Perché questo articolo potrebbe interessarti? Le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno allontanato le due più grandi potenze del mondo. La stessa sorte è toccata alle loro economie, per decenni così interconnesse e complementari, ma adesso scosse da dazi e contro dazi. In Occidente, intanto, sono cresciute le voci che predicano la necessità di attuare un disaccoppiamento economico dal Dragone. Ma è davvero possibile attuare il famigerato decoupling da Pechino? E, soprattutto, in termini concreti e nella quotidianità, come vivrebbe un cittadino italiano che non dovesse più acquistare prodotti made in China?
Facciamo un gioco. Siete seduti nel vostro ufficio e state leggendo questo articolo dal pc. Concentratevi sugli oggetti che avete intorno: il computer, la tastiera, il mouse, uno smartphone, un portapenne, penne, stampante e block notes. Con un po’ di voglia e pazienza, potreste scoprire – in realtà già lo immaginate – che quasi tutti questi prodotti sono stati realizzati in Cina. Per intero o in parte.
Un mondo senza made in China è possibile?
Bene: immaginate, adesso, che dal prossimo mese le tensioni internazionali saliranno alle stelle. Che tra Stati Uniti e Cina scoppierà una feroce crisi diplomatica. La prima a rimetterci sarebbe l’economia mondiale, compresa quella dell’Occidente. Che non potrebbe più fare affidamento a molteplici oggetti realizzati in Cina e importati da oltre Muraglia.
Per quanto riguarda l’Italia, l’interscambio con Pechino relativo al 2023 ha toccato i 66,7 miliardi di euro. La Cina è stata la terza nazione fornitrice di merci al Belpaese, nonché l’11esimo mercato di destinazione del made in Italy all’estero.
La quotidianità made in China
Si può stare 365 giorni senza comprare prodotti cinesi? La risposta ha provata a darla Sara Bongiorni nel suo volume “Un anno senza made in China. L’avventura di una famiglia nell’economia globale” (Dalai Editore) nel lontano 2008. Il risultato è stata un’esperienza frustrante perché già all’epoca, 16 anni fa, era pressoché impossibile sottrarsi all’abbraccio economico del Dragone. Disaccoppiarsi dalla Cina significa, infatti, fare a meno della maggior parte degli oggetti che maneggiamo/utilizziamo ogni giorno o in circostanze particolari.
Dovremmo, per esempio, fare a meno della maggior parte delle decorazioni natalizie, tra statuette per il presepio, palline per l’albero di Natale e pupazzetti vari da appendere fuori dalla porta. Il motivo? In Cina, nella provincia dello Zhejiang, c’è una città, Yiwu, che rappresenta circa l’80% di tutte le esportazioni cinesi legate al Natale. Niente più made in China significa anche azzeramento quasi totale dei giocattoli per bambini, così come per le maschere di Halloween e per le candeline di compleanno. Numerosi elettrodomestici, oggettistica varia, cartoleria e pure abiti vengono sempre dall’Estremo Oriente.
Per non parlare di pannelli solari, smartphone e automobili, tutte o in parte costruite in Cina e dalla Cina. Che, adesso, oltre ad aver consolidato la propria posizione nella manifattura mondiale è diventata all’avanguardia in numerosi settori strategici legati alla tecnologia.
Quale decoupling?
Le carenze dell’era della pandemia e le crescenti tensioni geopolitiche hanno alimentato, negli ultimi anni, le richieste degli Stati Uniti all’Unione Europea di “scollegare”, o almeno ridurre notevolmente la propria dipendenza dalle importazioni dalla Cina. Se Washington sta perseguendo politiche per diversificare le fonti delle proprie importazioni, difficilmente i membri dell’Ue potrebbero fare altrettanto in maniera radicale.
Del resto i numeri parlano chiaro: la Cina è il secondo partner commerciale dell’Ue per le merci dopo gli Usa, con scambi bilaterali che hanno raggiunto i 739 miliardi di euro nel 2023. Ciò rappresenta un calo del 14% rispetto al 2022. La Cina è il terzo partner dell’Ue per le esportazioni e il più grande per le importazioni. La bilancia commerciale Ue-Cina è stata costantemente a favore di quest’ultima. Nel 2023, il deficit dell’Ue è stato di 292 miliardi di euro. Le esportazioni dell’Ue verso la Cina sono state di 223,6 miliardi di euro, mentre le importazioni dell’Ue dalla Cina hanno toccato quota 515,9 miliardi. Ecco perché parlare di decoupling è facile, ma attuarlo è (al momento) pressoché impossibile.