Il Piano nazionale di ripresa e resilienza si infila l’elmetto da guerra. Perché sebbene ufficialmente le spese per la difesa non possano essere inserite nel computo del maxi piano europeo di rinascita democratica, in realtà ci saranno. Quello che non entra dalla porta, può sempre passare dalla finestra. Con buona pace di chi, come il sottosegretario Bruno Tabacci, l’uomo che dovrebbe coordinare il capitolo sull’aerospazio, ha risposto a True-News che non sarebbe possibile.
Recovery Plan, la Difesa esulta per la ripartizione dei fondi
Le intenzioni dello Stato erano chiare e dichiarate da tempo: il 10 marzo la Commissione Difesa della Camera dei Deputati ha approvato i rilievi avanzati dalla Difesa sul tema Pnrr. E nelle osservazioni sono parecchie le spese per il comparto che dovrebbero rientrare nei fondi del Recovery Plan: dalle caserme verdi, cioè l’applicazione di fonti rinnovabili alle strutture militari, alle infrastrutture cibernetiche, alla “realizzazione, anche nelle regioni meridionali, di distretti militari intelligenti (Smart military districts), volti a porsi come poli d’attrazione per interessi e investimenti”. Quindi in molti casi non si parlerà di milioni dati all’industria delle armi, ma di investimenti per la transizione ecologica e di “promozione della ricerca scientifica e tecnologica del comparto Difesa” come si legge nella relazione pubblicata.
Ripartizione fondi difesa, spazio capitolo privilegiato
Quanti soldi? Nello specifico lo “Spazio” è il capitolo più rilevante, almeno ufficialmente, con 2,3 miliardi di budget. Di questi ben 1,49 sono soldi europei, gli altri sono parte del fondo complementare, cioè l’ulteriore indebitamento da 30 miliardi aggiunto dall’Italia ai fondi Ue. Proprio secondo Tabacci – lo ha dichiarato in una recente intervista al Sole24Ore – l’investimento avrà un effetto positivo sull’occupazione nel settore “stimato potenzialmente in un aumento del 20% degli addetti, circa 1.600 persone in più per un’occupazione qualificata. Il settore ha circa 7.000 addetti e circa 200 aziende, per tre quarti piccole e medie e alcune grandi”. Il giro d’affari è sui 2 miliardi all’anno”.
Praticamente gli si raddoppia in un anno il giro d’affari. E dove nello specifico si spenderanno questi fondi? In cinque capitoli SatCom (satelliti e tecnologie per comunicazioni sicure e banda larga); Osservazione della terra (realizzazione di una costellazione satellitare ad alta frequenza di rivisita e lancio del progetto CyberItaly); Space factory (linee integrate per produzione, integrazione e collaudo di piccoli satelliti in Italia); Accesso allo spazio (tecnologie innovative per la prossima generazione di sistemi di trasporto); In-orbit economy (capacità di fornire la manutenzione in orbita di satelliti e infrastrutture). Ma quando si parla di questo tipo di tecnologie, allora si sta parlando di “dual use”. Cioè dispositivi e tecnologie che pur avendo in teoria scopi civili, sono utilizzabili per scopi militari. Dunque buona parte di questi 2,3 miliardi di fatto finiscono, in via indiretta, all’industria degli armamenti. Magari dalla finestra, ma ci entrano.
Ripartizione fondi del pnrr: digitalizzazione del comparto difesa
L’altro grande capitolo è quello su “Digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali”. Che rientra a sua volta nel macro settore degli investimenti destinati a Pubblica Amministrazione e Difesa che dovrebbe assorbire il 2,1 per cento totale degli oltre 200 miliardi complessivi del piano. Una parte saranno destinate al Ministero della Difesa per alcune operazioni di ammodernamento come la digitalizzazione di 750mila fascicoli e documenti. O ancora al costo di software e supporti di cui tutti i ministeri avranno bisogno, per ora incalcolabile in termini di approvvigionamenti. Per facilitare le operazioni infatti si sta lavorando su una white list di fornitori per entrare nella quale ci saranno probabilmente corse forsennate.
Recovery plan, nei fondi per le infrastrutture soldi per le “Caserme verdi”
Quest’ultimo capitolo è un’inezia rispetto al 32 per cento del Pnrr previsto per le infrastrutture, dove lo Stato ha approvato di inserire anche il progetto “Caserme Verdi”: un maxi piano da 1,5 miliardi preparato dall’Esercito per riammodernarne 26 caserme sparse tra Nord e Sud. Il patrimonio edilizio dell’Esercito ha mediamente una settantina d’anni, con immobili spesso non più utilizzabili perché ormai completamente immersi nel tessuto urbano. Esigenze che hanno trovato sbocco proprio nel Pnrr.
Questi sono i capitoli principali del “Piano Marshall” per l’Italia, perché per quanto dettagliato, il documento presentato in Europa ha ancora ampi margini di manovra, come nel caso del dual use: se un satellite è in grado di vedere cosa si coltiva in un certo campo, perché non potrebbe sbirciare le basi militari?