True-News.it dialoga con Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia dal 2019, appena riconfermato per il prossimo triennio, sulle prospettive della sua società e dell’economia nazionale viste dal gruppo di consulenza britannico, ampiamente presente in Italia. Dal 2019 a oggi il network di Deloitte è praticamente raddoppiato, passando da circa 6mila a 12mila persone operative in 24 sedi. Nell’ultimo anno fiscale (giugno 2022- maggio 2023) l’azienda ha realizzato in Italia 1,3 miliardi di euro di ricavi. Pompei punta negli anni a venire a consolidare un trend che dal 2019 a oggi ha visto il fatturato del network in Italia aumentare del +75%.
Sviluppo e lavoro secondo Deloitte
Dottor Pompei, qual è la situazione dell’economia italiana vista dall’osservatorio di una società di consulenza come Deloitte?
“Dall’ultima edizione della Cfo Survey che abbiamo presentato a luglio al Parlamento Europeo l’economia in Europa e in Italia ha retto meglio del previsto a tutte le turbolenze macroeconomiche sperimentate negli ultimi anni. L’economia del nostro Paese ha retto ai colpi della pandemia, ha retto alla guerra in Ucraina e a tutte le conseguenze che ha avuto. Questo non significa che lo scenario sia semplice, ma vuole dire che l’economia italiana ha le carte in tavola per rimanere una delle economie più competitive e dinamiche d’Europa e del mondo. Questo “cauto ottimismo”, insomma, ci è stato confermato dal 34% dei Cfo europei che, nell’ultima rilevazione della nostra survey, si diceva più ottimista di sei mesi prima per quanto riguarda le prospettive finanziarie della propria azienda”.
E come vede la situazione del lavoro?
“Aggiungerei anche che per quanto riguarda le intenzioni di assunzione di nuove risorse, in Italia il 33% dei Cfo intende aumentare la propria forza lavoro nel prossimo anno. In linea generale le aziende che si stanno impegnando maggiormente in tale strategia sono quelle dei servizi professionali alle imprese (+52%) e del turismo e viaggi (+45%). Resta in ogni caso una forte attenzione alla situazione geopolitica e macroeconomica attuale e le principali preoccupazioni sono riferite all’inflazione elevata, al costo del lavoro e alla gestione della supply chain”.
Risultati e prospettive
Con l’ultimo comunicato stampa sulla fine dell’anno fiscale, avete annunciato oltre 1.300 milioni di ricavi e una grande campagna di nuovi ingressi nei prossimi mesi. Quali sono invece le prospettive future?
“Anche per il prossimo anno prevediamo un numero significativo di nuovi ingressi: saranno oltre 4000 le persone che cercheremo su tutto il territorio nazionale, portando avanti un trend di crescita anche per quanto riguarda le nostre persone da nord a sud. Dal 2019 il network è passato da circa 6mila a 12mila persone operative in 24 sedi ed è questa la strada su cui vogliamo proseguire il nostro cammino”.
Le sfide delle imprese viste da Deloitte
Le imprese resteranno il focus del vostro lavoro in tempi di transizione accelerata del mercato?
“La nostra mission, nello spirito di Impact for Italy (programma lanciato dal network di Deloitte Italia a gennaio 2020) è quella di continuare a crescere e accompagnare le imprese italiane nella transizione ecologica e digitale, generando un impatto positivo per il sistema Paese. Nei prossimi anni continueremo a investire nell’inserimento di nuovi talenti e professionisti con l’obiettivo di raccogliere le grandi sfide per la società e per le imprese come l’intelligenza artificiale, la lotta al cambiamento climatico e la realizzazione degli obiettivi del Pnrr.
Che tipo di consulenza chiedono oggi le imprese e quali sono le priorità attuali?
“Dal nostro osservatorio privilegiato di Deloitte – dove quotidianamente lavoriamo con oltre 8 mila aziende italiane – alla grande attenzione per la sostenibilità si è aggiunta quella legata all’implementazione dell’intelligenza artificiale nei processi per trarre ulteriore valore aggiunto e ridurre i margini di errore”.
L’impresa al centro, dunque, come attuatrici delle grandi svolte del presente?
“Nel complesso emerge che in prospettiva non solo le grandi imprese, ma anche tutte le piccole e medie imprese devono far leva su un piano strategico impostato sulle nuove esigenze del mercato, nell’ottica di facilitare la crescita e favorire il rilancio dell’economia. Le imprese sono percepite come direttamente responsabili dell’impatto ecologico complessivo delle attività produttive, ma invertire il trend è possibile”.
Dall’Europa arrivano in tal senso notizie confortanti…
“Lo confermano i dati comunicati in queste ore da Eurostat, dove risulta che nel primo trimestre del 2023 in Europa le emissioni di gas serra sono diminuite quasi del 3% rispetto allo stesso periodo del 2022 e soprattutto senza frenare l’economia, visto che nel primo trimestre del 2023 il prodotto interno lordo dell’Unione Europea è aumentato dell’1,2% rispetto a un anno prima. Soltanto in questo modo sarà possibile proiettarsi verso un futuro più digitale, sostenibile e inclusivo, che rappresenta il riferimento prioritario nel breve termine soprattutto per le aziende italiane”.
