Non-performing loans, sofferenze, crediti deteriorati, UTP. Tanti termini diversi, non esattamente sinonimi tra loro, che evocano negli italiani ricordi tempestosi. Con l’emergenza pandemica che ormai ci si augura inizi a volgere al termine, il sistema bancario inizierà presto a fare i conti con la scomoda eredità del 2020. Quando la fine della stagione dei ristori e del blocco dei licenziamenti inizierà a restituire in quadro più realistico delle imprese (e quindi dei loro debiti bancari) che non saranno sopravvissute alla pandemia.
Npl, l’agenzia Moody’s prevede una crescita sostanziale
In un recente comunicato, l’agenzia di rating Moody’s ha dichiarato di attendersi una crescita “sostanziale” dei non-performing loans del sistema bancario italiano soltanto a partire dal 2022, dal momento che il governo ha esteso la moratoria sui pagamenti fino al 31 dicembre 2021. Sebbene Moody’s non si aspetti un ritorno al picco storico del 2015, l’allarme sullo stato di salute del mercato creditizio post-pandemia rimane.
Npl e la “cura” del sistema bancario
Sono ormai passati alcuni anni dal frenetico attivismo dell’allora governo Renzi sul tema NPL (e quindi sulle banche popolari) che avevano raggiunto nel 2015 il valore lordo record di 342 miliardi di euro.
Da allora, a colpi di cessioni, perdite e svalutazioni, la situazione si è andata lentamente normalizzando. Fino a raggiungere dell’attuale livello di stock: 126 miliardi lordi, in calo del 63% rispetto al massimo storico, con un rapporto tra le sofferenze nette e il totale impieghi che nel 2020 ha raggiunto il 1,4%, il minimo da 11 anni.
Una cura da cavallo – va ricordato – che ha stravolto profondamente il sistema bancario italiano. Diversi istituti non sono sopravvissuti a quella stagione, altri invece sono state costretti a stravolgere l’assetto proprietario con aumenti di capitale record. Unicredit ne uscì mettendo a segno l’aumento di capitale più importante della storia di Piazza Affari, andando a cercare sul mercato la cifra record di 13 miliardi di euro. Seguita dalla vendita di alcuni gioielli di famiglia, tra cui Pioneer e Fineco.
Credito Valtellinese fu costretta ad un aumento di capitale da 700 milioni di euro (oltre 6 volte il suo valore di borsa all’epoca) che segnò l’ingresso nella compagine azionaria dei fondi e quindi l’inizio della fine della storia dell’istituto sondriese, ormai acquisito e fuso per incorporazione da Crédit Agricole.
Insomma, il problema è (era) ormai rientrato. Ma il prezzo pagato dal sistema bancario – sotto tutti i punti di vista – è stato decisamente elevato.
Npl, nel 2020 cessioni per 38 miliardi di euro
Leggendo il market watch NPL di Banca Ifis si evince che negli ultimi anni il mercato degli NPL ceduti è stato piuttosto stabile, con cessioni pari a €38 miliardi nel 2020, previste in leggero aumento a €40 miliardi nel 2021, e con un prezzo medio di vendita in aumento. Non è tutto oro quel che luccica. Anche nel trimestre pre-pandemia, nei documenti sui risultati e aggiornamenti finanziari di DoValue – società leader nella gestione di crediti deteriorati e sofferenze bancarie, in particolare per conto di Unicredit – si può leggere che l’adeguamento a regole comuni europee per le banche sugli Npl, “la crescita dell’attività di recupero incentivata da modifiche normative e fiscali” e i “segnali di ciclo negativo in Italia” possono portare “a un ulteriore vento in poppa” (“tailwind”, ndr) alle attività di DoValue nella penisola. Vento in poppa significa più sofferenze per il sistema Italia.
La tempesta perfetta? Deve ancora arrivare. Lo stock di NPE (non performing exposures), cioè l’esposizione che gli istituti di credito hanno sui crediti inesigibili o deteriorati, è previsto in aumento del 14% nel 2021 e un ulteriore 13% nel 2022, per un totale di circa 100 miliardi di euro in due anni, ma gli effetti peggiori si vedranno solo più avanti.
Sul tavolo il “nodo” della Banca Popolare di Sondrio
Interventi sul capitale per rafforzarsi? C’è il “nodo” su Banca Popolare di Sondrio, che ha fatto pulizia nel 2020 di quasi 1,4 miliardi di NPL), ma che rimane comunque al momento la banca più appetibile sul mercato non appena avrà completato la trasformazione in SpA. Percorso non privo di accidenti. Come raccontato da True-News trasformazioni in spa delle popolari lombarde e la “terza via” del modello Unipol rischiano di deragliare nella Locomotiva d’Italia. Morale della favola? Le conseguenze economiche della pandemia non riporteranno indietro le lancette della storia di cinque anni per il sistema bancario italiano – è plausibile – ma sicuramente la stabilità relativa che sembrava aver raggiunto dopo anni di stravolgimenti verrà compromessa di nuovo. Dopo Banco-BPM e Intesa-Ubi figlie della tempesta 2008-2011 e con tanto di pesanti strascichi giudiziari e rese dei conti fra cordate finanziarie, si aprirà una nuova stagione di consolidamenti sistemici? E se sì, chi sono le prede e chi i cacciatori?
*di Francesco Floris e Pietro Bullian