Perché leggere questo articolo? Per capire la tenuta del sistema energetico italiano e dei suoi big, che non dovranno subire casi come quelli di Edf e Uniper, che hanno costretto a Francia e Germania a spendere miliardi di euro. La Francia ha nazionalizzato Electricité de France (Edf), la multiutility titolare della produzione elettrica e nucleare. La Germania, più di recente, ha speso 17 miliardi di euro per prima salvare e poi nazionalizzare Uniper, principale distributore del gas nel Paese.
Nazionalizzazioni di ritorno
La crisi energetica morde e i governi passano all’azione. Aprono i cordoni della borsa, non badano a spese. In Germania in particolare. Ora anche VNG, altro grande importatore tedesco di gas russo, chiede l’aiuto del governo. E, nelle scorse settimane, Berlino ha assunto il controllo delle filiali della russa Rosneft in Germania, da cui dipende il 12% della capacità di raffinazione del petrolio del Paese. Insomma, non si tratta di un caso isolato.
Nasce spontanea una serie di domande. Siamo al definitivo ritorno in campo degli Stati, già inaugurato dalla crisi Covid? Si è sgretolato sul campo il regime europeo sugli aiuti di Stato, già a lungo sospeso? Qualora ciò dovesse risultare necessario per l’Italia, la Commissione Europea approverebbe? Nel pieno dello tsunami energetico che sta sommergendo l’Europa queste domande sono sensate e le mosse aprono a cambi di paradigma importanti. Da cui si capirà il futuro del Vecchio Continente. Price cap, nazionalizzazioni, prezzi amministrati, controllo dei capitali, ritorno ai contratti di fornitura a lungo termine sono tutti segni del fatto che il sistema energetico tradizionale è in rivoluzione.
Stagnaro e Amato: “interventi emergenziali per aziende in difficoltà”
E ora che accadrà? Quali conseguenze avranno le mosse di Parigi e Berlino sull’Europa? In che misura i casi Edf e Uniper si assomigliano? True News ha raccolto l’opinione di vari esperti per capire le dinamiche che si aprono. Per Carlo Stagnaro, economista dell’Istituto Bruno Leoni, “Si tratta di interventi emergenziali per prevenire il collasso di operatori sistemici”, in particolare per quanto riguarda Uniper. Interventi approvati in campo europeo “molto simili a quello che la Germania ha fatto durante il Covid con Lufthansa e che noi abbiamo fatto con Mps”.
E che presto potrebbe riaprire al ritorno del mercato una volta passata la buriana. Anzi, nota Stagnaro, tra Italia e Germania “la differenza è che loro, finita l’emergenza, hanno venduto Lufthansa, mentre noi ci siamo tenuti Mps e nel frattempo abbiamo pure nazionalizzato Alitalia, Autostrade e un pezzo di Tim“. Per Massimo Amato, economista della Bocconi, la mossa è giustificata in quanto “si tratta di aziende in difficoltà” che devono affrontare costi di gestione ciclopici e “che possono difficilmente ricapitalizzarsi in una logica puramente privata”. Le maxi-utilities rappresentano in tal senso “monopoli naturali” che hanno una miglior performance in tempo di crisi.
La visione sistemica di Jean-Pierre Darnis
Chi invece distingue tra i due casi è Jean-Pierre Darnis, analista geopolitico francese attivo tra il Paese nativo e l’Italia, consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali e docente a Nizza e alla Luiss di Roma. Darnis prende le mosse dalla manovra compiuta dal governo di Emmanuel Macron nel suo Paese nativo per Edf. Darnis parte da un presupposto: lo Stato francese, dice a True News, “possedeva già l’84,5% di Edf” che era stata aperta al mercato solo dopo il 2004 in ottemperanza alle leggi europee “dopo esser stata per decenni di fatto un ente a controllo pubblico”.
Dunque i 5 miliardi di euro spesi per la nazionalizzazione hanno accelerato un processo di “ritorno totale sotto il controllo statale” che ha avuto più una “necessità operativa legata alla volontà di Macron di centralizzare sullo Stato l’ambizioso progetto di Edf di rilanciare attivamente il nucleare” nel mix energetico transalpino. Tanto che “la notizia in Francia è stata presa come un dato di fatto, non ha fatto nemmeno clamore”.
L’esempio francese per le nazionalizzazioni
Per Darnis in Francia l’energia è “materia di attento presidio dello Stato”, con un’attenzione che in Italia è dedicata a “altri settori come cantieristica navale e telecomunicazioni”. In Italia, ci dice l’analista transalpino, “esiste un’idea di sistema-Paese legato alla sinergia pubblico-privato. In Francia nel settore energetico il presidio pubblico è molto più diretto”. Dunque, come sottolineato da Amato e Stagnaro, la fase di emergenza energetica globale ha giustificato la mossa di Macron funzionale, peraltro, a accelerare sul “rilancio deciso del nucleare a cui il 70% dei francesi si è detto d’accordo”, sottolinea Darnis.
Diverso il caso di Uniper. Con Darnis commentiamo che è “sostanzialmente un bene il fatto che l’Italia non si debba trovare di fronte a una necessità del genere” e che “le sue utilities stiano ben performando”. Certo, va sottolineato il fatto che Uniper è un tipo di azienda che in Italia di fatto non esiste: un operatore che si trovi a dover gestire l’importazione di gas per volumi da miliardi di euro senza possedere pozzi di estrazione di idrocarburi o attività estese all’estero risulta price-taker in questo contesto di crisi. “L’Italia”, ricorda Darnis, “per sua fortuna ha Eni che deve affrontare molti grattacapi come quello delle mancate estrazioni di gas nazionale ma non un problema strutturale di sopravvivenza”.
Le mosse di Enel
Eni, d’altronde, fa profitti e così fanno anche altri big italiani. “Penso a Edison, al 99,4% di proprietà della nostra Edf”; ma “soprattutto a Enel”, ricorda Darnis, che si augura questa situazione positiva possa continuare per il sistema-Paese. “Più a lungo l’Italia eviterà di doversi porre il problema della ri-nazionalizzazione completa meglio sarà”. Aggiunge l’economista, auspicandosi in futuro un ritorno della “proficua collaborazione” che attori come Enel hanno avuto con le major francesi in passato.
Un esempio tra tutti fu “il tentativo di collaborazione” messo in campo tra Enel e Edf per “creare società congiunte sul nucleare dopo che tra il 2008 e il 2009 l’ultimo governo Berlusconi ebbe messo in campo la proposta di costruire nuove centrali” archiviata nel 2011 per “il risultato dei referendum che bloccarono questa finestra di opportunità”, a detta di Darnis “un’occasione perduta per l’Italia”. La quale, per fortuna, nella tempesta energetica globale può contare su aziende ancora sane.