Perché leggere questo articolo: Le nomine delle società energetiche impatteranno sul nostro futuro materiale. Dalla stabilità di Eni, Enel, Terna, A2A e Hera dipende la sicurezza degli approvvigionamenti energetici per l’inverno.
Luigi Di Maio, in un editoriale apparso su Il Foglio, ha ricordato che “con le nomine di primavera ci giochiamo il prossimo inverno”. L’ex Ministro degli Esteri in una frase ha riassunto a nostro avviso correttamente la partita delle partecipate pubbliche sulla sfida dell’approvvigionamento energetico. Che non si limita, peraltro, a Eni, Enel e Terna. Ci saranno anche A2A, ove si attende la nomina da parte della Loggia di Brescia dopo le Comunali, e Hera. L’utility emiliana avente sede a Bologna si aggiungerà con i suoi oltre 250 azionisti, che vanno da Lazard ai principali comuni della Regione, tra le società che controllano generazione e distribuzione dell’energia nel Paese.
Nomine e energia, il piatto caldo
La parola d’ordine è stabilità. Certo, nessuno s’immagina che le nomine dell’energia possano rivoluzionare le società in maniera tale da creare incertezza. Ma al contempo serve che i consigli di amministrazione abbiano al loro interno personalità capaci per poter operare anche in situazione di incertezza. Quali potrebbero essere quelle di una nuova fase invernale costellata da criticità a tutto campo. Ragion per cui nella scelta dei nomi di vertice bisognerà fare attenzione.
Di recente parlando del pronunciamiento della Lega sulle nomine abbiamo citato ad esempio il caso di Enel, società che gestisce la transizione energetica nazionale e possiede tutte le centrali a carbone più strategiche d’Italia (Civitavecchia, Brindisi, La Spezia e Fusina) in caso di disruption delle forniture di gas. Attualmente presidiate, è noto, da Eni. Francesco Starace sembra avere le sue azioni in calo come ad di Enel, mentre Claudio Descalzi è in predicato di restare in sella a Eni.
Non solo Eni e Enel
Ma sarà chiave capire anche come andrà nei Cda di Terna se Stefano Donnarumma sarà “promosso” in Enel, vincendo la concorrenza di Matteo Del Fante; capire se Stefano Mazzoncini e Marco Patuano, ad e presidente di A2A, continueranno nell’utility lombarda o in virtù degli ottimi risultati operativi mediteranno il grande salto. E Hera, come si riassesterà dopo il passaggio di Stefano Venier a Snam nel 2022?
Al suo posto è stato nominato l’ex numero uno di Trenitalia Orazio Iacono, ma il comune di Bologna e il Partito Democratico che lo amministra, a cui spetta la proposta dell’ad, dovranno valutare se confermarlo dopo il rinnovo del Cda, mentre i soci romagnoli sono orientati per prolungare al 2026 il presidente Tomaso Tommasi di Vignano, alla guida del gruppo dal 2002.
Di Maio chiede prudenza sulle nomine: cosa c’è dietro?
“Pur con un lavoro sinergico, le nostre partecipate si muoveranno lungo una lama di rasoio”, ha scritto Di Maio. “Motivo per cui in questo momento di grande incertezza, sarebbe bene evitare traumi o scelte totalmente estranee a chi ha gestito questi processi negli ultimi anni”, aggiunge l’ex Ministro. Qui si apre però un tema: possiamo fidarci di un sistema in cui sono gli uomini e non le strutture a essere garanzia di robustezza? A ogni tornata in cui si parla di nomine è fondamentale capire questo dato. Quanto pesa nell’ammonimento di Di Maio l’attenzione al futuro del Paese in inverno, ben tutelato dalle mosse delle partecipate, e quanto la volontà di tutelare un sistema di potere, di amministratori e soprattutto di sottopotere aziendale a lungo plasmato dall’asse Pd-Movimento Cinque Stelle prima dell’uscita dell’ex Ministro degli Esteri dal partito? La domanda è legittima.
Certamente, il centrodestra dovrà agire con attenzione con le nomine nazionali e dovrà esserci un dialogo con enti “locali” di rilevanza pubblica (A2A e Hera) dove è il Pd a dare le carte. Ma l’industria energetica italiana ha dimostrato di essere robusta a molti shock come quelli imposti dalla guerra. E le aziende possono affrontare con serenità, pur con dovuta attenzione, la fase in arrivo. Nessuna rivoluzione copernicana, al netto della discontinuità chiesta dai partiti di maggioranza nei Cda, appare infatti in vista né pensata dagli attori in gioco in questa fase.