Plastic tax sì, plastic tax no. È un balletto continuo quello che la politica italiana, da ormai più di un anno, sta facendo su questa misura. Per ora la tassa, stando alle bozze del nuovo decreto sostegni, dovrebbe essere rinviata a gennaio 2022 (un sospiro di sollievo per le imprese). Ma il tempo delle scelte arriverà, e farsi trovare impreparati potrebbe essere doloroso (per aziende in primis, ma anche per i partiti politici).
La plastic tax, secondo le ultime indiscrezioni che arrivano dal Governo, dovrebbe essere rimandata ulteriormente con il varo della legge di bilancio.
Lo spettro della tassa dal Conte I a Draghi
L’idea di una plastic tax nasce con il governo gialloverde, usata con l’Europa come copertura alle misure sociali (reddito di cittadinanza e quota 100 in primis). Per diversi motivi però, Covid incluso, ancora non è stata attivata e fino ad oggi è sempre stata rinviata. Introdurre un nuovo fardello fiscale infatti, con aziende chiuse e lavoratori in smart working, era a dir poco impossibile.
Certo è che la cosa migliore da fare, nell’attesa della sua attivazione, sarebbe giocare un po’ d’anticipo. Qualche esempio? Approfondire l’impatto futuro di questa imposta, ma anche fornire indirizzi su come applicarla al meglio, per danneggiare il meno possibile le imprese. Salvo il rinvio in cantiere della tassa, però, non c’è nulla di tutto questo all’orizzonte.
Plastic tax, come funzionerà?
Andando a leggere la legge di bilancio gialloverde, che ha introdotto la plastic tax, questa andrebbe a colpire i manufatti ad impiego unico. Tecnicamente chiamati “MACSI”, sono i prodotti monouso che hanno funzione contenitiva, di protezione, di consegna merci e conservazione dei prodotti alimentari (anche in forma di fogli, pellicole o strisce). La tassa è fissata nella misura di 0,45 euro per chilogrammo di plastica vergine contenuta nel manufatto. I dispositivi medici e i manufatti biodegradabili/compostabili non saranno soggetti all’imposta, così come la plastica che proviene dalla filiera del riciclo. Scopo della misura è scongiurare l’uso di prodotti di plastica monouso tra cui forchette, cucchiai, coltelli, bacchette, ma anche prodotti come piatti di plastica, cannucce e tazze per bevande. La scorsa estate alcune città di mare, una tra tutte Cagliari, avevano vietato l’uso della plastica monouso per proteggere (soprattutto) le spiagge.
Federazione gomma plastica e Coldiretti dicono no. Silenzio da PlasticsEurope Italia
True News ha contattato alcune associazioni. E l’unica a rispondere con chiarezzae con una netta posizione sul tema è stata la Federazione gomma plastica. “Sulla plastic tax si spendono spesso parole inopportune – spiegano – perché questo materiale, oggi, é oggetto di un odio mainstream. La tassa nasce in un contesto in cui si fornisce un nemico da combattere, chiudendo gli occhi sui vantaggi che la plastica offre”. Nello specifico, aggiunge la federazione, “la tassa ha poco a che vedere con l’ambiente. È infatti costruita come leva fiscale, non come imposta di scopo volta a incrementare il riciclo”.
Secondo la Federazione usare la plastica conviene per tre motivi. Il primo è ambientale: una parte di letteratura scientifica dimostra che sostituire la plastica a materiali alternativi ha impatti peggiori sull’ambiente. Secondo motivo (economico): la plastica può assumere ogni forma che serve ad un prezzo accessibile. Mentre l’ultima ragione, di ordine sociale, è che è il materiale che garantisce la sicurezza dei cibi imballati. Insomma, il sentire comune “identifica la plastica con il rifiuto, ma non tiene conto dei vantaggi che offre”.
Di certo una crisi delle materie prime è in atto e l’argomento è piuttosto scottante. Sarà per questo che PlasticsEurope Italia, interpellata sul tema per un parere, ha risposto che non aveva nulla di dire sulla plastica tax ancora prima di sapere le domande? Un po’ strano per un’associazione che rappresenta “i produttori di materie plastiche”.
A tuonare contro la nuova tassa, da tempi non sospetti, è invece Coldiretti. “Bene il rinvio dell’imposta, la plastic tax colpirebbe 2/3 della spesa a tavola delle famiglie – è il parere dell’associazione – e penalizzerebbe a cascata l’intera filiera agroalimentare. Il tutto durante una crisi Covid che è già di per sé drammatica”. Ma chi pagherà il conto della tassa? “Il rischio è che a pagare il prezzo della misura saranno gli anelli più deboli della filiera: agricoltori, ai quali verrà chiesto di ridurre i margini di reddito, e consumatori finali” è la conclusione di Coldiretti.
Il messaggio sottotraccia, rivolto al Parlamento, è chiaro: questo tipo di scenario deve essere evitato.