Per percorrere la tratta Roma-Cassino, il treno regionale ci impiega normalmente 1 ora e 27 minuti. Il ticket costa 8,40 euro. Il 3 febbraio 2012, invece, a causa di una forte nevicata, sono passate 23 ore per arrivare a destinazione. Un giorno intero, insomma, trascorso dai pendolari nei vagoni del treno. Tra rabbia, frustrazione e stanchezza. Di certo non una novità, considerando la media dei ritardi dei convogli ferroviari in Italia. E’ eclatante, invece, quanto ha sentenziato, nella giornata di ieri, mercoledì 18 ottobre, la Cassazione. Che, respingendo un ricorso di Trenitalia contro la sentenza del Tribunale di Cassino, ha condannato l’azienda al pagamento di “un indennizzo da ritardo” di quattrocento euro a titolo di risarcimento del “danno esistenziale”.
La Cassazione: “Il Tribunale ha evidentemente ritenuto un’offesa il travagliato viaggio”
Per la Terza sezione civile, come correttamente affermato dal Tribunale, “i bollettini metereologici risultavano aver chiarito in misura sufficiente – al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative – a dover indurre l’esercente il servizio di trasporto ferroviario… a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza”. Il Tribunale, prosegue la Cassazione, ha “evidentemente quanto ragionevolmente ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un’offesa effettivamente seria e grave all’individuabile e sopra rimarcato interesse protetto, tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione”.
Il normale rimboso dei ritardi da parte di Trenitalia
Una gioia per i passeggeri che hanno chiesto il rimborso, una stangata per Trenitalia. Per i ritardi, infatti, soprattutto sulle tratte regionali, gli indennizzi sono di gran lunga inferiori ai 400 euro citati dalla sentenza. Dal sito di Trenitalia si apprende che “nel caso di ritardo tra il luogo di partenza e il luogo di destinazione indicati sul biglietto singolo, a tariffa 39, 39/AS e “biglietti globali misti”, è possibile chiedere un’indennità pari al 25% del prezzo del biglietto in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti (per biglietti di importo pari almeno a €16,00) e al 50% del prezzo del biglietto in caso di ritardo pari o superiore a 120 minuti (per biglietti di importo pari almeno a €8,00)”.
La media dei ritardi dei treni in Italia
Le richieste di indennità non sono certo merce rara. Vista la mole di ritardi dei treni, Gli ultimi dati sono un po’ vecchiotti: risalgono al 2018 ma restano eloquenti.
Secondo la “Relazione qualità dei servizi 2018”, nel 2017 sono stati soppressi – su circa ottomila treni che circolano quotidianamente in Italia – lo 0,76% dei treni a media e lunga percorrenza, lo 0,16% dei treni regionali e l’1,68% dei treni internazionali. Per quanto riguarda poi i ritardi, che vengono calcolati da Trenitalia al netto di scioperi ed “eventi eccezionali” dovuti a forza maggiore (ad esempio difficili condizioni atmosferiche), il rapporto distingue tra ritardi alla partenza e all’arrivo.
I ritardi superiori ai 5 minuti al momento della partenza sono il 10,6% sui treni di media e lunga percorrenza, il 5,6% sui treni regionali e il 23,6% sui treni internazionali. Non si menziona qui l’Alta velocità, su cui il rapporto non fornisce statistiche (ma ci torneremo tra poco). La puntualità all’arrivo è calcolata con un parametro più generoso: soltanto se il ritardo supera l’ora. Dunque, risultano arrivati con un ritardo superiore ai 60 e inferiore ai 120 minuti l’1,2% dei treni di media e lunga percorrenza, lo 0,1% dei treni regionali e l’1,3% dei treni internazionali.
Se per ogni ritardo, quantomeno per i più duraturi, dovesse essere corrisposto un indennizzo per “danno esistenziale”, Trenitalia rischierebbe il default. Questo almeno farebbe prevedere la sentenza pronta a fare giurisprudenza. E probabilmente ad allarmare le casse delle aziende ferroviarie.