Un nuovo rapporto di Soldo rivela l’entità delle difficoltà finanziarie che i dipendenti devono affrontare a causa delle spese anticipate. La ricerca, condotta in Italia da Ipsos su un campione di 400 professionisti, rivela che per l’80% degli intervistati anticipare le spese per conto della propria azienda ha avuto un impatto negativo sulle finanze personali. Il 55% è scontento di utilizzare i propri soldi, percentuale che sale al 61% per chi sperimenta un impatto sensibile sulle proprie finanze personali. Ben 7 dipendenti su 10 utilizzano il proprio denaro, per spese legate all’azienda, almeno una volta alla settimana e hanno registrato nel 45% dei casi un sensibile aumento delle spese rispetto all’anno precedente.
Il rapporto Ipsos sulle spese
Un modus operandi che porta sempre più i professionisti a prendere misure drastiche per coprire i costi, soprattutto considerando che i rimborsi arrivano dopo settimane, se non addirittura un mese o oltre (per il 16% del campione, soprattutto quando il datore di lavoro è una grande azienda). Oltre la metà degli intervistati (52%) ha fatto spesso ricorso alla carta di credito personale e l’11% ha chiesto prestiti ad amici o parenti.
Sono questi i dati sorprendenti della ricerca, che dimostra come le spese anticipate incidano sul benessere finanziario e mentale dei dipendenti. Un quarto di loro, il 22%, ammette di avere meno soldi per la spesa e altri beni essenziali, il 23% non riesce a risparmiare quanto vorrebbe (con una crescita al 35% nelle fasce di reddito più basse), mentre 6 su 10 (61%) vivono con ansia la necessità di gestire anticipi.
I costi legati alle trasferte e ai viaggi di rappresentanza costituiscono la fetta più significativa delle spese sostenute e troppo spesso ancora anticipate: pranzi e cene (53%), biglietti aerei, alloggio e altre spese relative al viaggio (45%) e infine il carburante (39%). E non è certamente un caso che queste spese figurino tra quelle che creano maggiori problematiche ai dipendenti: i dati Istat mostrano un aumento del prezzo dei biglietti aerei quasi doppio rispetto al 2021, mentre i prezzi di servizi di alloggio segnano un +18,1% annuo e +5,8% su base mensile.
Le spese dello smart working
Un approfondimento a parte riguarda anche lo smart working e una nuova diatriba relativa ai costi del lavoro da casa, con una parte significativa degli intervistati che ritiene che l’attrezzatura per l’home office e una parte delle bollette siano da considerarsi spese di lavoro. Non a caso le dotazioni per l’home office (tastiera, monitor per PC) sono la quarta categoria di spesa più segnalata, mentre le bollette relative a energia e connessione wi-fi sono all’ottava posizione tra quelle per cui viene chiesto il rimborso al datore di lavoro.
Per il 24% dei dipendenti le aziende non hanno fatto nulla per contrastare l’aumento delle spese, limitandosi semplicemente ad incoraggiare la pratica del lavoro da casa.
Opinione condivisa dai dipendenti è l’urgenza di spingere le imprese a cambiare il processo di gestione delle spese. Il 56% afferma di volere una carta aziendale della propria società per eliminare completamente la necessità di rimborsi; 4 su 10 (41%) chiedono strumenti per l’acquisizione automatica delle ricevute mentre il 34% ritiene che le spese di basso valore dovrebbero essere soggette ad approvazioni meno rigorose.
L’aumento dell’inflazione incide sulle spese
Non sono solo i redditi più bassi a risentirne. Anche i dipendenti con stipendi di fascia più alta sono colpiti dall’aumento dell’inflazione. Ha avuto un effetto a catena sui costi legati all’attività lavorativa, come viaggi e intrattenimento. Inoltre, la difficoltà percepita del processo di richiesta di rimborso scoraggia i dipendenti dal richiedere l’intera somma a cui hanno diritto: il 70% degli intervistati afferma di non richiedere tutte le spese che ha anticipato, e addirittura una quota rilevante afferma di richiedere la metà o meno delle spese sostenute (44%). E tra le principali ragioni per non richiedere l’intero importo vengono citate i lunghi tempi di approvazione (41%) e il tempo e l’impegno necessari alla compilazione delle note spese (20%).
Il bollino nero? Va alle grandi aziende
La ricerca di Soldo mostra che sono proprio le grandi aziende ad essere meno propense ad apportare modifiche ai processi di spesa. Le fanno soltanto 1 su 5 (20%) delle grandi aziende; e circa un terzo (35%) di aziende medio-grandi con 250-499 dipendenti hanno apportato delle modifiche alla politica delle spese.