Le sanzioni che hanno colpito la Russia avranno un’inevitabile ricaduta anche sull’Occidente. Stati Uniti, Unione europea e una parte della comunità internazionale, tra cui Canada e Giappone, hanno sanzionato Mosca nel tentativo di soffocarne l’economia dopo l’invasione dell’Ucraina. Il punto sul quale vale la pena accendere i riflettori riguarda il possibile ritorno di fiamma di tali sanzioni sul Made in Italy. Una specie di effetto collaterale che andrebbe a travolgere sia i singoli Paesi europei (Italia compresa) che, soprattutto, i loro campioni nazionali, quelle aziende da sempre abituate a fare business nel mercato russo.
Le sanzioni contro la Russia
Da qualche settimana a questa parte, quella russa è diventata la nazione più sanzionata al mondo, persino più di Iran, Siria e Corea del Nord. Le pesanti sanzioni che hanno colpito Teheran sono state spalmate nell’arco di un decennio, mentre la risposta a Mosca è stata partorita nel giro di una decina di giorni, in attesa delle prossime sanzioni che dovrebbero coinvolgere altri comparti chiave, compreso l’energetico.
Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, basti sapere che l’elenco delle sanzioni anti russe prende di mira qualsiasi cosa, dalle banche ai beni di lusso, dai singoli oligarchi vicini alla cerchia di Putin a interi settori economici.
L’Italia e la Russia
Chi pensa che i rapporti commerciali tra Italia e Russia siano limitati a gas e petrolio è fuori strada. Il giro di affari complessivo relativo al 2021 ha raggiunto un valore di circa 20miliardi di euro, tra i soggetti operativi in territorio russo e quelli che hanno sempre puntato sulle esportazioni verso Mosca.
Calcolatrice alla mano, l’Istituto per il commercio estero (Ice) parla di 7 miliardi di merce italiana annua esportata in Russia e quasi 12,6 miliardi importata dal Cremlino all’Italia (l’80% legati a materie prime e gas). Le protagoniste di tutte queste transazioni, ovviamente, sono aziende made in Italy.
Secondo quanto stimato dal Centro Studi di Confindustria, la Federazione Russia rappresenterebbe l’1,5% dell’export di beni italiani, in calo rispetto al 2,7% rilevato prima del 2014 (anno delle prime sanzioni in seguito all’annessione russa della Crimea), e il 3% dell’import (5,2% fino al 2014).
Sempre restando sulle nude e fredde cifre, la Russia accoglierebbe il 2,4% dello stock italiano di capitali investiti all’estero, con 442 sussidiarie e un fatturato di 7,4 miliardi di euro (cresciuto in media del +7,5% nel corso degli ultimi sei anni). Considerando che l’Italia è il terzo partner commerciale di Mosca, è importante capire che cosa succederà alle nostre aziende impegnate a fare affari con i russi.
Le aziende italiane a rischio
Lo tsunami generato dal terremoto delle sanzioni spaventa sia i grandi colossi che tutte le altre aziende. Per quanto riguarda le big, Eni è uscita dalla partnership con Gazprom attiva nel gasdotto Blue Stream e sta procedendo con la cessione della propria quota. Enel, al contrario, continua ad operare in Russia ma sta pagando lo scotto delle sanzioni e i listini a picco.
Msc, il più grande operatore container al mondo, ha interrotto le prenotazioni del trasporto delle merci dalla Russia e verso la Russia. Pirelli e Stellantis, che hanno sedi all’ombra del Cremlino, sono state costrette a rivedere i rispettivi programmi. Pirelli, ad esempio, ha ben due stabilimenti (Voronezh e Know) e un bel 3% di quote di fatturato derivante dalle imprese russe, mentre Stellantis è attiva a Kaluga (produzione di circa 125mila veicoli all’anno).
Sul fronte agroalimentare, attenzione ai possibili scossoni accusati dai soggetti importatori di alimenti (Divella e Molisana su tutte). L’Italia, infatti, era solita importare annualmente 100 milioni di chili di grano dalla Russia; milioni di chili che andranno in fumo, dato il blocco commerciale e il contrappeso delle sanzioni sopra citate.
Considerando tutte le società attive in Russia nei settori industriali, dei servizi e nell’agroalimentare, secondo Unimpresa troviamo un totale di 130 aziende per 60 stabilimenti e un fatturato complessivo annuo che supera i 13 miliardi di euro. Per InfoMercatEseri le aziende italiane in Russia sono circa 160 anche se, allargando lo sguardo fino a comprendere tutte le imprese italiane che hanno rapporti commerciali con la Russia, il risultato finale arriva a 300.
Altri settori in pericolo
Abbiamo citato l’automotive, l’agroalimentare e il settore energetico. Attenzione, tuttavia, al settore del legno-arredo, uno dei punti di forza dell’export italiano che ha chiuso il 2021 con un +14% di crescita del fatturato alla produzione rispetto al 2019 (49 miliardi contro 43).
Tralasciando il fatto che Mosca con ogni probabilità non potrà essere presente ai prossimi eventi di punta (dal Salone del Mobile ad altre kermesse analoghe), la Russia gioca un ruolo chiave, visto che “pesa” per 410 milioni di euro sulle esportazioni complessive della filiera legno-arredo, mentre per quanto concerne le importazioni la stessa filiera vale 136 milioni di euro (+41,2% rispetto al 2019). “La Russia è un fornitore importante per la nostra filiera, che compra all’estero circa l’80% del legno che poi lavora”, ha fatto sapere nei giorni scorsi Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo.
Ma non è finita qui, perché anche il turismo subirà un ritorno di fiamma non da poco. Non bastasse già il Covid ad affossare il settore, ecco le tensioni internazionali tra Russia e Ucraina ad aggravare uno scenario già complesso. Negli ultimi anni, infatti, il turismo russo aveva assunto un’importanza strategica per l’Italia, considerando che l’indotto dell’incoming russo pesava per oltre un miliardo di euro.