Perché leggere questo articolo? Spotify, azienda leader nel mondo della musica, ha annunciato il taglio del 17% dei suoi dipendenti. La maggioranza dei licenziamenti avviene nel settore dei podcast, esplosi qualche anno fa, ma che sembrano ormai vivere una crisi irreversibile. L’Italia, al posto di rendersi conto di questa situazione e salvarsi in calcio d’angolo, ospiterà un festival dedicato proprio ai podcast non rendendosi conto del fatto che sono arrivati al capolinea delle loro potenzialità.
E’ da oltre un anno che Spotify continua a tagliare il proprio personale. Dopo aver annunciato la necessità di dover congedare il 2% dei suoi dipendenti a giugno, i dati a fine del 2023 sono andati anche peggio. La crisi del colosso svedese sembra ormai irreversibile da tempo e la strategia del freemium – l’offerta del servizio in maniera apparentemente gratuita ma con pubblicità – pare non funzionare. Con oltre mezzo miliardo di utenti attivi sulla piattaforma ma “solo” con 200 milioni di utenti paganti, e con gran parte degli introiti usati per pagare i proprietari della musica ospitata sull’applicazione, lo stesso CEO Daniel Ek sembra correre ai ripari attuando strategie di tagli del personale principalmente nel settore dei podcast.
La crisi del colosso svedese peggio delle previsioni
E’ notizia di meno di due mesi fa il ridimensionamento dei dipendenti di Spotify. Inizialmente previsti intorno al 2%-6%, alla fine del 2023 i dati sono stati meno confortanti. Il CEO che ha annunciato il licenziamento del 17% della sua forza lavoro, pari a quasi 1500 persone, al motto di “snellire non è solo un’opzione ma una necessità”. Lo ha scritto Daniel Ek in persona in un post sul suo blog in cui ha affermato che il licenziamento è un passo difficile ma necessario. Tutto il team di Spotify spera di attuare riduzioni minori del personale nel 2024 e 2025, confermando che è necessario cambiare “il modo in cui si lavora”.
I licenziamenti mirati di Spotify
Non sorprende quindi che la maggior parte dei tagli del personale del colosso svedese sia stato fatto nel ramo del podcasting, senza toccare quello delle canzoni. L’azienda leader della musica negli anni si è affidata a diverse star del mondo della politica e del cinema per convincere i suoi utenti ad ascoltare i podcast. Dopo i primi risultati positivi negli scorsi anni, la situazione è peggiorata. Questo ha portato Spotify a comprendere che i grossi investimenti attuati durante la pandemia non hanno sortito gli effetti sperati. Il risultato è proprio l’importante taglio del personale mascherato come necessità di rinnovamento dell’azienda per stare al passo coi tempi (a seguito dei licenziamenti delle altre Big Tech come Netflix, Amazon e Meta).
Meghan e Michelle Obama non riescono a salvare i podcast
Quello che è certo è che il mondo del podcasting non è molto diverso da altri tipi di business online. Per questo motivo è anche soggetto ad investimenti giusti o sbagliati. Negli anni in questo settore sono stati effettuati investimenti avventati. I dati ci parlano chiaramente di una forte contrazione dei podcast i quali, mese dopo mese, vedono crollare gli ascoltatori totali. Tutto questo nonostante il grosso investimento di Spotify con grandi nomi come Meghan Markle e l’ex First Lady Michelle Obama.
Chora ospita il festival dedicato ai podcast
Sembra quindi irreversibile la crisi dei podcast e ci si chiede quando si avvertirà questa battuta d’arresto anche nel nostro Paese. Chi si occupa di queste trasmissioni in Italia sta iniziando a preoccuparsi perché solitamente i due mondi vivono in simbiosi. Nonostante questo la produzione di podcast italiani continua a vivere un momento particolarmente florido. Nei prossimi giorni infatti avrà luogo a Milano il “Chora Volume 1“, primo festival in Italia dedicato al mondo dell’audio creato da Chora Media con ospiti alcune delle voci più amate della scena podcast italiana.
L’incoscienza italiana nell’investire in un settore in crisi
Il mondo dei podcast quindi può considerarsi morto? Mentre nel resto del mondo è chiaro il momento di crisi che sta vivendo questo settore, con licenziamenti mirati di Spotify specificatamente in questo ambito, in Italia la produzione pare essere ancora forte, forse in maniera ancora un po’ incosciente riguardo quello che succede fuori dai confini dove i tagli del colosso svedese stanno mettendo sempre più a rischio la sua produzione. La creazione di un festival dedicato sembra confermare l’incoscienza italiana nell’investire in un settore allo stremo in moltissimi paesi nel mondo.