Perché questo articolo potrebbe interessarti? Si è spesso parlato, a proposito del Pnrr, del pericolo di un ridimensionamento dei fondi messi a disposizione per l’Italia. Ma adesso il vero rischio potrebbe riguardare la mancanza del materiale necessario per far fronte a tutti i cantieri in procinto di essere aperti. Servono sempre più addetti e soprattutto sempre più macchinari.
Nelle ultime settimane, in merito al Pnrr più volte si è parlato del rischio di non riuscire ad attingere a tutti i fondi messi a disposizione e a dover rinunciare a molti progetti. Rischio su cui il governo ha voluto lanciare rassicurazioni, ma il tema continua a essere fonte di un intenso dibattito politico. Ad oggi però, le vere preoccupazioni potrebbero riguardare non tanto il reperimento dei soldi, quanto invece quello dei macchinari necessari ad avviare tutti i più importanti cantieri. Le grandi opere finanziate tramite il Pnrr sono diverse su tutto il territorio nazionale. Per completarle tutte, occorre una corsa contro il tempo per rimediare mezzi, attrezzature, macchinari e anche manodopera.
Un boom improvviso e che ha colto impreparate le imprese
Si può paragonare l’impatto del Pnrr a quello avuto dal bonus del 110% per il recupero e restauro delle case. Improvvisamente, dopo il varo di quest’ultima norma, il settore dell’edilizia si è ritrovato oberato di lavori. Il tutto dopo un decennio di stagnazione e di continua erosione del mercato e del numero di imprese occupate. Tra il 2021 e il 2022, e in parte ancora oggi, trovare operai e materiale (anche per effetto dell’impennata dei costi) è alquanto difficile. È come se su un terreno arido fosse intervenuta improvvisamente una grande quantità di pioggia. L’effetto è stato quello di far tracimare l’intero settore dell’edilizia.
Su IlSole24Ore già nel dicembre 2021 Giulio Musso, presidente dell’Ance di Genova, ha spiegato la situazione usando una metafora calcistica: “Siamo stati presi in contropiede”, ha dichiarato con riferimento al bonus e al Pnrr. Nel capoluogo ligure, da sempre molto attivo nel settore dell’edilizia grazie all’importanza della città e del suo porto, sono stati persi a detta di Musso almeno cinquemila addetti a partire dal 2008. Non solo, ma più di un decennio di stagnazione ha significato anche far perdere molto interesse nel ricercare lavoro all’interno del mercato dell’edilizia.
Le scuole per geometri senza studenti
Il risultato è che molti giovani hanno preferito fare altro, nelle scuole per geometri sono andati sempre meno alunni, dalle università sono usciti sempre meno ingeneri edili. Sono mancate quindi anche le figure professionali idonee per supportare l’improvvisa ripresa del settore. Un discorso che vale per Genova, così come per tutte le altre più importanti città italiane. A partire da Milano, Torino, Brescia, Bergamo, fino ad arrivare alla capitale e al sud Italia.
Le imprese stanno affrontando quindi una duplice sfida: trovare addetti, spendendo anche importanti somme per formarli, e poi trovare materiale. Con il Pnrr quest’ultima esigenza appare la più preminente. Nel giro di pochi anni devono essere consegnati cantieri che normalmente in Italia vengono completati in uno o più decenni. Un diluvio di opere pubbliche e di grandi cantieri molto difficile da gestire. Devono essere recapitati macchinari e mezzi all’estero, con costi molto più elevati rispetto al passato e con esigenze impellenti. E, forse, sarà difficile soddisfare tutta la domanda.
Il caso della Sicilia
L’esempio di questa possibile difficoltà arriva dal sud Italia e, in particolare, dalla Sicilia. Qui il Pnrr ha dato una forte spinta all’apertura di cantieri attesi sull’isola da decenni. Almeno due miliardi di Euro sono stati finanziati per alcuni lotti del raddoppio della ferrovia Palermo – Catania, destinata a diventare ad alta capacità. Nel frattempo sono già partiti altri strategici lavori, quali il completamento del raddoppio della Catania – Messina, dal valore di due miliardi di Euro. In totale, Rfi sta spendendo in Sicilia undici miliardi di Euro sui 50 totali attualmente investiti in Italia. Si tratta di opere destinate a cambiare la concezione del treno sull’isola, con collegamenti molto più rapidi tra le tre grandi città siciliane nell’ottica dei corridoi europei previsti già 20 anni fa.
C’è però un problema: per portare a termine tutte queste opere occorrono almeno 24 talpe Tbm. Si tratta dei giganteschi macchinari che scavano la roccia e, al tempo stesso, costruiscono la parete di una galleria. La natura del territorio siciliano fa sì che per arrivare a completare entro le scadenze previste tutte le ferrovie già appaltate, occorre scavare molte gallerie e quindi recuperare le Tbm. Il calcolo di 24 è stato effettuato nei giorni scorsi da Ance Sicilia. Di queste 24 talpe, al momento solo una è in arrivo al porto di Catania dalla Cina. Verrà posizionata a Taormina, all’interno del cantiere della Catania – Messina, non appena i suoi 22mila pezzi saranno composti e assemblati.
Capitalo umano ma non meccanico
Per le altre il problema non è di poco conto. Difficile farle arrivare tutte nel giro di pochi mesi. A questo occorre aggiungere che nei cantieri occorre l’impiego di diecimila unità e decine di aziende. Un capitale umano che al momento la Sicilia non possiede, complice anche la crisi più che decennale del settore dell’edilizia. Se per gli operai il problema secondo l’Ance può essere superato con la formazione e con il richiamo di aziende da fuori, per le talpe il discorso è più complesso.
Da qui la proposta formulata durante l’ultimo convegno degli edili siciliani: costruire sull’isola le Tbm. Filippo Palazzo, commissario straordinario per i cantieri sulla Palermo – Catania, ha parlato di un’importante opportunità anche per il resto d’Italia: “Piuttosto che acquistarle – ha detto – potremmo realizzare in Sicilia un’officina di ricondizionamento delle Tbm e, in prospettiva, anche una fabbrica di talpe da utilizzare non solo nei cantieri siciliani, ma anche in tutti quelli di Rfi e Anas in Italia”.
I rischi per i cantieri più importanti
Il caso siciliano mostra quindi la difficoltà nel reperimento di macchinari e mezzi. Difficoltà che si potrebbero incontrare anche nei tanti cantieri che a breve verranno aperti con i fondi del Pnrr. L’idea di costruire direttamente nel nostro Paese i macchinari più importanti potrebbe dare respiro e rendere più autonoma l’Italia, attualmente in gran parte dipendente da mezzi costruiti all’estero. Ma occorre del tempo per attuarla. E il tempo per ora non è amico di Roma. Il rischio è quello di andare incontro verso un grave paradosso: scongiurato il pericolo di perdere i fondi del Pnrr, i cantieri potrebbero non partire per mancanza di manodopera e macchinari.