Perché leggere questo articolo? Dove ci sono guerre ci sono armi italiane. Ma non è vero che il nostro paese è quello che ha guadagnato di più dai recenti conflitti
“L’Italia è il Paese che sta guadagnando di più dalle guerre in corso“. Così ha postato lo scorso 12 marzo sul proprio profilo Facebook Angelo Bonelli. Il leader dell’Alleanza Verdi e Sinistra riporta il dato secondo cui il nostro Paese “ha aumentato più di ogni altro Paese le sue esportazioni di armi: l’86 per cento tra il 2019 e il 2023“. Bonelli come fonte ha citato il quotidiano il manifesto. Una serie di valutazioni incrociate, però, dimostrerebbero che la dichiarazione è fuorviante.
Il report SIPRI su armi e guerre
Il giorno precedente era uscito il nuovo rapporto sul commercio di armamenti nel mondo, realizzato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). Nato nel 1966, SIPRI è un centro di ricerca indipendente che si occupa di studiare i conflitti nel mondo e i traffici di armamenti. I principali finanziatori di SIPRI sono il governo svedese e l’Unione europea, a cui si aggiungono altre istituzioni e governi nazionali.
Per analizzare il commercio di armamenti nel mondo, SIPRI non prende in considerazione il valore economico delle importazioni e delle esportazioni di armi, ma usa un particolare indicatore, chiamato trend-indicator value (abbreviato con la sigla “TIV”). Questo indicatore, spiega SIPRI, è stato creato «per permettere il confronto tra le consegne di armi e per identificare tendenze generali». In questo modo, nelle intenzioni del centro di ricerca, si ha a disposizione «un sistema unico per misurare il volume dei trasferimenti internazionali delle principali armi convenzionali usando un’unità comune», il TIV appunto.
Le armi nel mondo
SIPRI ha stimato che nel periodo tra il 2019 e il 2023 il volume di armi commerciate a livello internazionale, espresso in TIV, è leggermente calato rispetto ai cinque anni precedenti, registrando un -3,3 per cento. Questo calo è dovuto, tra le altre cose, al fatto che sono considerati il 2020 e il 2021, due anni segnati a livello internazionale dalla crisi economica causata dalla pandemia di Covid-19.
Questo boom ha fatto fare un balzo alla sua quota nell’export mondiale di pistole, proiettili e quant’altro. Tra il 2014 e il 2018 valeva il 2,2 per cento, oggi esporta il 4,3. L’Italia è così diventata il sesto paese esportatore mondiale, dopo Stati Uniti, Francia, Russia, Cina e Germania. I suoi clienti principali sono Qatar, Egitto e Kuwait. Si tratta di un record superiore a quello francese. L’industria della distruzione di questo paese si è piazzata al secondo posto con +47 per cento, un aumento prodotto soprattutto dalla vendita dei suoi aerei da combattimento.
Dove ci sono guerre c’è l’Italia
Per quanto riguarda le esportazioni di armi, tra il 2019 e il 2023 12 Paesi tra i primi 25 esportatori hanno visto aumentare le consegne di armamenti all’estero rispetto al periodo tra il 2014 e il 2018. Tra questi Paesi c’è l’Italia: il valore delle esportazioni di armamenti italiani, espresso in TIV, è aumentato dell’86 per cento nei cinque anni considerati rispetto ai cinque anni precedenti.
Nello stesso periodo le esportazioni italiane sono passate dal rappresentare il 2,2 per cento di tutte le esportazioni mondiali al 4,3 per cento. I tre Paesi che hanno beneficiato di più delle consegne di armamenti italiani sono stati il Qatar (27 per cento sul totale delle esportazioni italiane), l’Egitto (21 per cento) e il Kuwait (13 per cento).
Non siamo il Paese che guadagna di più dalle guerre
Sulla base di questo +86 per cento, dire che l’Italia «è il Paese che sta guadagnando di più dalle guerre in corso» è fuorviante per almeno due motivi. In primo luogo, almeno cinque Paesi hanno registrato percentuali di crescita più alte dell’Italia: la Turchia +106 per cento, il Belgio un +430 per cento, l’Australia un +88 per cento, l’Iran un +276 per cento e la Polonia addirittura un +1.138 per cento. In secondo luogo, anche se le esportazioni italiane sono quasi raddoppiate (+86 per cento), questo non significa che siano quasi raddoppiati anche i guadagni per le aziende italiane che esportano armi nel mondo. I TIV non equivalgono al valore economico e finanziario degli armamenti esportati.