Perché leggere questo articolo? A partire da inizio anno assistiamo all’altalena sul rublo. Scopriamo perchè l’economia di guerra frena la moneta russa.
Il rublo è in crisi? La moneta di riferimento del sistema russo paga la volatilità finanziaria internazionale delle ultime settimane ed è tornata ad indebolirsi. Nelle scorse sedute il rublo è arrivato a scendere ai minimi dal 23 marzo 2022, quando era in ripresa dopo lo schianto seguito all’invasione russa dell’Ucraina. E per la seconda volta nell’anno, dopo la fine di agosto, è tornato sotto la soglia importante sul piano della psicologia politica del rapporto di 100 a 1 col dollaro. Di 102 a 1 col dollaro e di 107 rubli per un euro, per la precisione, il cambio della seduta di giovedì 12 ottobre.
L’altalena del rublo
Il rublo, nel complesso, si è deprezzato del 30% da inizio anno e del 50% dal massimo di cambio a suo favore ottenuto a giugno. Mosca vede la sua valuta perdere il “tocco magico” che l’aveva protetta nel primo anno di guerra con Kiev, quando spinta dalle entrate energetiche la sua valuta aveva agilmente difeso il cambio con le monete dell’Occidente e preservato il potere d’acquisto di Mosca sui principali listini globali.
Tra sanzioni, boom dell’inflazione e riconversione industriale dai beni di consumo all’economia di guerra la Russia si difende in termini di Pil ma non di forza valutaria.
Spesa pubblica e economia di guerra
Il crollo dei depositi interni erode la quota di risparmi dei cittadini russi e dunque il numero di rubli circolanti in Russia; le aziende occidentali rimaste nel Paese tesaurizzano e non investono essendo impossibilitate a portare i profitti fuori dal Paese; le banche e i privati alimentano colossali fughe di capitali. Soprattutto, una spesa militare giunta a oltre 100 miliardi di dollari e prevista a 108 miliardi nel 2024, più del 5% del Pil, secondo il budget crea una dinamica prevedibile. La Russia spende per costruire carri armati, missili, bombe, fucili, munizioni e via dicendo.
Parliamo di una spesa pubblica notevole, circa un terzo del totale nazionale secondo i dati del Ministero delle Finanze, che genera Pil. Ma che al contempo è strutturalmente inflattiva in quanto le armi sono destinate a esaurirsi o a deteriorarsi sul campo di battaglia, non a produrre valore. La spesa, pagata in rubli, va…in fumo!
Energia, tassi e dintorni: la sfida del rublo
Questa sfida era sostenibile finché la Russia riusciva a mantenere cospicue entrate con la sua guerra energetica sui prezzi del gas. Ma nel 2023 un clima mite, le scorte e le diversificazioni europee hanno portato il surplus russo di partite correnti scendere dell’85% nel semestre gennaio-giugno rispetto all’anno precedente. Da 168 miliardi di dollari la Russia è scesa a 25,2 miliardi, un differenziale che si è riflesso in un crollo del rublo.
Contando che la Banca centrale russa (Bcr) impone la tesaurizzazione dell’80% di entrate in valuta estera, per accumulare moneta pregiata e difendere il cambio, il crollo di denaro straniero ha contribuito al crollo della divisa di Mosca. “Dal 15 agosto”, nota Verità e Affari, “a fronte del forte deprezzamento della valuta nazionale la Bcr ha aumentato due volte il tasso di interesse, prima di 350 punti base e poi, il 18 settembre, di altri 100 punti base, portandolo al 13%” per contenere l’inflazione”.
L’assist di Hamas alla Russia
In sostanza abbiamo una Russia alle prese con le difficoltà contingenti di una situazione economica precaria e di una grande competizione internazionale. A cui solo un cambio di scenario potrà restituire quel vantaggio dovuto al connubio tra finanza e geopolitica sfruttato per un anno: un nuovo boom dei combustibili fossili. L’attacco di Hamas a Israele e la guerra di risposta dello Stato ebraico ha in tal senso fornito un assist a Mosca. Spingendo la tensione mediorientale verso l’alto, ha ipotecato un futuro rialzo dei prezzi del petrolio. Ma al contempo l’autunno mite dell’Europa sfavorisce un’analoga manovra sul gas (Baltic Connector permettendo). Lasciando la Russia a fronteggiare grandi incertezze in una guerra economica con l’Occidente che l’ha vista a lunga baldanzosa e ora la vede rinculare.