La risposta dell’Iran ai raid di Israele dell’1 aprile, avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 aprile, non ha spaventato i mercati. E, col senno di poi, c’era da aspettarselo. Le borse stanno proseguendo pressoché indisturbate il loro tragitto e il caso dei lanci di droni e missili verso Israele non le ha turbate.
Per i massimi investitori internazionali altri sarebbero stati gli scenari preoccupanti. In ordine crescente di gravità: un’ondata di cyberattacchi paralizzanti infrastrutture e società strategiche; un rinfocolamento della tensione nel Mar Rosso capace di bloccare i flussi di merci e dati nell’area; un blocco dello stretto di Hormuz ove passano quote importanti dei flussi petroliferi globali. In realtà, la risposta iraniana è stata di sostanziale moderazione.
Israele-Iran non scalda le tensioni
Un attacco “telefonato”, lanci di droni di cui si è avvertito in anticipo, un appello alla risoluzione Onu sull’autodifesa, l’idea di sentirsi soddisfatti per quanto ottenuto: questo ha segnato il “missione compiuta” di Teheran, che ha ottenuto l’obiettivo di mettere sotto pressione Tel Aviv, mostrare l’isolamento di Benjamin Netanyahu nel chiedere su scala internazionale un innalzamento della tensione, rendere palese che anche l’Iran può essere un perno dell’ordine internazionale. E non solo un fattore di disturbo.
Ai mercati, negli ultimi anni, turba soprattutto ciò che frena il business as usual dei grandi traffici. Tanto che nemmeno la guerra russo-ucraina, al suo scoppio, causò una tempesta finanziaria paragonabile a quelle della Grande Recessione e del Covid-19. Al confronto, i lievi aggiustamenti di lunedì sono parsi acqua fresca.
Anche il petrolio non vola
Questo vale anche per l’energia. “Lunedì il prezzo del greggio Brent è sceso attestandosi a 90,10 dollari, mentre il greggio WTI statunitense è sceso attestandosi a 85,41 dollari al barile”, ricorda la Cnn.
Sottolineando che ciò “avviene dopo che i prezzi del petrolio hanno toccato i livelli più alti da ottobre venerdì. I futures del greggio statunitense sono aumentati di circa il 19% quest’anno. Il greggio Brent, il punto di riferimento del petrolio globale, è aumentato di circa il 17%”. I mercati hanno già scontato le tensioni geopolitiche e paradossalmente a far notizia sembra essere più un tentativo di chiudere uno scenario che l’apertura di nuovi. La boccia dell’escalation è in mano a Netanyahu, non agli ayatollah. E Israele deve sapere che alle sue spalle avrà l’attenzione degli investitori internazionali. Rassicurati, in maniera chiara, dalla moderazione iraniana.