Perché leggere questo articolo? Anche quest’anno la sugar tax la facciamo il prossimo. Le aziende di bibite in Italia tremano. Da Coca Cola alla Cedrata, ecco chi rischia.
Anche quest’anno la sugar tax la facciamo il prossimo. Anche per la plastic tax vale lo stesso teatrino che i nostri governi hanno messo in piedi da cinque anni. Dal dicembre del 2019, infatti, in Italia queste due tasse non vengono applicate. Sono previste dalle leggi e messe a bilancio, ma poi vengono puntualmente rinviate. Nonostante ciò, aziende e sindacati sono sul piede di guerra, soprattutto contro la sugar tax che dovrebbe entrare in vigore a luglio. Ecco quali sono le aziende che rischiano di venir maggiormente colpite.
Sugar tax, la previsioni di Nomisma e Assobibe
La sugar tax prevede un’aliquota unica di 10 centesimi al litro e si applica ai produttori di bevande con più di 25 grammi di zucchero al litro: una soglia entro la quale rientrano tutte le principali bibite analcoliche (gassate e non) in commercio. La sugar tax riguarda anche le bibite solubili, cioè i preparati in polvere che vanno poi disciolti in acqua prima di essere bevuti: in questo caso, per tutti i prodotti con oltre 125 grammi di zucchero al chilo, l’aliquota è di 25 centesimi al chilo. Secondo le stime fatte nel 2019 dal governo guidato da Conte, la tassa avrebbe garantito introiti per circa 275 milioni di euro all’anno.
Assobibe, l’Associazione nazionale di categoria che rappresenta le imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia, ha stimato l’impatto della sugar tax sulla filiera. Per il settore l’entrata in vigore della tassa (+28% di fiscalità) a luglio 2024 significa una flessione delle vendite del 15,6%, una riduzione degli acquisti di materie prime di 400 milioni e un taglio degli investimenti di 46 milioni.
Le aziende che rischiano di più
La sugar tax, secondo uno studio di Nomisma – società di consulenza fondata nel 1981 da vari economisti, tra cui Romano Prodi – metterebbe a rischio oltre 5 mila posti di lavoro. Una misura che penalizza il prodotto e non i comportamenti scorretti e vanifica gli sforzi fatti da un settore che negli anni ha tagliato del 41% lo zucchero immesso a consumo. La filiera delle bibite in Italia è composta da 80 aziende, con un centinaio di stabilimenti che danno lavoro a circa 84mila lavoratori. Parliamo di un comparto da oltre 4,9 miliardi di fatturato annuo.
“Il rinvio della sugar tax a luglio previsto nella Manovra 2024 dà una boccata di ossigeno alle imprese della Filiera ma posticipa solo di pochi mesi gli effetti insostenibili di una nuova imposta che aumenta del 28% la fiscalità su un litro di bevanda analcolica: l’entrata in vigore produrrà un ulteriore indebolimento del mercato, che dopo un anno all’insegna dell’inflazione elevata e un’estate caratterizzata da volumi di vendite decisamente sotto le aspettative, chiuderà in negativo con una contrazione in volume stimata in -5,4% rispetto al 2022”. Con queste parole Giangiacomo Pierini, Presidente di ASSOBIBE, associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche in Italia, commenta l’ennesimo posticipo della sugar tax contenuto nella Manovra per il 2024 approvata oggi in Parlamento.
Non solo Coca Cola a rischio con la sugar tax
Non solo Coca Cola alla Fanta e la Pepsi – che tra l’altro sono bevande della stessa azienda. Anche succhi di frutta, té e bevande per sportivi: le aziende prevedono aumenti di prezzo. La sugar tax non è una sorpresa, ma rischia di essere amara per le oltre 75 aziende in Assobibe. Il consorzio prevede aziende di bibite gassate (come Coca Cola, che ha 2400 dipendenti in Italia); il competitor Pepsi ne ha 200. Ci sono bevande storiche che la Cedrata Tassoni – prodotta dalla Cedral di Salò, 30 dipendenti – e il Campari – della Campari Srl, che vanta oltre 4mila dipendenti. Anche le acque non minerali rischiano. La Ferrarelle Spa (450 dipendenti) e la Pellegrino Spa (1500 dipendenti) sono preallertati. Infine, gli energy drink, come la Red Bull, a cui la sugar tax non mette le ali…