Home Economy Rfi, si prepara il terreno alla privatizzazione. Ma non subito

Rfi, si prepara il terreno alla privatizzazione. Ma non subito

Ferrovie, sciopero 9 settembre 2022

Si parla molto di privatizzazione delle ferrovie e questa volta sembra esserci qualcosa di vero. Molti gli incidenti ed i disservizi saliti alla ribalta delle cronache in queste settimane: “Forse non è un caso, molti credono nella volontà di creare le condizioni per giustificare una privatizzazione. Ma le priorità dovrebbero essere altre”, afferma ai nostri microfoni una fonte di Rfi.

Ferrovie, una domanda è tornata ad agitare gli addetti ai lavori: saranno privatizzate? L’estate di “passione” per la rete ferroviaria, interrotta in diversi punti nevralgici per lavori di manutenzione andati avanti per settimane, gli ultimi fatti relativi al blocco del nodo di Roma causato dal “chiodo della discordia” che ha staccato per ore tutti i collegamenti da e per la Capitale, e, non ultimo, le criticità in Lombardia che hanno fatto tuonare il governatore Fontana, hanno dato l’impressione di una rete in affanno.

“E forse – commenta un operatore di Rfi ai nostri microfoni – non è un caso. Oramai ogni guasto diventa una notizia”. Non sono pochi, all’interno del mondo ferroviario, coloro che credono nella volontà specifica di creare le condizioni affinché possa essere giustificata una privatizzazione. Un modo cioè per dare l’idea che qualcosa non funzioni per presentare una futura vendita come una soluzione.

I tanti problemi che stanno assillando le ferrovie

Sono però gli stessi addetti che confermano l’esistenza di non pochi problemi, oggettivamente riscontrabili. Quanto accaduto il 2 ottobre resta emblematico: l’intera area di Roma è rimasta con i treni fermi nei binari, i tabelloni luminosi si sono spenti ed è stato difficile anche avvisare gli stessi passeggeri. Il tutto per un chiodo posizionato su una canaletta che ha tranciato cavi fondamentali per il funzionamento del nodo romano.

A luglio invece, a subire i peggiori disagi sono stati gli utenti di un altro nodo essenziale della linea ferroviaria italiana, quello di Firenze. Prima un guasto, poi un uomo che senza apparente motivo si è messo a passeggiare lungo i binari a Santa Maria Novella, poi altri inconvenienti: per diversi giorni, i treni alta velocità e locali passanti per il capoluogo toscano hanno accumulato fino a cento minuti di ritardo.

Firenze è proprio un caso emblematico, anche più di Roma – prosegue l’operatore di Rfi, l’azienda che nell’ambito del gruppo Fs si occupa dell’infrastruttura – Qui il traffico negli ultimi 15 anni è letteralmente esploso. E dentro il nodo spesso convergono sia i treni locali che quelli ad alta velocità”.

Il problema è quindi di natura infrastrutturale: “Anche a Roma – sottolinea – se ci fa caso, sono stati gli stessi responsabili aziendali a sottolineare come, al di là del chiodo, i guasti sono stati legati a una serie di cause infrastrutturali”.

Servono investimenti sulle infrastrutture

La linea nazionale è sovraccaricata, circolano sempre più treni e sempre di più ne circoleranno in futuro. Occorre quindi investire non solo nella velocizzazione delle linee, ossia nella costruzione di nuove e più moderne tratte ferrate, ma anche nell’adeguamento tecnologico delle varie infrastrutture: “Questo – spiega la fonte di Rfi – viene molto prima delle privatizzazioni”.

Nei suoi piani, l’azienda che gestisce la rete ha in programma, così come confermato dai vertici, investimenti per svariati miliardi di euro per l’ammodernamento e l’adeguamento infrastrutturale. Le stesse interruzioni estive sono servite proprio per permettere una revisione e una manutenzione straordinaria agli impianti: “Ma forse – ed è qui che arriva la vena di sospetto dell’addetto Rfi – è meglio far passare il messaggio che non funziona nulla e che quindi è meglio affidare tutto ai privati”.

Il nodo privatizzazioni

Il perché lo spettro di una privatizzazione è molto presente tra gli addetti ai lavori è presto detto. In effetti, di vendita di parte delle azioni del gruppo Fs, attualmente interamente in mano pubblica, si è parlato eccome di recente. Il governo Meloni, già dal suo insediamento, ha avuto come linea quella di individuare settori dove poter privatizzare. E le ferrovie rientrerebbero nell’elenco. Non solo, ma il nuovo numero uno del gruppo Fs, Stefano Antonio Donnarumma, ha fatto esplicito riferimento a una vendita di parte del pacchetto azionario durante il recente forum di Cernobbio.

Nicola Zaccheo, presidente dell’autorità di regolazione dei trasporti, nei giorni scorsi ha dichiarato che l’apertura a partner privati del gruppo Fs “è un invito a nozze”. Purché siano rispettati alcuni paletti, a partire dal mantenere la rete “unica, pubblica e nazionale”, usando le parole dello stesso Zaccheo riportate su IlFoglio.

Rfi, movimenti non imminenti

Il discorso dunque non comprenderebbe più il “se”, ma il “quando” si passerà a una parziale privatizzazione delle ferrovie. Parziale perché comunque, da quanto trapelato fino ad adesso, il Tesoro metterà in vendita un pacchetto al di sotto del 50% delle azioni e qualsiasi privato sarà quindi socio di minoranza.

Sul quando, nonostante gli spettri agitati dagli addetti ai lavori e l’impellente necessità del Governo di fare cassa per chiudere i prossimi bilanci, il discorso appare più complesso. Nel suo discorso a Cernobbio, Donnarumma ha evidenziato come il dossier privatizzazioni potrebbe richiedere fino a due anni di approfondimento per essere poi realmente messo sul piatto Tempi ancora lunghi quindi. Anche perché, come lasciato intuire da molti, al momento la priorità è far funzionare meglio i treni.