Perché leggere questo articolo? Il 27 aprile si è registrato record di visitatori a Pompei. Nel 2010 il Parco Archeologico cadeva letteralmente a pezzi. Sono bastati 105 milioni di euro e management efficiente per riportarlo ai fasti dell’antichità, forse anche di più. Il lavoro delle imprese della cultura paga. La rinascita di Pompei non è un miracolo, ma un esempio di lavoro culturale.
Pompei da record. “83.707 volte grazie a chi ha scelto di visitare il sito di Pompei durante i giorni del ponte (25-28 aprile). Tra cui il giorno a pagamento (sabato) con il più alto numero di ingressi nella storia degli scavi (22.629)“. Questo il tweet di Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, che lo scorso weekend ha conosciuto il record di ingressi nella sua storia. Una storia di rinascita, che non è miracolosa. A rimettere in piedi la meraviglia che il mondo ci invidia – e che troppo spesso la politica nostrana ha trascurato – c’è stato un impeccabile lavoro culturale.
Crolli e rinascita di Pompei, metafora del nostro Paese
Il dato degli ingressi record a Pompei non ha trovato spazio sulla stampa, nazionale o locale. A conferma della teoria secondo cui i giornali si riempiono con le cattive notizie. E di cattive notizie, nella sua storia recente, il Parco di Pompei ne ha conosciute. Era il 6 novembre 2010 quando il tetto della Schola Armaturarum, la casa dei gladiatori, crollò. Era solo l’ultimo di una serie di cedimenti, ma quello che fece traboccare il vaso delle polemiche. L’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlò di “vergogna”. In molti chiesero le dimissioni del ministro della Cultura, Sandro Bondi.
Pompei e il suo Parco Archeologico in quei giorni vennero elevati a metafora del Paese e della sua politica. In quel tramonto del 2010 iniziava il crepuscolo di Berlusconi e del suo quarto e ultimo governo, che sarebbe caduto da lì a un anno. Un paese, che come gli edifici di Pompei, stava crollando sotto il peso di crisi economica, debito pubblico e della mala gestione. Da allora, almeno per Pompei, è iniziata una rinascita che non sembra arrestarsi.
I numeri e l’uomo dietro la rinascita
A fine dicembre Pompei ha celebrato quota 4 milioni. Il 18 dicembre il Parco Archeologico ha dato il benvenuto al suo visitatore numero 4.000.000. Una cifra che rappresenta un record nella storia degli scavi, il numero più alto di presenze mai raggiunte nel sito archeologico. Il numero medio di visitatori annui è raddoppiato in un quindicennio. Nel 2009 visitavano Pompei 2 milioni di turisti. Numeri in continua crescita, come dimostra la giornata record di sabato 27 aprile: 22.629 biglietti in una sola giornata. Il più alto giorno a pagamento col più alto numero di ingressi in più di 150 anni di storia.
Come si è arrivati a questa rinascita? Grazie al lavoro encomiabile di manager della cultura, che sono stati in grado di valorizzare i fondi ricevuti – per una volta – dalla politica. L’attuale direttore Zuchtriegel è allievo di Massimo Osanna, archeologo e uomo dietro la rinascita di Pompei. Osanna, direttore dal 2014 al 2020, venne inviato a Pompei col gravosissimo compito di rimettere in piedi il Parco. E di gestire i fondi messi a disposizione da governo e Unione europea.
I musei sono aziende e il lavoro culturale paga
“I musei sono aziende e hanno bisogno di manager“. Queste le parole di Osanna, nel frattempo divenuto direttore generale dei Musei del ministero della Cultura (nominato dal governo Conte II), in un’intervista a Repubblica dello scorso anno. Nel 2010 furono stanziati circa 105 milioni di euro per mettere in sicurezza Pompei. Osanna riuscì a fare in modo che il 98% dei fondi fossero spesi, e bene. Manutenzione programmata e ispezioni, assunzioni e investimenti su visite per stranieri e, infine, la pace coi sindacati e nuovi scavi (gli ultimi erano datati 1960). A Pompei è stata fatta una politica culturale, e questo ha pagato. Come dimostrano le nuove scoperte negli scavi: dall’affresco della “pizza”, a quello di Elena e Paride, fino al ritrovamento della “tavola calda”. La cultura è lavoro e, se finanziata per bene, paga. Pompei non è un miracolo, al massimo un modello.