Confindustria spinge Emanuele Orsini alla presidenza sulla rotta dell’A22 Modena-Brennero. Il modenese Orsini, nativo di Sassuolo, scala Viale dell’Astronomia sulla scia del consolidamento di un asse tra impresa emiliano-romagnola, associazioni del Triveneto e, a sostenerlo, quei membri del cuore manifatturiero della provincia lombarda che hanno deciso, dopo l’esclusione di Antonio Gozzi dalla corsa, di puntare sull’ex presidente di FederlegnoArredo contro Edoardo Garrone.
Orsini, primo emiliano alla guida di Confindustria
Il patron genovese di Erg si è ritirato, risparmiando con una scelta ponderata a Confindustria l’imbarazzo di una “conta” interna che sarebbe stata fonte di ulteriore disunione dopo l’affaire Gozzi.
L’Emilia-Romagna elegge il suo primo presidente della storia di Confindustria, il territorio industriale modenese, di fatto, il suo secondo: il compianto Giorgio Squinzi, con la sua Mapei, si era insediato proprio nella Sassuolo che ha dato nel 1973 i natali a Orsini, titolare della Sistem Costruzioni e amministratore della Tino Prosciutti.
Un territorio vitale che ha ricevuto il sostegno di larga parte della Confindustria del Nord-Est, le cui territoriali non hanno presentato una candidatura (a tal proposito, ricordiamo il dibattito sui legami di aziende venete e friulane con la Russia nelle settimane in cui si preparava la corsa al nazionale) ma hanno, sostanzialmente compatte, scortato Orsini. Garantendogli quel margine incolmabile alla vigilia della conta.
Confindustria alla prova della presidenza Orsini
Di un cambio potenziale di assetto parla anche il Corriere della Sera nella sua edizione bolognese: “Emilia, Veneto e Friuli hanno avuto il sopravvento sul vecchio triangolo industriale (Milano, Torino, Genova) che sosteneva Garrone, la cui candidatura era stata caldeggiata da pesi massimi come Marco Tronchetti Provera, Emma Marcegaglia, Diana Bracco e sostenuta da Luca Cordero di Montezemolo. Non è bastato per vincere”. Genova si presentava alla vigilia della corsa con due nomi, Gozzi e Garrone, ma non è bastato; la grande sconfitta resta, in ogni caso, la componente piemontese di Confindustria che era partita lunga nell’esplicitare il suo sostegno a Garrone.
StartMag ricorda come, del resto, Orsini sia riuscito, da vicepresidente uscente dell’associazione con delega al credito, a blindare una constituency importante estesa, oltre il Nord-Est, “alla Toscana, al Lazio, al Mezzogiorno. Lo hanno peraltro appoggiato tutte le grandi associazioni di categoria, dalla metalmeccanica alla chimica, all’acciaio, al legno. E le partecipate pubbliche”. In nome di un principio: è ora di tornare a parlare di industria rimettendo la provincia e le dinamiche della manifattura al centro. Un tema che ha consentito a Orsini di acquisire molto del consenso che era di Gozzi dopo la proclamazione dell’esclusione del presidente di Federacciai e Duferco.
La necessità di una presidenza unitaria
Diverse partite si aprono in Europa e Italia: dal futuro della transizione green al rush finale del Pnrr, in Confindustria l’anima produttiva deve tornare a operare. La forza dei corpi intermedi, di qualsiasi tipo, è fondamentale per l’effettività del dibattito democratico sui grandi temi. E le associazioni di categoria non possono far mancare la loro voce.
Forte del sostegno della provincia produttiva, cuore dell’Italia industriale dei distretti, Orsini dovrà costruire una presidenza unitaria. Se saprà far squadra con gli ex contendenti, con i quali non si è arrivati alla conta finale, la sinergia in via di sviluppo potrebbe essere virtuosa. Orsini rappresenta la piccola e media impresa, Gozzi il mondo di Federacciai, centrale per gli approvvigionamenti, Garrone l’energia e la partita del green.
Remando compatti, i tre possono consolidare Confindustria. Sottraendola alle guerre interne e ai veleni che hanno caratterizzato gli ultimi mesi e le battaglie sotterranee nel periodo pre-elettorale.