Perché leggere questo articolo: Meloni e la manovra non pienamente promossi dall’Ue. Ma la Germania è come noi. E Roma performa meglio della Francia…
La legge di bilancio di Giorgia Meloni è stata valutata da Bruxelles e, in definitiva, il giudizio sulla manovra è a tinte in chiaroscuro ma non negativo. La Commissione, infatti, ha messo la manovra in una sorta di zona intermedia tra l’area dei Paesi promossi a pieni voti e quelli bocciati. Per ora, vista la sospensione del Patto di Stabilità ad opera di Bruxelles fino a fine anno e la necessità di trovare un compromesso sulle regole fiscali, il giudizio è meramente qualitativo. E non comporterà obblighi di modifiche per nessuna parte in causa.
Manovra, l’Italia nella “classe media” europea
La realtà dei fatti ci parla di un’Italia che è in un’ampia e strutturale “classe media” a poche settimane dalla soglia di fine anno in cui si passerà al decisivo 2024. Anno a partire dal quale le raccomandazioni di Bruxelles avranno valenza prescrittiva, e non solo di giudizio.
Un dato di fatto sottolineato anche dal Commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni che Meloni, con un po’ di malignità, nei mesi scorsi aveva velatamente accusato di mettere la sua tessera di partito (Democratico) di fronte alla rappresentanza dell’Italia. Ma che sulla manovra del governo di centrodestra è stato chiarissimo. “Non si tratta di una bocciatura, si tratta di un invito alla prudenza di bilancio e di un invito a utilizzare al meglio le risorse comuni europee”, ha detto Gentiloni. Smentendo al tempo stesso le intemperanze di chi da destra lo vedeva anti-italiano perché anti-meloniano e ridimensionando in partenza una critica giornalistica che, soprattutto a sinistra, ha letto la “mezza promozione” della manovra come un insuccesso.
Anche la Germania come l’Italia
Ma in realtà l’Italia fa parte di un ampio gruppo di Paesi che si trova in bilico tra promozione piena e giudizio sospeso per via dei vincoli strutturali. Vincoli che, come abbiamo spiegato, Meloni deve rispettare esattamente come Mario Draghi o Giuseppe Conte. Non sono i singoli leader a fare la differenza su questi dati. Specie quando l’Italia presenta un debito al 140,6% del Pil e un deficit al 4,4% nel 2024. E in cui su Roma pende la Spada di Damocle del Superbonus 110%, dei suoi mostruosi effetti contabili, dell’eredità dei bonus energetici, delle spese pandemiche.
Delle testate italiane, guardando a una piena ricognizione, solo Avvenire ha riportato l’intera realtà dei fatti. E cioè che Roma è stata si giudicata con un budget non pienamente in linea. Ma che non solo la sua manovra ha, per l’Unione Europea, riscontrato condizioni per una promozione non a pieni voti. Anche l’austera Germania e l’ancor più austera Olanda, in quest’ottica, hanno i fari dell’Europa addosso. E li ha anche il brillante Portogallo in lotta contro l’austerità.
In tutti questi Paesi sussidi energetici, spese pandemiche e debiti più alti degli scorsi anni hanno imposto giudizi con riserva. Ma che in nessun caso vanno equiparati a bocciature nette. Stesso discorso per Austria, Lussemburgo, Lettonia, Malta e Slovacchia. Nove Paesi su ventisette, esattamente un terzo dell’Europa, hanno avuto questo trattamento. E non si può parlare dunque di eccezione italiana.
Bocciata la manovra francese
Va peggio a quattro Paesi, la cui manovra è stata definita fuori scala per i parametri europei. E tecnicamente bocciata. La Francia è il Paese più importante di questo blocco che comprende anche Belgio, Croazia e Finlandia. La manovra di Parigi è nel mirino di Bruxelles. La Commissione Europea ha detto al governo francese che dovrà urgentemente modificare i piani di spesa del prossimo anno. L’obiettivo è chiaro. Parigi dovrà modificare nel 2024 la sua traiettoria per allinearla alle regole del debito e del deficit dell’Ue quando torneranno in vigore dopo una sospensione di quattro anni.
Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, nota Politico.eu, si sta preparando da tempo a questa evenienza. Le Maire ha più volte sottolineato che il bilancio francese del 2024 “segnerà la fine dell’era delle briglie sciolte nella spesa economica”. Parigi lavorerà per “eliminare gradualmente le misure di emergenza legate alla pandemia e alla crisi energetica”. Un avvertimento così netto è importante. E bisogna confrontare queste parole con gli avvertimenti di Meloni e del Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.
Né la premier né il titolare del Mef hanno dovuto prendere posizioni così nette. Una conferma del fatto che uomini come Gentiloni non remano contro il governo del loro Paese. Ma anche del fatto che pure sulla manovra Meloni e i suoi sono, in fin dei conti, esponenti di un governo normale. Non privo di limiti e contraddizioni, ma certamente non disastroso come da certe parti si temeva si sarebbe dovuto rivelare.