Ve lo ricordate, prima della pandemia, quando l’idea di lavorare dalla camera dal letto, se non addirittura dal letto, veniva sbertucciata e sconsigliata? Ci ha pensato il Covid a farci cambiare idea, o a costringerci a farlo. E se molti hanno sofferto le costrizioni della propria cameretta in smart working, non manca chi ha rivalutato l’ambiente domestico decidendo di trasferire il proprio ufficio sul letto. Si è quindi arrivati alla celebrazione del lavoro dal letto sul New York Times, l’onorata tradizione portata avanti nel corso dei secoli da nomi come Winston Churchill, noto per dettare i suoi comunicati direttamente dal materasso, e Frida Kahlo, che spennellava senza alzarsi dal letto. Ma anche Truman Capote, il quale, in un’intervista con la Paris Review, si definì “un autore orizzontale”, incapace di pensare e scrivere senza essere a letto.
Ci sono poi le testimonianze di giovani professionisti che raccontano l’evoluzione del loro rapporto con il telelavoro “disteso”: all’inizio, com’è ovvio, diffidenza e la ricerca di un rigore, di un ordine anche a casa; poi, a vincere, è stata la comodità e il relax, che finisce per conciliare la concentrazione. Certo, non vale per tutti, e molti di noi non vedono l’ora di tornare alle scrivanie tradizionali ma una cosa è sicura: lo spauracchio del lavoro dalla camera da letto è ormai sconfitto. Nel nome di Churchill.
(Foto: Yousuf Karsh. Library and Archives Canada / Wikimedia)