Pmi e Made in Italy, la visione di Deloitte
Si parla molto di tutela del Made in Italy. Come può la consulenza contribuirvi?
“Potenziare il nostro tessuto imprenditoriale significa tutelare le eccellenze del nostro Paese, incluso il Made in Italy, dove spesso la frammentazione e le ridotte dimensioni dei player hanno portato nel lungo periodo a problemi di competitività e tensione patrimoniale, in particolar modo in quei settori dove sono più rilevanti fattori come la capacità di investimento”.
Nel vostro “Osservatorio Deloitte Private sulle prospettive delle Pmi in Italia” analizzate le Pmi italiane nel contesto di oggi. Quali sono le loro priorità e – in generale – cosa emerge dallo studio?
“Attuare strategie Esg, appartenere a una filiera certificata, valorizzare il Made in Italy: sono queste le priorità secondo le PMI intervistate da Deloitte. In particolare, secondo l’80% delle PMI la sostenibilità è una priorità assoluta, mentre il 74% ritiene cruciale appartenere a una filiera certificata. Sono dati che parlano di un tessuto imprenditoriale che sta rispondendo alle grandi sfide di oggi: la sfida della sostenibilità ambientale in primis, ma anche quella della sostenibilità sociale – che sta diventando sempre più importante agli occhi degli stakeholder”.
Le Pmi sono il nerbo dell’impresa italiana, ma spesso c’è difficoltà a fare squadra tra di loro…
“Oltre a questa ormai matura consapevolezza sull’importanza della transizione ecologica e dei temi Esg in generale, emerge anche la consapevolezza dell’importanza di fare filiera, per rimanere competitive in uno scenario economico in cui il piccolo dimensionamento tipico delle PMI italiane rischia di diventare un vulnus. Se, però, le Pmi “fanno squadra” e riescono a costruire un ecosistema virtuoso, in cui si costruiscono sinergie e adottano buone prassi (tra cui quella della certificazione di filiera), le Pmi possono resistere meglio a un mercato popolato da “big player” e possono continuare a far avanzare il Made in Italy sui mercati internazionali”.
Una nuova attenzione per le imprese per la sostenibilità
Anche quest’estate abbiamo avuto chiari segnali dell’emergenza climatica in atto. Oltre alle istituzioni, cosa devono fare le imprese per vincere questa sfida?
Negli ultimi anni, la crescente attenzione verso la questione climatica e la sostenibilità, ha aggiunto un ulteriore elemento di attenzione, alla luce del suo impatto sui processi industriali e dell’impatto dei cambiamenti a livello normativo. Le evidenze dell’Osservatorio Deloitte Private confermano come la sostenibilità sia divenuta una priorità assoluta per le imprese: circa 8 su 10 la ritengono come prioritaria nella propria agenda (80%) o si dichiarano convinte che la sostenibilità consenta di preservare il valore aziendale (79%), potenziando la capacità di adattamento ai cambiamenti ambientali, sociali ed economici.
Sostenibilità, però, non è solo ambientalismo: come si indirizzano le imprese sul tema di uno sviluppo inclusivo?
“I due terzi delle aziende intervistate attribuiscono grande importanza a tutti e tre gli ambiti (Esg) in cui si declina la sostenibilità (ambientale, sociale e di governance), dando però maggiore priorità alla componente S (38%) e alla componente E (33%), rispetto alla componente G (22%). Queste tre dimensioni sono infatti le aree chiave su cui le imprese sono chiamate a confrontarsi con i propri fornitori, clienti e più in generale con l’intero insieme di stakeholder dell’ecosistema in cui operano, incluse banche e istituzioni finanziarie”.
Come Deloitte avete scelto di diventare Società Benefit e di crearne una interamente dedicata ai temi del cambiamento climatico e della sostenibilità: Deloitte Climate & Sustainability. Quanto conta per voi la sostenibilità e in che ambito opera questa nuova realtà?
“Deloitte Climate & Sustainability sta rafforzando le competenze del network in quattro aree: cambiamento climatico e decarbonizzazione, economia circolare e supply chain, finanza sostenibile e Esg data architecture. Per Deloitte si tratta di una scelta strategica, nata con l’obiettivo di riunire in una precisa identità le competenze trasversali dei suoi professionisti per assistere i propri clienti nel percorso di transizione verso la sostenibilità e potenziarne l’impatto positivo sui territori e nelle comunità in cui operano. L’evoluzione in atto nei modelli di business è molto complessa, sul piano strategico e sul piano operativo servono strumenti innovativi per cogliere le opportunità offerte dalla transizione e unendo le forze possiamo vincere tutti assieme questa sfida.