Perchè questo articolo potrebbe interessarti? La connection dalemiana, rilanciata in questo caso dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, premia una volta di più Fabrizio Palermo, il quale è stato nominato dalle autorità capitoline amministratore delegato di Acea.
Fabrizio Palermo, ex ad di Cassa Depositi e Prestiti, è il nuovo amministratore di Acea, una delle maggiori municipalizzate del comune di Roma. A portarlo ai vertici della società, a sorpresa, il consolidato legame con Roberto Gualtieri, sindaco della Capitale, e la comune vicinanza a Massimo D’Alema. Ad attenderlo, nel nuovo mandato, un maxi stipendio: largamente superiore sia a quello del predecessore che a quello riconosciutogli in Via Goito.
Palermo, il maxi-stipendio in Acea batte quello di Cdp
Per l’ex ad di Cassa Depositi e Prestiti è prevista infatti una retribuzione annua nel mandato triennale di 1,3 milioni di euro lordi. Più, come ricorda Domani, un bonus alla firma di 250mila euro. Quasi il doppio di quanto guadagnava il predecessore in Acea, Giuseppe Gola, che si è fermato a 750mila euro; ma anche decisamente di più di quanto incassato in Via Goito; dove Palermo guadagnava circa 823mila euro l’anno.
Il Comune, assieme al socio francese Suez e a quello capitolino Francesco Gaetano Caltagirone, ha scelto il manager; poi non confermato da Mario Draghi al vertice di Cdp nel 2021. Doveva realizzare il tanto discusso termovalorizzatore sulla cui costruzione Gualtieri ha avuto i poteri di commissario straordinario dal governo uscente di Mario Draghi.
Il manager 50enne formatosi a McKinsey sarà chiamato alla sfida di trasformarsi da esperto finanziario a manager industriale, vede una volta di più premiata la vicinanza alle residuali cordate di potere del centro-sinistra figlio dell’area dell’ex premier Massimo D’Alema, che conobbbe Palermo tramite l’ex ad di Fincantieri Giuseppe Bono, alla cui corte Palermo ha lavorato nell’area Corporate Finance dal 2005 al 2014.
L’ultima trincea dei dalemiani
Caduto il commissario all’emergenza Domenico Arcuri, in via d’uscita dal governo il Ministro della Salute Roberto Speranza, declinato Goffredo Bettini e tutto l’asse del consociativismo romano che ha provato a tener vivo il “campo largo” tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, consumatasi la frattura tra grillini e dem, uscito dai raggi il suo omologo pentastellato Stefano Buffagni, regista di nomine e strategie con cui Palermo collaborava ampiamente, il Comune di Roma resta l’ultima trincea, assieme a WeBuild, del sistema di potere che fa riferimento all’ex presidente del Consiglio. E Palermo, portato alla guida di Cdp da Conte nel 2018 su suggerimento di D’Alema, ascendendo alla guida di Acea segna la continuità tra “Baffetto” e il Sindaco di Roma nella gestione di un apparato di influenza ramificato tra politica, affari e finanza, sempre più trincerato a livello locale dopo che il campo progressista ha ceduto posizioni su scala nazionale.
L’ex Ministro dell’Economia affida un incarico – profumatamente pagato – al capo della Cdp con cui lavorò dal 2019 al 2021, promuovendo i piani di liquidità d’emergenza durante il Covid e il ritorno da Via Goito al Mef di Sace formalizzato da Mario Draghi. E affida a un fratello nella cordata di potere dalemiana la sfida più grande della sua amministrazione. “Se Palermo riuscirà ad aprire presto i cantieri e a costruire l’inceneritore entro la consiliatura per Gualtieri sarà un successo enorme. Non riuscisse a farcela, affonderà insieme al sindaco che l’ha così fortemente voluto” in una Roma stracolma di rifiuti, chiosano dal Pd romano. 1,3 milioni di buone ragioni spingono Palermo a combattere una battaglia; da cui dipende il futuro di un sistema di potere sempre più trincerato a livello locale e ormai lontano dai tempi d’oro. Ma al cui interno continua a fare una remunerativa carriera.