È un problema che ha ossessionato gli economisti per decenni, ma il dilemma principale-agente, vale a dire la tendenza dei proprietari e dei dirigenti senior di una società a orientarsi in direzioni diverse, è una questione che dovrebbe interessare anche agli investitori azionari. Il sorgere di conflitti di questo tipo, infatti, solitamente ha un effetto negativo sui risultati aziendali e, in ultima analisi, sui rendimenti dell’investimento.
Società a conduzione familiare
Le società a conduzione familiare quotate offrono agli investitori la possibilità di evitare la trappola principale-agente: non solo queste aziende, per loro stessa natura, vedono coincidere gli interessi dei proprietari e dei manager, ma hanno anche imparato ad adeguare il loro modello operativo man mano che crescono e si trasformano in aziende più complesse.
In altre parole, le aziende a conduzione familiare di oggi hanno scoperto nuovi modi per conservare le caratteristiche del cosiddetto “azionariato attivo” dei loro fondatori. Ciò si è rivelato fondamentale per il loro successo commerciale.
Le ricerche dimostrano che, grazie alla loro leadership stabile, le aziende a conduzione familiare ottengono risultati migliori rispetto alle altre tipologie di aziende. Gestiscono le proprie finanze in modo più prudente, investono di più in innovazione e ricerca e sviluppo e, solitamente, non perseguono costose fusioni e acquisizioni. Tendono anche a prendere più seriamente le questioni ambientali, sociali e di governance, ottenendo punteggi ESG migliori rispetto alle società quotate non a conduzione familiare (si veda il grafico seguente).
Gestite responsabilmente
Le aziende a conduzione familiare sono in grado di risolvere in diversi modi il problema principale-agente. Durante le prime fasi del loro sviluppo, è la struttura stessa che consente un solido allineamento tra proprietari e manager.
Nelle aziende guidate dai fondatori, infatti, fondatore, proprietario e CEO sono solitamente la stessa persona. In questi casi, le aziende traggono forza dall’irrefrenabile spinta imprenditoriale dei loro proprietari-manager. Meta (la vecchia Facebook), ad esempio, non sarebbe l’azienda di successo che è oggi se Mark Zuckerberg non ne fosse stato al timone e Netease (società di gaming cinese) deve gran parte della sua crescita all’ambizione e alla visione del suo fondatore, William Lei Ding.
Eppure, nella fase di espansione dell’azienda, in cui essa si trasforma in un’organizzazione più complessa, avere un fondatore-CEO può diventare un ostacolo. La gestione della crescita e della maggiore complessità spesso richiede nuove competenze che i fondatori, di solito, non possiedono. Una recente ricerca condotta dagli accademici dell’Università di Harvard illustra bene il problema.
Le quotate
I ricercatori hanno raccolto dati su 2.000 società quotate, metà delle quali guidate dai CEO fondatori, per determinare se esistesse un rapporto tra questi e la performance finanziaria di un’azienda.
Hanno scoperto che le società dirette dal fondatore hanno attirato valutazioni di borsa di quasi il 10% più elevate rispetto alle società senza fondatori nel consiglio di amministrazione. Col tempo, tuttavia, i vantaggi diminuiscono. Lo stesso studio ha scoperto che i fondatori diventano più preziosi per l’azienda quando cambiano ruolo e trasmettono le responsabilità operative e di strategia aziendale a manager professionisti, mantenendo però una certa influenza sulla cultura aziendale.
Vi sono segnali che indicano come le aziende a conduzione familiare stiano migliorando nell’attenuare il rischio di avere fondatori-manager più a lungo di quanto sarebbero utili.
Nel 2019, il fondatore del marchio sportivo Under Armour, Kevin Plank, ha lasciato il posto di CEO, consegnando le redini all’allora direttore operativo David Bergman. Plank non ha però abbandonato l’azienda. Ha invece assunto i ruoli di presidente e responsabile del marchio: una mossa che gli ha permesso di mettere a frutto la sua esperienza e rimanere parte integrante della cultura aziendale.
Trasformare gli eredi in leader
Un’altra soluzione adottata con successo dalle aziende a conduzione familiare è quella di formare in modo migliore i futuri leader. Molti fondatori inviano i loro eredi alle migliori business school del mondo e li instradano su percorsi di carriera che prevedono preziosi periodi in ruoli dirigenziali intermedi in varie aree dell’azienda.
Tra le aziende che hanno seguito questo approccio troviamo Hermes (l’attuale CEO, Alex Dumas, appartiene alla sesta generazione della famiglia Dumas che gestisce l’azienda) e Arcelor Mittal (Aditya Mittal ha preso con successo il posto del padre Lakshmi nel ruolo di CEO, aprendo la strada alla terza generazione alla guida dell’azienda).
Promozione interna
Il colosso farmaceutico Roche, ad esempio, coltiva da tempo una cultura della promozione di manager dall’interno. Se Andre Hoffmann-La Roche, rappresentante della famiglia proprietaria, è il vicepresidente della società, il CEO è il Dr. Severin Schwan, entrato in Roche nel 1993 come tirocinante e che prima di assumere il ruolo di amministratore delegato ha gestito per diversi anni le attività nella regione asiatica e del comparto della diagnostica.
Mantenere famiglie fondatrici con grandi partecipazioni nell’azienda all’interno delle strutture manageriali presenta alcuni inconvenienti. Un ritornello comune è che uno schema di questo tipo releghi gli azionisti di minoranza a un ruolo di comprimari, soprattutto nelle questioni di corporate governance, come la remunerazione dei dirigenti.
Ceo e retribuzioni
Uno studio recente ha però dimostrato che la retribuzione media del CEO nelle aziende a conduzione familiare è allo stesso livello di quella delle altre tipologie di aziende. Inoltre, esistono anche numerosi esempi di CEO fondatori o membri della famiglia fondatrice che non prendono alcuno stipendio. Mark Zuckerberg (Meta) ed Evan Spiegel (Snap) ricevono solo 1 dollaro all’anno, facendo affidamento sulla proprietà azionaria per guadagnare. In tali casi, gli interessi degli azionisti di maggioranza e di minoranza coincidono.
Le aziende a conduzione familiare, quindi, hanno scoperto nuovi modi per conservare quella particolare energia imprenditoriale propria dei loro visionari fondatori. Riteniamo che i segni distintivi del cosiddetto “azionariato attivo” (pianificazione a lungo termine, management che rischia in proprio, elevati investimenti in innovazione) siano comuni a un universo di aziende a conduzione familiare quotate che continua a espandersi: aziende giovani e società mature, che hanno un membro della famiglia fondatrice come CEO o la cui proprietà familiare mantiene un’influenza senza essere nel consiglio di amministrazione. Questo, a nostro avviso, è ciò che li rende investimenti azionari potenzialmente di qualità superiore.