La gallina dalle uova d’oro sta covando in Italia. Si chiama “Student Housing”. È l’immobiliare delle residenze universitarie. Secondo il Fondo Savilliss gli investimenti globali nel settore nel 2018 hanno toccato quota 17 miliardi di dollari, quattro volte tanto i dieci anni precedenti, destinati a salire. È praticamente impossibile fallire se il business plan è costruito bene: gli affitti sono regolari, zero rischio morosità, intercettando una domanda solvibile e di alto livello formata da studenti internazionali e domestici che puntano alle università prestigiose.
Student housing in Italia, la fetta di torta da 17 mld del recovery plan
Il Recovery Plan italiano vuole una fetta della torta e per potersi sedere a tavola ha disposto misure da qui al 2026 in grado di attrarre capitali: fiscalità agevolata (quella dell’edilizia sociale); compartecipazione di spesa pubblico-privato al 50%; i primi tre anni di retta pagati dallo Stato con lo studente che inizia a cacciare i soldi di tasca propria o della famiglia solo dal quarto anno (una punizione per essere andato fuori corso?); possibilità di utilizzarli nei momenti di “vuoto” anche per soluzioni di residenzialità alternative: manager, turisti, pazienti sanitari o famigliari.
Obiettivo dello Stato italiano? Arrivare nel 2026 a 100mila posti letto nelle città universitarie contro i 44mila attuali. Contratti perfettamente tracciabili. Contrariamente a quanto avviene oggi dove il “nero” negli affitti è la normalità.
Un esempio? A Milano nel 2019, secondo dati Agenzia delle Entrate che ogni anno produce report e analisi con l’Osservatorio Immobiliare guidato dai dirigenti Gianni Guerrieri e Maurizio Festa, sono stati registrati 587 nuovi contratti d’affitto per studenti. Pre-pandemia, quindi senza “fuga dalla città”. Su un totale di almeno 90mila fuori sede.
Non significa per forza che siano tutti contratti irregolari o in nero, ma come minimo significa che gli universitari non sanno che la legge prevede un contratto di locazione a canone agevolato per loro negli 800 comuni d’Italia considerati “ad alta tensione abitativa”.
Recovery plan, l’housing sociale fa brindare gli immobiliaristi
Brindano gli immobiliaristi degli studenti al Recovery Plan. Le misure sono una manna dal cielo dopo lo svuotamento delle città causa Covid mentre gli atenei si fanno la “guerra” lungo l’asse sud-nord offrendo sconti sulle tasse a chi si iscrive nella Regione di residenza e mentre cominciano le prime “vertenze” sul rientro in presenza: la diatriba fra chi ha lasciato il proprio appartamento ma vede le università, come il Politecnico di Milano, negare la possibilità degli esami a distanza per tornare all’attività totalmente in presenza.
Una petizione degli universitari del “Poli” ha raccolto migliaia di firme su change.org. Chi ci guadagna? Vedremo ma intanto la Coima di Manfredi Catella, il numero uno del real estate milanese che ha cambiato la skyline di Porta Nuova ha acquisito nel 2020 per 180 milioni di euro i cordata con Covivio (Del Vecchio) e Prada lo scalo dismesso di Porta Romana da Ferrovie dello Stato, ha già annunciato che nel 2026 il Villaggio olimpico degli atleti che lì sorgerà è da trasformare in residenze universitarie.
Sfruttabili grazie alla vicinanza con i poli della Bocconi, della Statale di Milano (facoltà umanistiche e Giurisprudenza) ma anche accademie private di moda e comunicazione. Beneficierà anche Catella delle misure di rilancio dell’Italia?
Milano, nell’area Bovisa un altro progetto di housing sociale
Oppure Hines, multinazionale immobiliare americana guidato nella penisola dal manager Mario Abbadessa, che sempre più va specializzandosi verso gli “studentati dei vip”, come li hanno ribattezzati le cronache meneghine. Da poco hanno realizzato quello dell’Università Bocconi ma ora c’è l’area Bovisa vinta dal colosso americano nell’ambito di Reinventing Cities con il progetto “Mo.Le.Co.La” offrendo 35 milioni a Comune di Milano e Ferrovie Nord.
Due studentati sono previsti dal disegno mentre un altro del Politecnico è in via di realizzazione. Uscendo dal capoluogo lombardo? Le misure del governo fanno di certo piacere a The Student Hotel, uno dei colossi europei di settore fondato da Charlie MacGregor che offre soluzioni di residenzialità per universitari, “giovani creativi”, “nomadi digitali”. Lo slogan? “Molto più di un semplice hotel”. I prezzi? Anche 800 euro a stanza per un mese di alloggio.
