Perché leggere questo articolo? Sparkle è attenzionata da vicino nell’affare Tim. Il Mef potrà salire al 100% della società dei cavi dopo il deal su Telecom. Roma si tutela anche di fronte a un fondo a stelle e strisce
Il governo Meloni assisterà Kkr nella sua scalata a Telecom-Tim e alla rete di telecomunicazioni italiana, ma si terrà un’opzione aperta sui cavi sottomarini di Sparkle. Vero asset geostrategico di riferimento del gruppo di telefonia e comunicazioni più importante d’Italia.
Cosa può fare il governo su Sparkle
Il Dpcm con cui Meloni e il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti hanno dato il via libera all’impegno del Mef sull’affare Tim pone dei paletti precisi. Nel documento si chiede a Kkr di concordare col Mef “la definizione di criteri e le modalità con le quali il ministero può acquisire, anche in una fase successiva, l’intero capitale di Sparkle“.
L’erede dell’Italcable, centrale per le telecomunicazioni e il traffico dati sottomarino nel Mediterraneo allargato, è un attore cruciale nella “guerra dei cavi” che divide Occidente e Cina. Sulla scia della compagnia costituita in seno alla Stet che la precedette, mantiene una presenza dal Mediterraneo all’America Latina. Nel Grande Mare sui cavi Sparkle passa l’80% del traffico dati di un Paese strategico come Israele. Al contempo, Sparkle fa affari con Google sull’asse Europa-India, ma non trascura l’Iran, ove ha un point of access.
Telecom e Sparkle tra finanza e geopolitica
Kkr, gigante silenzioso della finanza Usa al cui vertice si muovono protagonisti del mondo della sicurezza nazionale come il generale David Petraeus (ex comandante della Cia), ha l’obiettivo di compiere su Tim un’operazione economico-finanziaria e geopolitica al tempo stesso. Garanzia del mantenimento delle reti italiane, ove già si temeva la penetrazione cinese sul 5G, saldamente in campo occidentale.
Meloni, in continuità con Draghi, ha spinto sul fondo di private equity americano, arrivando a sacrificare l’idea primigenia del titolare dello Sviluppo Economico, Adolfo Urso, di una nazionalizzazione completa di Tim. Se Vivendi e gli attuali azionisti usciranno dal controllo totale della rete, con un investimento di massimo 2,2 miliardi di euro lo Stato avrà tra il 15 e il 20% di NetCo, la società che terrà dentro la rete primaria e secondaria di Tim. Sparkle sarà conferita completamente da Tim al nuovo consorzio Tesoro-Kkr.
Ma anche tra alleati, lo Stato non vuole apparire secondario e ancillare. Il tema delle infrastrutture critiche e del loro sviluppo è tale che un asset unico come i cavi sottomarini devono avere la possibilità di un rientro totale sotto l’alveo pubblico. Rinunciato – anche per un fattore di costi – alla nazionalizzazione completa il Tesoro si premunisce anche in prospettiva di un futuro in cui Kkr possa essere convinta a coinvolgere altri partner nell’investimento e nel capitale.
Fidarsi è bene, tutelarsi è meglio
L’opzione per la salita al 100% su Sparkle, in quest’ottica, rispecchia le volontà iniziali del governo Meloni. Che all’inizio, tramite Urso, aveva pensato di scorporare Sparkle dal gruppo Tim e portarlo sotto il controllo pubblico autonomamente. Il grande piano di sistema con Kkr ha fatto tramontare questa prospettiva ma ora, guardando alle partite dell’innovazione, del 5G e della digitalizzazione di processi economici e industriali in atto, si ha una visione di prospettiva. Sparkle è la più strategica e potenzialmente la più redditizia delle componenti del “portafoglio” Tim.
Una Tim pienamente “americana”, con una forte presenza di capitale italiano, in cui attori terzi (Cdp e F2i) possono sostenere il Tesoro per portare dal 15-20 a oltre il 30% l’italianità di Tim e in cui esiste l’opzione di Sparkle in mano allo Stato in prospettiva può dare ampio respiro all’agenda di governo delle Tlc. Si tratta di tutelare l’interesse del campo euroatlantico e di valorizzare la scelta “americana” dell’esecutivo da un lato, ma anche di salvaguardare le prerogative dello Stato dall’altro.
Su Sparkle anche l’opzione golden power
In ogni caso, anche senza arrivare al 100% su Sparkle lo Stato ha un’arma per condizionare ogni assetto futuro, il golden power. Ma ovviamente applicarlo a un fondo americano, in futuro, in caso di transazioni sgradite causerebbe imbarazzi. Il Dpcm può dunque tutelare, nella “guerra dei cavi” sia la transizione di Tim da Vivendi a Kkr che l’italianità degli asset critici per la sicurezza nazionale delle Tlc. Perché fidarsi è bene, tutelarsi è meglio. Anche tra amici.