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Perché la crisi politica in Corea del Sud preoccupa il business dell’Italia

Perché la crisi politica in Corea del Sud preoccupa il business dell’Italia

Perché questo articolo potrebbe interessarti? La crisi politica innescata in Corea del Sud da Yoon Suk Yeol avrà importanti ripercussioni economiche globali. Seoul è una delle dieci maggiori economie del mondo e domina alcuni settori strategici. Automotive, semiconduttori, smartphone sono solo alcuni dei gioielli sudcoreani. L’Italia è il secondo Paese dell’Ue per esportazioni in Corea, il settimo sul fronte import. Ecco che cosa potrebbe succedere ai nostri affari.

Il terremoto politico che ha scosso la Corea del Sud avrà importanti ripercussioni economiche. Non solo per la stessa Corea, che ha un pil nominale di circa 1.800 miliardi di dollari, è la quarta economia dell’Asia e una delle dieci maggiori del mondo. Ma anche per i partner di Seoul, Unione europea e Italia comprese.

Se diamo uno sguardo ai dati del 2023, scopriamo che l’Ue è stata la terza destinazione dell’export made in Korea e il terzo fornitore di beni. L’interscambio tra le parti ha sfondato il muro dei 141,5 miliardi di dollari, in crescita costante rispetto ai 111,5 miliardi del 2020.

Per quanto riguarda Roma, nell’Ue soltanto la Germania fa meglio dell’Italia sul fronte delle esportazioni con Seoul, mentre sull’import il Belpaese deve accontentarsi del settimo posto. Ma cos’è che alimenta gli affari lungo la tratta italo-coreana? E cosa dovremo attenderci in seguito alla crisi (per ora soltanto politica) sudcoreana?

L’Italia osserva la Corea (con un occhio al business e uno agli affari)

I numeri grezzi parlano chiaro. Un anno fa le importazioni italiane dalla Corea del Sud hanno superato i 5,6 miliardi di euro.

I beni di punta che Roma acquista da Seoul? Prodotti di metallurgia (1,2 miliardi), chimici (959 milioni) e farmaceutici (834 milioni), oltre ad autoveicoli (605 milioni). Più distanziate, a differenza di quanto non si possa pensare, le apparecchiature elettroniche (267 milioni).

Che cosa compra, invece, la Sud Corea dall’Italia? L’export italiano nel Paese asiatico ammonta a 6,7 miliardi e riguarda per lo più articoli in pelle e abbigliamento (oltre 2,3 miliardi), prodotti alimentari (396 milioni), macchinari e apparecchiature (933 milioni) e farmaceutici (545 milioni).

Nel 2023, secondo i dati Istat, l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha superato i 10 miliardi. Le prospettive future (almeno, prima della legge marziale) erano più che rosee, con Seoul ben felice di incrementare l’acquisto di beni di lusso – dalla moda ai gioielli – e prodotti alimentari di fascia alta (vini ma non solo) provenienti dal Belpaese.

l made in Italy piace tantissimo ai coreani e, soprattutto, si vende bene. Il punto è che, proprio mentre l’Italia stava iniziando a rafforzare l’immagine proiettata a Seoul dal proprio soft power, ecco la crisi politica innescata dal presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol.

Certo, è in vigore un accordo di libero scambio tra Ue e Sud Corea (operativo dal 2011) ma il precedente della legge marziale e l’instabilità generale, si sa, non sono fattori che fanno bene agli affari. Per questo il governo italiano osserva, cercando di capire quanto durerà l’incertezza tra i corridoi della Casa Blu (sede presidenziale sudcoreana) e in che misura, tutto questo, intaccherà il business.

Gli effetti economici della crisi politica sudcoreana

L’economia sudcoreana si regge sui chaebol, grandi conglomerati locali che hanno interessi diffusi in più campi. I più famosi?

Li conoscete anche voi: Samsung (maggiore produttore mondiale di semiconduttori e smartphone), Lg (elettronica di consumo ed elettrodomestici), Kia e Hyundai (automobili), Posco (leader dell’acciaio).

La maggior parte di questi player ha ramificazioni che trascendono i loro business fondamentali e che sfociano in settori più o meno secondari (bancari, assicurativi, scolastici, commerciali, real estate…).

Il punto fondamentale è che l’economia sudcoreana è fortemente orientata all’export, e dunque una crisi interna che dovesse colpire i chaebol rischia di innescare un effetto domino. La “torre di controllo economica” del Paese sta tuttavia compiendo ogni sforzo possibile per placare l’ansia degli investitori e degli imprenditori internazionali.

In ogni caso, anche se l’Assemblea nazionale ha revocato la dichiarazione di legge marziale, continuano a registrarsi onde d’urto nel mercato finanziario. Giusto per fare un esempio, il benchmark KOSPI e il valore del won coreano sono scesi per il terzo giorno consecutivo.

Il vice primo ministro e ministro dell’Economia e delle Finanze di Seoul, Choi Sang Mo, ha respinto le preoccupazioni che la quarta economia asiatica possa andare incontro a una recessione nel 2024, definendo tali preoccupazioni “eccessive”. Staremo a vedere se avrà ragione.