I numeri disastrosi del 2020 sono lontani, ma il mercato dell’auto stenta a ritrovare lo slancio e continua a registrare performance inferiori rispetto al pre-covid.
Settore automotive, crescono solo alcuni brand
I numeri di giugno parlano chiaro: il mese scorso le immatricolazioni in Italia sono state state 149.438, in aumento del 12,6% nel confronto con lo stesso mese del 2020, ma in calo del 13,3% rispetto a giugno 2019. Nel primo semestre dell’anno sono state immatricolate 200mila auto in meno rispetto allo stesso periodo di due anni fa: solo alcuni brand hanno registrato miglioramenti, come Volvo (+54,4%), Seat (+32,5%), Hyundai (+13,5%) , Skoda (+12,7%), Toyota (+8,3%), ma soprattutto Tesla (+108%).
Nel settore automotive è boom di Tesla (anche in borsa)
La società di Elon Musk ha battuto ogni record anche in Borsa: a a metà giugno Tesla capitalizzava da sola più di Toyota, Volkswagen e Daimler messe assieme, nonostante un fatturato pari a un ventesimo (35,9 contro 722,7 miliardi di dollari) della somma di quelli delle altre tre case e un utile netto a un quarantesimo (1,2 contro 43,8 miliardi). A gennaio la situazione era ancora più squilibrata, con Tesla che aveva raggiunto un valore di Borsa superiore a quello di quasi tutte le concorrenti quotate messe insieme.
Italia, l’automotive contiene i danni (ma solo grazie agli incentivi)
Ma se le auto elettriche sembrano giocare un altro campionato, per il settore dell’auto in generale la situazione è critica anche nel resto d’Europa (tanto che nel distretto emiliano si prepara la svolta elettrica). Secondo il centro studi Promotor, il primo semestre dell’anno ha visto 6.486.351 nuove immatricolazioni nell’Europa occidentale, con una crescita del 27,1% rispetto al primo semestre del 2020, ma in calo del 23% in confronto ai primi sei mesi del 2019. Il calo più consistente è stato registrato in Spagna (-34%), seguita dal Regno Unito (-28,3%) e dalla Germania (-24,8%). Leggermente migliore il dato della Francia (-21%), mentre l’Italia nei primi sei mesi ha contenuto il calo al -18,3%, grazie agli incentivi che hanno riguardato anche l’acquisto di vetture tradizionali con emissioni non superiori a 135 gr/km di anidride carbonica.
“La pandemia ha accentuato la crisi dell’automotive”
“La pandemia ha colpito molto pesantemente il mercato dell’auto, soprattutto a causa della chiusura dei concessionari durante il primo lockdown, ma anche nel 2021 le misure non sono state sufficienti a rilanciare il settore”, spiega a True News Gian Primo Quagliano, presidente del centro studi Promotor. “Gli incentivi adottati nel 2019 erano riservati all’acquisto di auto a emissioni zero o ibride; con le nuove agevolazioni, rinnovate nel primo semestre di quest’anno, si è avuto un effetto solo parziale e si supponeva che, una volta esaurito l’effetto degli incentivi, ci sarebbe stato un ulteriore grande calo del mercato. Per fortuna non sarà così, perché le agevolazioni sono state rinnovate anche per il secondo semestre, il che dovrebbe consentire all’anno di non chiudersi in maniera disastrosa. Nella seconda parte del 2021 si avrà sicuramente un calo, ma contenuto”.
A pesare ulteriormente sulle sorti del settore auto negli ultimi mesi è stata la carenza di semiconduttori, componenti elettronici necessari per la costruzione di numerose parti degli autoveicoli. Per Quagliano “anche questo è un effetto della pandemia: nei mesi scorsi c’è stato un boom nella produzione di computer e di dispositivi elettronici, che ha portato a una maggiore richiesta di semiconduttori e quindi a problemi di rifornimento. Per l’automotive si è trattato di una seconda tegola che si è abbattuta sul mercato, dopo la crisi del covid. Credo comunque che in tempi ragionevoli il problema verrà superato”.
Il Green New Deal europeo è il colpo di grazia per il settore?
All’orizzonte però si prospettano nuove difficoltà: gli operatori del settore guardano con preoccupazione all’annuncio delle autorità europee di voler vietare la vendita di auto ad alimentazione tradizionale a partire dal 2035.
“Le auto in circolazione, che attualmente in Europa sono circa 300 milioni, verranno così gradualmente sostituite da veicoli elettrici”, osserva Quagliano. “È una sfida molto impegnativa, perché comporterà costi notevoli sia per le case produttrici, sia per i consumatori che dovranno comprare nuove auto per adeguarsi alla normativa e vedranno svalutarsi i veicoli che già possiedono”. Per Quagliano “il valore delle auto circolanti è una questione molto importante: chi vuole cambiare auto cerca sempre di ricavare qualcosa vendendo l’usato”. In generale, secondo il presidente di Promotor “l’iniziativa di Bruxelles ha senso nella misura in cui non resta isolata. Per combattere le emissioni nocive bisognerebbe che anche le altre aree del mondo adottassero misure simili, ma al momento non ci sono notizie in questo senso”. Per ora l’annuncio ha scatenato “un grande dibattito sui costi di una misura del genere, per le aziende e per le persone, con qualcuno che ha paventato l’introduzione di meccanismi come l’aumento dei prezzi dei carburanti. Una soluzione del genere sarebbe disastrosa, come insegna l’esperienza francese: l’aumento delle tasse sui carburanti, deciso dal governo Macron due anni fa proprio per contrastare l’aumento delle emissioni, ha infatti portato alla nascita del movimento dei gilet gialli”. Per Quagliano “se si vuole perseguire questa politica bisogna far sì che sia a carico della fiscalità generale, con incentivi il cui costo va ripartito in misura più che proporzionale rispetto al reddito dei cittadini. Se il prezzo di queste iniziative venisse scaricato solo su alcuni soggetti l’impatto sociale rischierebbe di essere disastroso”.