Crisi energetica: le famiglie e le imprese piangono ma i produttori e i distributori ridono. Il consiglio di amministrazione di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione elettrica nazionale, ha approvato i risultati al 31 dicembre 2021. L’esercizio si è chiuso con ricavi pari a 2.604,8 milioni di euro (2.490,4 milioni nel 2020, +4,6%), un EBITDA a 1.854,8 milioni di euro (1.811,0 milioni nel 2020, +2,4%) e un utile netto di gruppo a 789,4 milioni di euro (785,5 milioni nel 2020, +0,5%). Gli investimenti hanno raggiunto i 1.520,7 milioni di euro (1.351,1 milioni nel 2020, +12,6%), mentre l’indebitamento finanziario netto si è assestato a 10.002,5 milioni di euro (9.172,6 milioni di euro al 31 dicembre 2020). Per quanto riguarda gli investimenti, tra i principali progetti dell’esercizio Terna segnala gli interventi per accrescere la capacità di scambio fra le diverse zone del mercato elettrico in Campania e in Sicilia, gli avanzamenti dei cantieri per l’interconnessione con la Francia e il completamento della stazione elettrica di Auronzo, nell’Alto Bellunese, nonché il proseguimento del piano di installazione dei compensatori sincroni.
Nel 2021 Terna ha raggiunto un primato storico: 37 nuove opere autorizzate dal Ministero della Transizione Ecologica e dagli Assessorati regionali, per un valore complessivo di oltre un miliardo di euro di investimenti, quasi quadruplicati rispetto al 2020. Il CdA proporrà un dividendo complessivo per l’esercizio 2021 di 585.108.671,20 euro, pari a 29,11 centesimi di euro (+8% rispetto al 2020) per azione e la distribuzione – al netto dell’acconto sul dividendo ordinario relativo all’esercizio 2021 pari a 9,82 centesimi di euro per azione già posto in pagamento dal 24 novembre 2021 – dei rimanenti 19,29 centesimi di euro per azione, al lordo delle eventuali ritenute di legge, da mettere in pagamento dal 22 giugno 2022 con data stacco 20 giugno 2022 della cedola n. 36 (record date 21 giugno 2022).
Idrogeno verde in Abruzzo con Adriafer
Ancora idrogeno verde, a tutte le latitudini tricolori, anche in Abruzzo. “Adriafer collabora strettamente con Arap Abruzzo sul fronte delle energie rinnovabili, nella consapevolezza che occorre stringere i tempi sulla transizione verso l’utilizzo di idrogeno e fonti alternative a quelle fossili, non piu’ solo per ragioni ambientali, ma anche di sostenibilita’ economica e finanziaria”. Lo ha affermato Maurizio Cociancich, amministratore delegato di Adriafer, societa’ che gestisce il trasporto ferroviario del porto di Trieste: il manager conferma contatti e intese messe in campo all’Expo di Dubai nella missione sulle energie rinnovabili promossa dalla Regione Abruzzo attraverso l’Azienda regionale delle attivita’ produttive (Arap). In particolare, i vertici manageriali di Arap hanno raggiunto un accordo con DII Desert energy, sul fronte della produzione di idrogeno verde, oltre a partecipare al summit mondiale sullo stesso idrogeno.
Pirelli contro la guerra in Ucraina. Ma perde la sfida con Ziarelli
Pirelli a trazione cinese perde colpi. La disfida tra i marchi Pirelli e Ziarelli (quest’ultimo tra l’altro preceduto da una M) ha segnato un punto a favore dei concorrenti, infatti la Cassazione (sentenza 8580) ha respinto il ricorso dell’azienda italiana nota in tutto il mondo, che produce pneumatici dal 1872. Un contenzioso basato, in parte, proprio sulla grande notorietà di un brand come Pirelli che poteva essere confuso con Ziarelli, la casa produttrice di gomme per auto con sede a Bastia Umbra, non tanto e non solo in Italia, quanto in altri paesi dell’Unione europea, in cui il marchio è registrato. A disorientare i consumatori, come a creare un rischio di parassitismo, secondo la società ricorrente, non solo l’identico prodotto commercializzato, ma anche l’elevato grado di somiglianza fra i segni, con un’identità stimata all’85 per cento.
