+ e la Marvel.
Disney World e Disney+: l’emorragia continua
A Disney World dopo la pandemia non si è registrato solo un aumento generalizzato dei costi di tutti i servizi, dai biglietti di ingresso agli hotel passando per il food ed il merchandising. Ma sono anche state sperimentate nuove soluzioni come la App Genie che ha soppiantato il sistema Fastpass causando scontento tra i visitatori per la sua complessità e per i numerosi costi extra per l’attivazione di determinate funzionalità. E così, dopo un’iniziale crescita dei ricavi, il gioco ha presto mostrato la corda e questa estate è stata percepibile la contrazione nell’afflusso di visitatori.
Capitolo Disney+: la piattaforma nell’ultimo trimestre ha perso 512 milioni di dollari. Dal 2019 le perdite ammontano complessivamente a 11 miliardi di dollari. E sono evaporati 11,7 milioni di abbonati in tutto il mondo.
Marvel: una creatura ipertrofica e in crisi di identità
Decisamente insidiosa la situazione legata alla Marvel. Tra serie tv e film, la casa editrice sussidiaria di Disney soffre di crisi di identità. Ma anche di ipertrofia. Dopo Endgame, diverse nuove uscite hanno faticato a imporsi sia al botteghino che nel cuore dei fan, disorientati anche dalla sempre maggiore difficoltà a tenere il filo di trame sempre più interconnesse tra loro. Nell’anno in corso Ant-Man and the Wasp: Quantumania, centrale anche per i futuri sviluppi narrativi, ha incassato 476,1 milioni, raggiungendo a malapena il pareggio e racimolando su Rotten Tomatoes un preoccupante 46 per cento nel punteggio della critica. La serie tv Secret Invasion, costata ben 211 milioni di dollari, nei primi cinque giorni di messa in onda era stata vista da meno di un milione di spettatori, il secondo risultato più deludente nella storia delle serie Marvel.
In generale sembra essere stata raggiunta una saturazione del mercato frutto di una valutazione troppo ottimistica delle potenzialità dello streaming basata sulle falsate prospettive indotte dal periodo di lockdown. Durante il quale sono stati programmati e messi in cantiere numerosissimi prodotti che sono costati un capitale (specie in effetti visivi) , che hanno inondato le sale cinematografiche e la piattaforma Disney+ ma che si sono infranti su una accoglienza piuttosto tiepida di critica e pubblico. Una macchina tuttavia troppo grande per essere ora fermata bruscamente senza farla rovinosamente deragliare.
La mannaia di Iger: 7mila licenziamenti in Disney
Un pericoloso intreccio di fattori dunque che ha costretto già a novembre Disney a richiamare in servizio Bob Iger per cercare di raddrizzare la rotta. E l’ad, già sul ponte di comando dal 2005 al 2020, non ha perso tempo prendendo misure radicali: 7mila licenziamenti hanno portato ad un risparmio di 5,5 miliardi di dollari. Ed è già stato annunciato il rallentamento del ritmo delle future uscite Marvel. Le sue parole a febbraio sono tutte un programma: “Dobbiamo ridurre il costo di tutto quello che facciamo poichè, sebbene siamo estremamente orgogliosi di quello che giunge sullo schermo, siamo arrivati a un punto che questo è anche straordinariamente costoso“. Insomma, non sembra esseci all’orizzonte un sequel della Sirenetta…