Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il piano triennale d’azione che Giorgia Meloni ha firmato in Cina potrebbe non essere sufficiente per consentire all’Italia di (ri)ottenere un canale preferenziale con Pechino. Che, nel corso degli ultimi anni, e dopo l’uscita di Roma dalla Via della Seta, ha puntato su altri attori europei strategici. Come la Grecia e l’Ungheria. Mentre per gestire le relazioni dirette con Bruxelles, il gigante asiatico dà l’impressione di continuare a preferire Francia e Germania all’incerto governo italiano.
Il piano triennale d’azione 2024-2027 che Giorgia Meloni ha portato a casa dalla Cina serve, ufficialmente, a rilanciare i rapporti economici tra Roma e Pechino. Due gli obiettivi menzionati dalla premier italiana: “esplorare nuove forme di cooperazione” e lavorare per un “bilanciamento dei rapporti commerciali”. Ancora da capire, invece, il contenuto dell’intesa. Che dovrebbe tuttavia riguardare dossier tecnologici e industriali, come auto elettriche e intelligenza artificiale, istruzione accademica e iniziative culturali.
Strada in discesa, dunque? Non proprio, visto che non sappiamo ancora quanto, quanto e in che termini l’accordo entrerà nel vivo. Ma soprattutto, bisogna ricordare che il governo italiano che ha firmato il piano è lo stesso che ha cancellato la sua firma dal Memorandum d’intesa relativo alla Nuova Via della Seta. La Cina ha più volte dimostrato di non voler cercare vendette dirette, però, dal canto suo, ha preso atto della decisione italiana e puntato su altri attori europei.
I piani della Cina in Europa: l’Italia ha perso il treno?
L’Italia è rientrata in corsa per il rotto della cuffia. Nel senso che Meloni ha incontrato il leader cinese Xi Jinping dopo che quest’ultimo aveva a sua volta ospitato, o era stato ospite, di svariati altri decisori europei. Tre nomi su tutti: Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Viktor Orban. Con i primi due Xi ha instaurato un rapporto quasi diretto. Utilissimo, nel caso del capo dell’Eliseo, per poter contare su un interlocutore di peso con il quale “fare diplomazia” e recapitare le proprie lamentele con Bruxelles.
Altrettanto utile, nel caso del cancelliere tedesco, per avere invece voce in capitolo con l’Unione europea nel delicatissimo settore dell’automotive. L’Italia, per quanto riguarda le questioni legate all’Ue, era dunque stata silenziosamente e implicitamente relegata ai margini dalla Cina. E Orban? Il primo ministro dell’Ungheria, a differenza dell’“alleata” Meloni, è stato ben felice di aprire le porte del suo Paese ad ingenti quantità di investimenti made in China. E non è finita qui, perché il leader magiaro ha accolto all’ombra di Budapest due aziende che Bruxelles considera “serpi in seno”: BYD, il più grande produttore di auto elettriche del pianeta, e Catl, il più grande produttore al mondo di batterie per veicoli elettrici.
Adesso, dopo preziosi mesi gettati al vento, Meloni è volata in Cina per ottenere un documento utile per ridefinire i rapporti con il Dragone. Peccato, come abbiamo visto, che altri, in Europa, si sono mossi prima e oggettivamente meglio dell’Italia…
Se la “Via della Seta” passa dalla Grecia
La Cina ha accolto con pragmatismo la decisione del governo Meloni di abbandonare la Via della Seta. Nessuna frase isterica è uscita dalla bocca degli alti funzionari di Pechino. Cosa è successo? Semplice: il gigante asiatico ha rivisto la propria strategia europea. In un primo momento, Xi pensava di coinvolgere l’Italia nella Belt and Road, investendo in porti (Taranto, Trieste, Vado Ligure)e infrastrutture, così da rendere il Paese uno dei centri nevralgici del progetto nella regione mediterranea.
In seguito, osservando il cambio di passo dei vari governi italiani succedutisi dal 2019 in poi, Pechino ha iniziato a bypassare Roma. È qui che entrano in scena l’Ungheria di Orban ma anche la Serbia di Aleksandar Vucic e la Grecia guidata dal conservatore Kyriakos Mitsotakis. Dal porto greco del Pireo, controllato per due terzi dalla cinese Cosco Shipping, a Budapest, passando attraverso Belgrado, ha preso così forma la Via della Seta “non ufficiale” del Dragone. Senza l’Italia, rimpiazzata da validi sostituti.