Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il Superbonus 110% è il dossier caldo della politica interna per il governo Meloni. La revoca perentoria del bonus edilizio sembra conoscere lo stesso iter del decreto sul caro-carburante. Col governo che prima strappa e poi apre a correzioni. In questi ore qualcosa sembra muovere lo sblocco dei crediti all’interno della maggioranza.
Il governo apre al compromesso sul tema sempre più caldo del Superbonus. Lunedì ha avuto luogo l’incontro con le associazioni di categoria, sempre più sul piede di guerra dopo il varo del Decreto del 16 febbraio. Settimana scorsa l’esecutivo ha fermato le cessioni dei crediti e lo sconto in fattura, legati a tutti i bonus edilizi. Da una parte ci sono circa 19 miliardi di crediti – di cui 12 derivanti dal Superbonus e 7 da quelli per Sisma e Facciate – ceduti alle imprese, o alle famiglie che poi a loro volta volevano cederli alle banche; dall’altra ci sono quasi 25mila imprese edili e 100mila posti di lavoro a rischio.
La soluzione del dilemma Superbonus
La soluzione dello stallo Superbonus è al momento solo un’ipotesi. Potrebbero essere gli F24. Per sbloccare il nodo dei crediti incagliati – che il Ministro Giancarlo Giorgetti ha definito “una bolla da sgonfiare” – si potrebbe intervenire per mezzo delle banche. Gli istituti bancari acquisterebbero i crediti d’imposta delle imprese, compensando poi con le tesse delle dichiarazioni dei redditi.
Si cerca di prendere tempo, in attesa dell’aggiornamento da parte di Eurostat e Istat delle regole contabili per classificare i crediti creati dal Superbonus. E cercare di capire se potranno essere scaricati sui deficit del 2020 e 21. Inoltre, il governo potrebbe aprire agli incapienti e ai redditi bassi; che potrebbero continuare a usufruire della cessione del credito per tutti i bonus edilizi. La stessa cosa potrebbe valere per le imprese più piccole e per quelle che operano nella ricostruzione post-sisma.
Scongiurate altre ipotesi
Sembra invece accantonata l’ipotesi della cartolarizzazione dei crediti del Superbonus da vendere sul mercato; sia quella dell’acquisto dei crediti incagliati da parte di Cassa Depositi e Prestiti e di altre partecipate dello stato. Le aperture sono state aperte positivamente dalle associazioni di categoria. Che però sperano anche in altri correttivi. A partire da una fase transitoria più lunga, durante la conversione del Decreto in Parlamento. Giovedì 23 febbraio inizia l’esame in Commissione finanze alla Camera.
Quel che è certo è che il governo vuole mettere un tetto ai bonus, per evitare in futuro una nuova crescita fuori controllo della spesa. Per i crediti d’imposta del Superbonus, è stata calcolata una spesa per lo stato di circa 120 miliardi di euro negli ultimi tre anni. Come ribadito di recente dalla premier Meloni, il bonus edilizio sarebbe costato a ogni italiano circa 2mila euro.
Stesso iter del decreto-carburanti
Per il Superbonus sembra profilarsi quindi uno scenario simile a quello del dossier-carburanti. A inizio anno era montata la polemiche tra le associazioni di categoria e il governo, dopo che l’esecutivo aveva attaccato i benzinai per i rincari. Lunedì la Camera ha approvato il decreto su cui il governo aveva apposto la fiducia; ma solo dopo aver apportato dei correttivi, in seguito alle proteste dei benzinai. Le modifiche ricalcano l’accordo raggiunto al tavolo tra governo e gestori. L’emendamento del governo presentato alla commissione Attività produttive della Camera ha confermato l’obbligo per i distributori su strade e autostrade di esporre “con adeguata evidenza” i cartelloni con la media dei prezzi di riferimento accanto ai prezzi praticati. Una scelta confermata nonostante il parere contrario dell’Antitrust. Finirà così anche il braccio di ferro tra governo ed edili sul Superbonus?