Agì “in contrasto con l’interesse della banca” la quale “pare atteggiarsi a vittima dell’illecito, piuttosto che beneficiata dallo stesso” con un’azione “non condivisa dagli altri amministratori” e determinata “solo dalla personale preoccupazione per la propria conferma al vertice del gruppo bancario”.
Uscito indenne dal processo ma non può certo sorridere Victor Massiah, l’ex amministratore delegato di UBI Banca, per le 268 pagine di motivazioni della sentenza del maxiprocesso depositate il 4 gennaio 2022 dai magistrati di di Bergamo.
Massiah esce indenne dal processo ma non può sorridere
Tutti assolti o prescritti, tranne l’ex manager Franco Polotti condannato a un anno e sei mesi (con pena sospesa) per ostacolo alla vigilanza, inclusi alcuni nomi grossi della finanza italiana come l’ex Presidente di Intesa e padre fondatore di UBI, Giovanni Bazoli, per il quale i pm avevano chiesto una condanna a più di sei anni. Sconfessata l’intera linea della procura, che voleva dimostrare la tesi di un patto oscuro per nascondere a Banca d’Italia la reale governance della banca nata sull’asse Cuneo-Brescia-Bergamo e oggi acquisita da Intesa Sanpaolo, ma per Massiah sono parole pesanti quelle messe nero su bianco dal collegio presieduto dal giudice Stefano Storto e composto dalle toghe Andrea Guadagnino e Maria Beatrice Parati. In paerticolare alla luce del fatto che sul manager bancario di origine libica da settimane si rincorrono voci e rumors che lo vedono in lizza per guidare il Monte dei Paschi di Siena. Dopo che nel 2021, tramontata l’ipotesi di una cessione a UniCredit, nemmeno l’asse Mario Draghi-Daniele Franco è riuscito a rispettare la road map concordata con Bruxelles per portare a compimento la vendita a un acquirente privato del più antico istituto bancario d’Italia.
Per i giudici Massiah ha cercato di condizionare il voto negli organi sociatari di Ubi
Massiah sembrava la soluzione ottimale per il Ministero dell’Economia delle Finanze. Un top manager del settore, lontano dalle dinamiche senesi, per sostituire l’amministratore delegato scelto in pandemia dal governo Conte-bis, Guido Bastiani. Ma ora la strada verso Rocca Salimbeni per l’ex Ubi è in salita. Perché secondo i giudici di Bergamo chiamati a giudicarlo ha cercato di condizionare il voto negli organi societari di UBI “temendo l’esito del confronto assembleare” e “cercando di massimizzare in assemblea la presenza di delegati che, al momento del voto, si sarebbero rivelati amici così da ottenere un risultato prospetticamente favorevole”. Lo ha fatto piegando “quindi all’intento illecito le strutture delle banche dipendenti dalla capogruppo”. Non il miglior biglietto da visita per guidare e rilanciare il disastrato Monte dopo un decennio di scandali. Secondo la sentenza Massiah puntava a “realizzare soltanto l’interesse proprio e solo indirettamente quello degli altri candidati della lista istituzionale”, i quali sono risultati estranei all’iniziativa dell’ad. Iniziativa che “non poteva comportare, neppure incidentalmente o di riflesso, un concreto beneficio per UBI Banca” tanto che in dibattimento non è stata portata alcuna prova o elemento in grado di “dimostrare un indirizzo comune tra il reato e le politiche d’impresa della banca”.
Massiah, reato estinto per avvenuta prescrizione
Era accusato di influenza illecita sull’assemblea perché in concorso con altri coimputati avrebbe raccolto “deleghe in bianco o deleghe mai rilasciate” al solo scopo di “procurare a sé ingiusto profitto” come l’accesso a cariche societarie con relativi vantaggi anche di carattere economico, durante l’assemblea della banca tenutasi a Bergamo il 20 aprile 2013 che portò alla vittoria della sua lista. Per Massiah, e altri sette, reato estinto per intervenuta prescrizione. Ma con le pagine finali delle motivazioni che sono molto dure sul comportamento tenuto dal banchiere. E rispetto all’ipotesi Mps ora bisognerà vedere anche cosa ne pensa la Banca Centrale Europea della sentenza bergamasca. Già, perché secondo la “Guida alla verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità” di Francoforte per l’accesso alle cariche bancarie, “i procedimenti penali e amministrativi sono prerogativa dell’autorità giudiziaria o amministrativa competente” ma “il semplice fatto che vi sia o vi sia stato un procedimento giudiziario a carico di un soggetto rileva ai fini dell’onorabilità” mentre “i procedimenti conclusi avranno un impatto sull’onorabilità qualora la sentenza sia sfavorevole all’esponente nominato”.
Sebbene l’autorità competente accetterà la sentenza emanata dall’autorità giudiziaria nei procedimenti conclusi, le circostanze alla base del procedimento potranno essere considerate al fine di determinare se vi siano conseguenze per l’onorabilità, pur in presenza di pronuncia favorevole da parte dell’autorità giudiziaria (ad esempio nei casi in cui la decisione della corte sia basata su motivi di carattere procedurale piuttosto che su fatti o elementi che possano essere rilevanti per la valutazione dell’onorabilità dell’esponente)”.