Dovevano rubarci il lavoro. E invece è successo qualcosa di strano e imprevedibile: i robot e le macchine stanno diventando i nostri capi. O meglio, delle presenze oscure e impalpabili che monitorano il nostro lavoro e ci dicono cosa fare.
Pensate ai servizi clienti telefonici dei call center, che spesso avvisano gli utenti che la telefonata “sarà registrata”. L’obiettivo è saggiare la qualità del servizio erogato, certo, ma l’effetto-spia è inevitabile, ed è pesante per l’operatore. Cambiando del tutto settore, la catena di hotel Marriott si avvale di un software che dice agli addetti alle pulizie quali camere pulire, e quando. Il tutto badando a un’idea di efficienza algoritmica che di umano ha ben poco. Ci sono infatti camere che vengono pulite assieme perché è più comodo e veloce; al computer, però, non interessa e propone percorsi diversi.
È questa corsa all’efficienza a pesare sui lavoratori. Esistono programmi con cui stabilire il numero di persone necessario per un determinato compito: il computer elabora il risultato, che viene sempre arrotondato. Per difetto, ovviamente, inseguendo un risparmio dei costi che alla lunga provoca burnout psicofisico.
Amazon è sicuramente l’esempio più rappresentativo di questa pratica. Ma, come già raccontato da True News, stanno conquistando sempre più settori, rendendo gli umani subalterni alle macchine. Le quali dovrebbero aiutarci e rendere il lavoro più facile. Non di questi, a quanto pare.
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