Perché leggere questo articolo? Ogni qual volta che l’Italia tenta un approccio di politica industriale nel settore auto, puntuale arriva la minaccia di Stellantis. Che in contemporanea chiede sussidi al nostro Paese.
“La concorrenza cinese potrebbe far chiudere dei siti”. Aridaje. Stellantis torna alla carica. Lo fa per bocca del suo Amministratore Delegato. Durante l’intervento in occasione dell’inaugurazione dell’impianto di produzione del cambio elettrificato eDCT, Carlos Tavares si è sbottonato. “Abbiamo verificato che i cinesi hanno costi di produzione sulle auto elettriche inferiori del 30%, Per questo dobbiamo migliorare la nostra efficienza per combattere i concorrenti cinesi. Noi resteremo in Italia e rafforzeremo la nostra presenza. Se qualcuno vuole introdurre i concorrenti cinesi nel mercato italiano, saranno loro ad avere la responsabilità delle decisioni impopolari che si verificherebbero”. Tradotto: Stellantis minaccia di sloggiare, e al tempo stesso chiede aiuti al governo. La solita vecchia storia dell’ex Fiat: chiagni e fotti.
Stellantis, same old story: chiagni e fotti
Un disco rotto che Stellantis ha mandato in onda svariate volte. La più recente risale a meno di due mesi fa. Era febbraio quando Tavares, in un’intervista a Bloomberg, minacciava il Paese parlando di possibile chiusura degli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori. Nello stesso monito, i vertici di Stellantis hanno chiesto incentivi al governo per la produzione di auto elettriche. Un modo per dire che a sganciare i soldi dovrebbe essere lo Stato, che da tempo immemore gli Elkann-Agnelli considerano il proprio bancomat.
Eppure non ne avrebbero bisogno. Almeno a giudicare dall’ultimo bilancio presentato da Stellantis, che è andato oltre ogni più rosea aspettativa. I bilanci per il 2023 sono stati chiusi con un utile netto di 18.6 miliardi di euro, in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente. Dati e cifre che appaiono in forte controtendenza rispetto alle dichiarazioni di Tavares che minacciava apocalissi in caso di aperture italiane a nuovi competitori.
Il pulpito da cui viene la predica
“L’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel nostro Paese. Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia”. Così l’ad di Stellantis a febbraio. “Stellantis chiuderà due stabilimenti in Italia se non dovesse ricevere aiuti da parto dello Stato” il nuovo ultimatum di marzo. E, infine, ieri: “la concorrenza rappresenta una grave minaccia a causa della quale non saremo in grado di garantire l’obiettivo di un 1 milione di veicoli e, se perderemo quote di mercato, avremo bisogno di meno stabilimenti“.
La reazione passivo-aggressiva di Stellantis sarebbe il frutto dei contatti che il governo italiano sta avviando con un potenziale competitor del settore auto. I candidati papabili sono l’americana Tesla e la cinese Byd. “Se non produce 1 milione di auto, inevitabile un altro produttore”, questo il monito del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, dopo l’inaugurazione a Torino della ‘Casa del Made in Italy”.
“Il paradosso – ha spiegato su TrueNews il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella – sta nel fatto che Stellantis è un gruppo mondiale che ha puntato più su linee di alta gamma, investendo al contempo poco sugli impianti”. Il problema però è adesso capire lo stato di salute degli stessi stabilimenti. Non tanto a livello di produttività, visto che ad esempio quella di Pomigliano è cresciuta del 30%, ma a livello di strutture: “Stellantis – ha rimarcato Palombella – ha puntato su modelli di alta gamma, ma ha investito poco negli stabilimenti. Oggi abbiamo impianti operativi, ma su cui occorrono interventi di ammodernamento e servono quindi investimenti”.
Stellantis avvisata, Stellantis arrabbiata
Il dialogo con Tesla o coi cinesi è un monito che il governo invia a Stellantis, con cui sta negoziando l’innalzamento della produzione in Italia a 1 milione di vetture (tra auto e veicoli commerciali). Peccato che i rapporti siano su un piano inclinato viste le reciproche accuse di incentivi pochi ed insufficienti per la transizione all’elettrico, lamentela del produttore, e invece generosi sotto forma di sussidi. Certo sul tavolo rimane lo spauracchio di una produzione cinese in Italia, che come detto dall’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares in un’intervista al Sole 24 Ore, potrebbe tramutarsi in un mero assemblaggio con fornitori made in China. Ora si fa largo una seconda scomoda alternativa al monopolio ex-Fiat. Resta il fatto che in Germania ci sono 6 società produttrici; in Francia 4; in Spagna 7; in Italia una sola. Chissà ancora per quanto…