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Salumi salati: il prezzo record della carne di maiale

Salumi salati: il prezzo record della carne di maiale

Perché leggere questo articolo? Il prezzo dei salumi arriva ai massimi storici. L’allarme delle associazioni: colpa della peste suina, ma non solo.

La carne di maiale non è mai stata così salata. I salumi raggiungono il prezzo massimo. “Abbiamo raggiunto i valori più elevati mai registrati nella storia del nostro settore” dichiara Lorenzo Beretta, che l’assemblea annuale di Assica ha eletto come nuovo presidente dei salumieri italiani. Un settore che vale 9,5 miliardi di euro in termini di ricavi. Il fatturato 2023 risulta in crescita del 6,6% mentre la produzione ha segnato un mini aumento dello 0,7%. Due dati che si spiegano con l’impennata dei prezzi.

Salumi, il prezzo record della carne di maiale

Ad oggi, denuncia l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi di Confindustria la peste suina è costata 500 milioni di euro in due anni a produttori. Nel convegno “Salumeria italiana: le sfide per il futuro, tra le incertezze del commercio internazionale e l’aumento dei costi produttivi”, tenutosi lo scorso mese a Parma, Assica aveva stimato un costo di 60 milioni di euro al mese imputabile alla malattia che colpisce i suini.

Un danno enorme, a cui si aggiunge il rallentamento dell’export in un settore che annualmente muove verso l’estero 1 miliardo e mezzo di euro. “La diffusione della peste suina stessa ha contribuito a ostacolare la ripresa della produzione suinicola nazionale, comprimendo l’offerta di carne disponibile e spingendo verso l’alto i prezzi. I rincari sono andati avanti per tutto il 2023, a causa della bassa offerta di carni di maiale in Italia e in Europa“.

Mercati chiusi alle carni italiane

I costi di produzione – spiega Beretta – sono cresciuti anche per colpa dei tassi di interesse, del rinnovo del contratti di lavoro e dell’energia, le cui quotazioni, seppur diminuite, non sono ancora tornate ai livelli antecedenti al 2022″. Interni mercati, come quelli asiatici e nord-americani stanno chiudendo le porte ai salumi italiani alle prese con la peste suina.

Dal gennaio 2022, quando la Psa è stata riscontrata per la prima volta in Italia una serie di mercati sono stati chiusi. Da allora, nè salumi nè carne di maiale italiana possono essere esportati in Cina. Le vendite verso Usa, Gran Bretagna e Canada sono scese. In particolare, da quando ad aprile sono state ritrovate le prime carcasse di cinghiali infetti sulle colline parmensi, per la prima volta alcune aree di produzione della Dop Crudo di Parma sono finite sotto il blocco delle esportazioni verso Paesi come il Canada, il Giappone e, per i prodotti meno stagionati, anche verso gli Stati Uniti.

La risposta del governo

Uno dei distretti maggiormente colpiti è quello della Food Valley emiliana. La peste suina è stato un duro colpo per la provincia di Parma. Il governo col decreto Agricoltura ha nominato tre sottocommissari all’emergenza e varato provvedimenti di sostegno alla lotta contro la peste suina. “Un cambio di passo da parte del governo nell’ultimo periodo c’è stato ma non è ancora sufficiente. È necessario rafforzare le recinzioni, accelerare l’abbattimento dei cinghiali selvatici e, infine, stanziare ulteriori fondi. Non solo economici, ma anche in termini di risorse all’interno degli uffici dei ministeri coinvolti, come quello della Salute e quello degli Affari esteri, che deve trattare la riapertura dei mercati extra-Ue” conclude Beretta.