Dopo 12 anni la Grecia non è più l’osservata speciale dell’Unione europea. Lo scorso 20 agosto, Atene è uscita dal regime di sorveglianza rafforzata nel quale era piombata in seguito alla crisi del debito del 2008. Tre salvataggi economici esterni dal 2010 al 2018, in cambio di durissime riforme economiche, non sono tuttavia bastati a far uscire il Paese dal tunnel oscuro. La medicina che la Troika (leggi: Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Commissione europea) ha imposto al governo greco ha sì avuto l’effetto di riordinare, almeno in parte, i traballanti conti ellenici e coprirne parzialmente le impressionanti voragini. Ma, allo stesso tempo, ha provocato cicatrici ed effetti avversi che potrebbero contribuire nuovamente far ripiombare la nazione – una delle più fragili dell’Eurozona – in un incubo senza fine.
Slogan contro dati reali: come sta la Grecia?
La situazione è paradossale. Da una parte Bruxelles che festeggia il traguardo raggiunto dalla Grecia. Dall’altra un Paese che fa troppa fatica a calarsi nella nuova normalità raccontata dall’Ue. Come sta veramente Atene? Per rispondere a questa domanda in maniera corretta bisogna fare una “media” tra i dati macroeconomici e quelli microeconimici. Intanto, in seguito ad un decennio di austerità, l’economia greca si è ridotta di un quarto, mentre il reddito disponibile dei cittadini è diminuito di un terzo. Ciò nonostante la Commissione europea prevede che la crescita economica di Atene possa raggiungere il +3,5% nel corso del 2022 e il 3,1% nel 2023. Il tasso di disoccupazione è passato dal 28% del 2013 all’attuale 12,5%.
Accanto all’inevitabile “rimbalzo” raccontato, la popolazione sta però ancora lottando con debolezze che, ormai da anni, pesano sulla quotidianità. Un simile contesto rende l’economia della Grecia particolarmente vulnerabile ai nuovi contraccolpi della guerra in Ucraina, alla crisi energetica e al rischio stagflazione che incombe sull’Eurozona. L’inflazione, ad esempio, è al livello più alto degli ultimi 29 anni (11,5%), mentre i salari restano ancora molto bassi. Secondo una rilevazione Statista, i salari medi greci sono passati dai 21.606 euro del 2009 ai 16.235 del 2021. Il costo della vita è quindi diventata insopportabile per un gran numero di cittadini. Non bastassero i tagli attuati dal governo sul sistema pensionistico e sul servizio civile in cambio di aiuti finanziari, adesso Atene deve fare i conti con aumenti esponenziali. I prezzi del gas naturale sono aumentati del 122,6% dall’aprile del 2021, l’elettricità dell’88,8%, i costi degli alloggi del 35,2%, cibo e bevande del 10,9%.
Il dramma sociale di Atene
Nel periodo di osservazione, la Troika ha concesso alla Grecia prestiti per un valore di circa 290 miliardi di euro. Per tutta risposta, i creditori hanno imposto severe misure di austerità, per lo più sotto forma di tagli ai servizi pubblici e tasse schiaccianti. Il valore di tali misure è arrivato a toccare quota 72 miliardi di euro. Il pil greco, intanto, è sceso da 355,9 miliardi del 2008 i 188,7 del 2020, con una leggera risalita a 216,4 nel 2021. La cura di Bruxelles ha sostanzialmente ridotto il pil greco di un terzo. Per il resto, il debito pubblico si attesta intorno al 190%, mentre la disoccupazione è tra le più alte d’Europa.
Uno scenario economico del genere non può che influire anche sul contesto sociale. Nel 2015, nel bel mezzo della crisi, la metà dei greci non aveva un lavoro e più di un terzo della popolazione viveva al di sotto della soglia di povertà. Secondo l’European Anti-Poverty Network (EAPN), nel 2021 il 28,9% della popolazione era a rischio di povertà o esclusione sociale in relazione ai redditi dichiarati nel 2020. Nell’occhio del ciclone principalmente i giovani di età compresa tra 18 e 64 anni (31,9% del totale). Nel 2021, inoltre, UNICEF ha sottolineato come la quota di bambini a rischio povertà o esclusione sociale fosse rimasta pressoché invariata nel 2020 rispetto all’anno precedente (31%). La disoccupazione giovanile (15-24 anni) al 38% e i giovani (15-29) non occupati, né in istruzione e formazione (NEET) al 18,5% costituiscono, infine, rispettivamente il secondo e il terzo tasso più alto nell’Ue. Numeri che dovrebbero far riflettere l’Europa, anziché farla esultare per l’uscita di Atene dal regime di sorveglianza economica.
DATI, NUMERI E STATISTICHE: IL REPORT SULLA POVERTÀ IN GRECIA