Non basta: le attività delle fabbriche di Pirelli in Russia saranno progressivamente limitate a quanto necessario per garantire il finanziamento degli stipendi e dei servizi sociali per i dipendenti. Lo si legge nella nota sui conti definitivi del gruppo. Pirelli “è contraria a questa guerra e sta supportando la popolazione ucraina con una donazione di 500mila euro e promuovendo una raccolta fondi tra i dipendenti – si legge nella stessa nota -. Gli investimenti nel mercato locale, tranne quelli legati alla sicurezza, sono stati bloccati. Le attività delle fabbriche in Russia saranno progressivamente limitate a quanto necessario per garantire il finanziamento degli stipendi e dei servizi sociali per i dipendenti.
Cybersecurity e armamenti, grandi piani con il Pnrr
Come sempre, con la guerra, molti soffroni e pochi godono. E’ il caso del comparto security. Uno degli effetti europei sarà la “verticalizzazione” dei progetti che estrarrà dal grande scatolone di meraviglie del Pnrr un grande numero di progetti verticali in cui sarà rilevante il ruolo degli attuatori, enti gestori e imprese appaltatrici. Senza mai perdere di vista gli obiettivi e gli impatti che ogni singolo investimento produrrà sul sistema economico e sociale e sempre ricordando che dalla tabella di marcia di target e milestones, dal loro concreto raggiungimento, dipenderà il trasferimento dei fondi da Bruxelles. Tra questi, sicuramente la Cybersecurity. Ma la parte del leone la fanno gli armamenti. La difesa comune europea, per come è intesa e realizzata finora, va a vantaggio di pochi colossi, primo fra tutti l’italiana Leonardo. Circa il 70 per cento dei fondi Ue a sostegno dell’industria militare si concentra sulla Francia (il 26 per cento), su Germania, Italia e Spagna. I giganti dell’industria bellica dei quattro paesi Più sovvenzionati coordinano il 68 per cento dei progetti. Leonardo, che è la più grande azienda a produzione militare dell’Ue, è il principale destinatario singolo dei fondi, spiega Il Sole 24 Ore. La guerra in Ucraina è il catalizzatore di una corsa al riarmo che plasmerà l’Europa per il futuro.
La rivincita dei prodotti a marca del distributore
Fino a qualche tempo fa venivano considerati prodotto di serie B, sottomarche: Ora hanno conquistato la scena e rischiano di diventare leader dei consumi. Li chiamano prodotti a Marca del Distributore (MDD) e hanno consentito agli italiani di risparmiare 2,1 miliardi di euro, circa 100 euro per famiglia. La convenienza e la qualità di questi prodotti sono sempre più apprezzate dai consumatori e sono un importante fattore di risparmio nell’attuale contesto, caratterizzato dagli aumenti dei costi delle materie prime, dell’energia e della logistica e dalle conseguenze del conflitto in Ucraina. La Marca del Distributore contribuisce inoltre al sistema economico del Paese: rappresenta il 7,7% del fatturato dell’industria alimentare e sostiene più di 1.500 aziende che forniscono i prodotti per i marchi della Distribuzione Moderna, 84,6% delle quali piccole e medie. Nel 2021 la MDD ha fatto registrare un fatturato di 11,7 miliardi di euro, con una quota di mercato del 19,8%, crescente rispetto al periodo pre-Covid, e in linea con i valori record registrati durante la pandemia.
I dati di una recente ricerca confermano l’importanza sociale della Distribuzione Moderna, che durante la crisi pandemica ha mostrato una rilevante capacità di resilienza. La Marca del Distributore (i prodotti senza marca) negli ultimi anni è cresciuta tre volte di più dell’industria alimentare, grazie all’apprezzamento in costante aumento del consumatore finale. L’incidenza della MDD sul fatturato totale dell’industria alimentare nel 2021 (pari al 7,7%, in crescita rispetto all’incidenza del 7,4% registrata nel 2019) spiegail 60% dell’incremento dell’industria alimentare nel mercato domestico negli ultimi 18 anni, al netto dell’export.