Perché leggere questo articolo? L’ennesimo venerdì di sciopero mette in evidenza i due paradossi dell’iniziativa. Salvini che spera di guadagnare consensi in una facile battaglia contro i disagi provocati dagli scioperi, in realtà non ottiene un voto in più. Landini, al contrario, a furia di agitazioni risulta il leader ideale in un sondaggio agli elettori di sinistro. Peccato che di lavoro faccia il sindacalista.
Finito il Black Friday, continuano i Block Friday. L’ennesimo venerdì di scioperi turba i viaggi dei pendolari e le acque della politica. Piazze e parlamento sembrano invertirsi in un paradosso che coinvolge i protagonisti dei due fronti dell’agitazione. Le rilevazioni mostrano come Salvini non ottiene un voto in più dalla politica dell’ordine a colpi di precettazioni. Landini, invece, a furia di scioperi risulterebbe il nuovo leader ideale della sinistra. Peccato però che di lavoro farebbe ancora – almeno per il momento – il rappresentante dei lavoratori, che al momento non sembrano ottenere grandi conquiste contrattuali.
La precettazione degli scioperi non porta un voto a Salvini
Partiamo dal contestatore degli scioperi, il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Il Manifesto – da sempre non plus ultra dei titoli in prima pagina – lo ha ribattezzato “Precetto La Qualunque”. L’omaggio allo squinternato politico dei film di Antonio Albanese regge il confronto col Capitano, che dalle precettazioni non ottiene rilevanti guadagni in termini di voti.
I sondaggi delle ultime due settimane – da quando è ripresa la stagione degli scioperi – mostrano infatti un risibile miglioramento elettorale per la Lega. Il partito di Salvini otterrebbe a seconda delle rilevazioni un aumento in percentuale variabile tra il +0,3% e il +0,1. Eppure il Capitano si è ampiamente speso per “evitare in futuro le scene indegne causate dallo sciopero”. Una battaglia di retroguardia che già nel medio periodo non sembra portare vantaggi elettorali. Allargando la finestra dei sondaggi a un mese, si vede che la Lega sarebbe addirittura in calo: -0,9% rispetto a ottobre, secondo la rilevazione di Pagnoncelli.
Landini aumenta i sondaggi, non le conquiste salariali
Lo sciopero, in una paradossale eterogenesi dei fini, porta invece voti dove non sarebbe il caso. Un italiano su quattro, secondo il sondaggio Emg/Adnkronos, realizzato tra il 28 e il 30 novembre, vedrebbe Maurizio Landini come nuovo leader della sinistra. L’eminenza grigia dietro l’ondata di scioperi raccoglie molti consensi tra gli elettori del centrosinistra. Lo vorrebbero alla guida della sinistra il 42% degli elettori Pd e il 30% di quelli 5 Stelle. Addirittura, alla domanda “Tra Landini, Conte e Schlein chi vorrebbe come leader della sinistra?”, il 32% sceglie il leader della Cgil. Due punti in più di Conte e molti più del 20% di Elly Schlein.
I nodi, però, vengono subito al pettine. Basta scendere di poco nel sondaggio per arrivare alla domanda sullo sciopero generale. Gli italiani intervistati si dividono sulla sua utilità. Per il 39% infatti si tratta più di una iniziativa politica mentre per il 38% di una forma di lotta utile ai lavoratori. Il 23% non risponde.
Uscendo poi dall’ipotetico mondo dei sondaggi, c’è una cruda realtà che la politica di sciopero differito di Landini sta mettendo in evidenza: la rottura dell’unità sindacale. La Cisl di Luigi Sbarra ha infatti deciso di staccarsi per portare avanti una propria mediazione autonoma, con una serie di richiesta al governo che si distaccano dalla politica oltranzista di Cigl e Uil. Allargando lo sguardo al resto del mondo, il confronto è impietoso. Negli Usa, Ford si è piega ai sindacati americani e ha accettato di aumentare i salari del 25%, dopo una singolo ma prolungato sciopero generale di settore. In Inghilterra le Trade Unions hanno messo in ginocchio i governi conservatori, mentre in Francia la CGT sta facendo scricchiolare Ryanair – che è stata costretta a chiedere l’intervento dell’Unione europea.
I paradossi dello sciopero
La nuova stagione degli scioperi mette in evidenza una serie di paradossi. A partire dalla sua stessa natura: gridata a livello mediatico e timida nelle piazze. Da mesi in Europa i sindacati guidano le proteste per difendere il potere d’acquisto dei salari, mentre nelle nostre piazza sono mediamente più rare. E anche gli aumenti in busta paga sono più bassi. I dati mostrano come negli ultimi 20 anni la curva delle ore di sciopero ogni 1000 ore lavorate in Italia è complessivamente diminuita. L’Ocse ha stimato i giorni di sciopero annui ogni mille lavoratori a 112 in Francia, mentre in Italia si arriva a 42. Lo sciopero, nel nostro Paese, pare dunque una forma di rivendicazione più mediatica che di concreta contrattazione politica. E qui torna l’altro enorme paradosso: lo sciopero toglie voti a Salvini e conquiste salariali a Landini.