Ci sono segnali rivelatori in grado di confermare, o meno, i timori legati al ruolo che le organizzazioni criminali sono potenzialmente in grado di giocare sul mercato in vista di appalti e opere legate al Recovery Plan e incluse nel programma PNRR Next Generation Italia.
C’è un dettaglio, anzi un dato, particolarmente significativo per chiarire lo scenario che abbiamo davanti. Riguarda la demografia delle imprese lombarde elaborata da Unioncamere relativa al 2020, anno della grande crisi sanitaria ed economica generata dal Covid, con il conseguente blocco o rallentamento di numerose attività imprenditoriali. Una crisi sanitaria ed economica che ha colpito, in particolar modo, proprio la Lombardia, particolarmente penalizzata dall’epidemia e dalle misure restrittive adottate per contrastarla.
In questo quadro generale risulta sorprendente il fatto che, nel corso del 2020, ben 48.043 nuove imprese si siano iscritte alle varie Camere di Commercio della Lombardia; e il numero di nuove imprese, nel secondo semestre 2020, risulta aumentato in misura superiore rispetto all’analogo semestre 2019. Tralasciamo i dati delle imprese cancellate d’ufficio, fallite o cessate. Ciò che interessa capire è il motivo per cui, in una situazione di grande incertezza, precarietà finanziaria e incognite sul futuro, nel secondo semestre 2020 aumenta in Lombardia il numero di nuove imprese più di quanto non fosse avvenuto nel 2019.
Il tasso di natalità di impresa vede al primo posto la Camera di Commercio di Milano, seguita a ruota da Monza Brianza, Brescia, Varese, Como, Lecco: tutti ambiti territoriali toccati, a partire dall’operazione Crimine Infinito della DDA milanese, da numerose inchieste che hanno rivelato una radicata presenza sul territorio della criminalità organizzata.
Due tipologie di attività economica hanno registrato incrementi di imprese particolarmente significativi: il settore delle costruzioni e il settore di attività di gestione dei rifiuti.
Non basta. Se incrociamo questo dato (e i suoi riferimenti temporali) con il rapporto annuale 2020 di UIF, l’Unità di Informazione Finanziaria istituita presso la Banca d’Italia, emergono 2.277 segnalazioni di operazioni sospette avvenute nel corso del 2020 a livello nazionale, per un valore complessivo di operatività sospetta pari a 8,3 miliardi di euro. Di queste, la parte numericamente (ma non finanziariamente) preponderante avviene nei primi mesi della pandemia e riguarda operazioni legate alla compravendita di materiale sanitario e di DPI; ma anche in questo caso, proprio nel secondo semestre emerge un significativo incremento del valore finanziario di operazioni sospette nell’ambito delle erogazioni di finanziamenti pubblici: azioni numericamente limitate rispetto al dato complessivo (281 operazioni su 2.277) ma enormemente superiori per valore finanziario: 5,9 miliardi di euro, pari al 70,9% del dato complessivo. Sempre a livello nazionale, nel secondo semestre del 2020 circa quarantamila aziende italiane hanno registrato un cambio di titolare effettivo.
Il rischio (dietro l’angolo) della criminalità organizzata
Ancora nel 2020, UIF ha registrato su scala nazionale un sensibile incremento delle segnalazioni potenzialmente riconducibili direttamente ad attività della criminalità organizzata, pari a circa il 18 per cento del flusso segnaletico complessivo.
D’altra parte, nel solo anno della pandemia le interdittive antimafia emesse dalle Prefetture su scala nazionale sono cresciute del 38,2per cento rispetto al 2019 (da 1541 a 2130).
Questi dati fanno emergere una serie di rischi connessi alla creazione di società con funzioni di “scatole vuote”, in temporaneo stand by, da attivare al momento opportuno sia per intercettare i flussi finanziari con fondi a garanzia pubblica per il rilancio delle imprese, sia per riciclare denaro attraverso l’usura e/o la partecipazione e il graduale controllo di imprese “pulite”.
Il fenomeno ha una rilevanza non solo nazionale ma europea, in termini di dimensione di mercato e di rilevanza politico-finanziaria legata all’origine dei fondi legati al PNRR. Alcuni mesi fa si è riunito a Roma un gruppo di lavoro Europol guidato dal direttore esecutivo di Europol, Catherine De Bolle, proprio per analizzare i rischi della “Covid Economy” e le strategie per prevenire e chiudere le porte ad una criminalità organizzata sempre più liquida e capace di adattarsi e cogliere ogni opportunità.
Pnrr e investimenti, il rischio infiltrazioni delle organizzazioni criminali
Nella relazione relativa al primo semestre 2020 consegnata al Parlamento, la Direzione Investigativa Antimafia ha espresso convinzione che la pandemia offra alle organizzazioni criminali altri margini di espansione attraverso NextGenerationEu. In particolare, gli investigatori concentrano l’attenzione su grandi opere e infrastrutture anche digitali, opere di contenimento del rischio idrogeologico, reti di collegamento telematico e interventi legati opere necessarie per una generale riconversione alla green economy.
In questo quadro, i rischi sono legati soprattutto alla necessità, per le istituzioni, di garantire iter procedurali rapidi per consentire l’utilizzo dei fondi straordinari europei.
E’ una situazione delicata anche perché, come già detto, la criminalità organizzata ha grandi capacità di adattamento. Oggi i GIA (Gruppi Interforze Antimafia, istituiti presso le prefetture) svolgono controlli su imprese operanti nei settori considerati “a rischio” per i quali è obbligatoria la certificazione antimafia. I finanziamenti e le opere legate alla green economy fanno emergere importanti opportunità per alcune categorie di imprese come quelle di impiantistica, settore attualmente escluso dall’elenco di attività “a rischio di infiltrazione mafiosa”. Proprio in questo specifico settore abbiamo rilevato recenti segnali di crescente opacità; può essere opportuno valutare un’estensione dei settori da monitorare.
di Enrico Fedrighini, consigliere comunale di Milano, Responsabile Ufficio Legalità e Sicurezza Ambientale United Risk Management