Aprirà a Roma nel quartiere San Lorenzo nel 2023, stando alla roadmap già tracciata. Scommette su Firenze, Torino e sulla nuova Bolognina nel capoluogo emiliano dove sta realizzando il “sogno dei fuorisede” con piscine, coworking, centri fitness. Con il direttore della struttura bolognese, Michel Giuliano, che ha dichiarato in queste settimane di essere già “sold out” per l’estate nonostante il Covid e di puntare “sul modello ibrido che consente di ospitare studenti, turisti e lavoratori.
Quando le restrizioni lo permetteranno, lanceremo una serie di eventi, tra tutti il format ‘Bed Talks’ (chiacchiere sul letto, con le stanze dell’hotel che si trasformano in luoghi di dibattito tematici, NdR), così come accogliere anche chi non pernotta nel nostro ristorante caratterizzato da un mix di cucina internazionale e locale avendo come executive chef Gianluca Esposito, ex Eataly”.
Chissà se sarà lo Stato a pagare interamente, o in parte, i “bed talks” e le piscine di The Student Hotel nei prossimi anni e se le strutture godranno della fiscalità dell’ediliza sociale.
Student housing in Italia, qualche malumore nel mondo del Business
Qualche timore però c’è tra gli operatori del Bel Paese. Se lo stesso governo Draghi ha fatto scrivere nel Pnrr che il ritardo italiano è figlio del fatto che “la maggior parte delle strutture esistenti è gestita dalle Università stesse, da realtà senza senza scopo di lucro ed enti religiosi”, c’è chi ha letto quella frase in modo sibillino. “La residenza è resilienza” scherzano i detrattori delle misure, considerandole una “regalia” ai privati. Ma anche nel mondo del business si muove qualche malumore.
Chissà cosa ne pensa, ad esempio, la Fondazione Ceur che dal 1990 offre soluzioni abitative e percorsi integrativi al percorso accademico per gli studenti di talento come braccio di CL e Compagnia delle Opere, lavorando con i collegi di merito e a Bologna dove ne ha diversi (9000 posti letto in 12 città italiane e 1 spagnola), dell’ingresso in Italia di aggressivi fondi globali meno avvezzi al “capitalismo di relazione” della penisola? Il timore è che arrivino “bocche” in grado di mangiarsi mercato e operatori esistenti.
I 5 gruppi immobiliari più importanti al mondo sullo “student housing” sono American Campus Communities (Stati Uniti), Unite Group (UK), GCP Student Living (UK), Xior Student Housing (Unione europea) and Empiric Student Property (UK).
Traina il mondo anglosassone perché secondo i ranking internazionali il 75% delle migliori università del globo si trovano fra Usa e Regno Unito e sono questi i poli che attraggono la “merce” pregiata: gli studenti internazionali ad alta capacità di reddito. Le prime dieci università britanniche hanno visto dal 2012 aumentare i propri iscritti del 42%.
Mentre nel 2017 Washington censiva 19,8 milioni di iscritti ai college con il fenomeno – crescente, galoppante e preoccupante – dell’indebitamento universitario degli studenti. Aumentato di 7 volte dal 2010: da circa 0,2 trilioni di dollari (un trilione: mille miliardi) a 1,5 trilioni.
Trasformazioni città, si punta anche sullo student housing
UK e nord America a parte, tutto il mondo guarda in quella direzione. Mapletree Investments, uno sviluppatore e gestore di proprietà del fondo di investimento statale di Singapore, sta esplorando la quotazione di un fondo di investimento immobiliare per studenti a Singapore che potrebbe raccogliere circa 1 miliardo di dollari.
Le trasformazioni riguardano anche il mondo di Università e College che diventano primari attori delle città: richiedendo agli studenti di vivere nel campus di fatto hanno un monopolio essenziale sul mercato immobiliare dei Comuni. Con la conseguenza che studenti e famiglie che desiderano ricevere un’istruzione di alta qualità devono prevedere anche i costi di vitto e alloggio. Non negoziabili.
Ora gli operatori dicono e scrivono nei loro “position paper” finanziari che il settore – avanzato nel mondo anglosassone, poco sviluppato nel resto del mondo – necessita di un ammodernamento. Su quali filoni? Sintetizzando: nuovi ambienti, spazi pedonali nei campus, ammodernamento del parco immobiliare, privacy e sicurezza, tecnologia per offrire supporto e connessione h24, 7 su 7, manutenzione, servizi condivisi.
Come? Con l’accentramento dei capitali per creare economie di scala che possano sopperire alle “mancanze” del mercato iper frammentato degli alloggi studenteschi, soprattutto in Italia, dove è storicamente dominato dai piccoli proprietari del ceto medio di seconde e terze case, che vivono grazie a un mix di lavoro e rendita immobiliare ereditata.
Chissà che il governo guidato da Mario Draghi non abbia dato una spinta verso “l’internazionalizzazione” del settore.