Tra il rischio di una crisi energetica in Italia e in Europa, elezioni in arrivo con il tema dell’energia al centro e sfide economiche complesse i nostri sistemi produttivi vivono una fase complessa. Per capirne l’evoluzione True News si confronta con l’economista Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni e studioso di questioni energetiche e industriali.
Dottor Stagnaro, la crisi energetica morde ferocemente i settori produttivi italiani. Ritiene possibile il rischio di “lockdown” produttivi su larga scala?
Lockdown forse è una parola troppo forte, ma certamente il rischio di dover mettere in atto delle politiche di razionamento è più che concreto. C’è da dire che gli attuali livelli dei prezzi stanno già cominciando a produrre effetti, come mostra il calo della domanda industriale ad agosto. Per tutte queste ragioni è essenziale – anzi, andava fatto mesi fa – varare una forte campagna per invitare famiglie e imprese a ridurre i consumi per quanto possibile. Può essere utile anche prevedere specifici incentivi per chi lo fa, come del resto suggerisce la stessa Commissione europea. Solo così si potrà limitare l’impatto di misure più drastiche.
Price cap e taglio unilaterale alla borsa energetica di Amsterdam sono stati ventilati come proposte. Li ritiene fattibili?
Li ritengo fattibili, specie l’imposizione di un price cap al Ttf e alle altre borse europee del gas, ma non necessariamente desiderabili. Inoltre si tratta di misure tecnicamente complesse, perché se mal disegnate possono produrre esiti disastrosi. Per esempio, occorre trovare il modo di escludere, direttamente o indirettamente, il Gnl, per evitare che i carichi si dirigano verso altri lidi. Inoltre, si può mettere un tetto agli scambi sulle piattaforme, ma come intervenire sui contratti bilaterali tra operatori? Insomma: è un bene se si passa dalla fase degli slogan a quella delle proposte concrete, perché almeno ci si dovrà confrontare con le difficoltà pratiche anziché limitarsi a sventolare bandierine.
Per quanto riguarda le altre mosse proposte in Europa, che opinione ha sullo sganciamento dei prezzi dell’energia elettrica generata da rinnovabili da quella generata via fonti fossili?
Mi pare una proposta del tutto priva di una razionalità economica. L’energia elettrica è un prodotto perfettamente omogeneo e, come tutte le commodity, viene scambiata a un prezzo che ne riflette i costi marginali di produzione. E’ vero che, oggi, il costo di un input (cioè il gas) è esploso, trascinandosi dietro il prezzo dell’energia elettrica. Ma il problema, se c’è, non riguarda il meccanismo di formazione del prezzo elettrico, bensì il mercato a monte, cioè quello del gas. Pertanto qualunque intervento si voglia mettere in pratica dovrebbe tenere conto di questo fatto ed evitare di agire in modo incauto su un mercato che funziona.
Ritiene dunque i mercati energetici ancora efficienti in questo contesto, dottor Stagnaro?
L’intera questione, amplificata ovviamente dall’incertezza dovuta all’invasione dell’Ucraina, non nasce da un malfunzionamento del mercato, ma da uno squilibrio tra domanda e offerta. Pensare di uscirne con alchimie regolatorie è ingenuo e illusorio: se ne potrà uscire solo riducendo la domanda e aumentando l’offerta (la produzione nazionale di gas, i rigassificatori, le rinnovabili, il nucleare, ecc.).
Quali sono i possibili fattori di criticità al loro interno, dottor Stagnaro?
Come dicevo, il problema non sta nel funzionamento dei mercati (che quindi non devono essere aggiustati) ma nei fondamentali. Ciò non significa che non vi siano problemi nel modo in cui i mercati sono stati disegnati, ma che tali problemi non sono all’origine di questa crisi, che è una crisi di domanda e di offerta. Quello che bisogna aggiustare sono dunque i fondamentali: tenere sotto controllo i consumi e aumentare l’offerta, dal gas nazionale alle rinnovabili.
Sempre a riguardo di norme che hanno generato discussione, tornando al caso italiano, come giudica la normativa sugli extraprofitti?
La giudico pessima, per ragioni teoriche e pratiche. Dal punto di vista teorico, i prezzi straordinari a cui stiamo assistendo riflettono una situazione di scarsità sul mercato e servono ad attirare nuovi investimenti (oltre che a scoraggiare i consumi). Se la prospettiva di fare utili viene eliminata, anche l’incentivo a investire viene meno, esacerbando le ragioni della crisi. Dal punto di vista pratico, poi, il disegno di questa imposta è indifendibile (oltre che probabilmente incostituzionale). Colpendo la differenza tra i saldi Iva in due periodi, non ha come base imponibile gli utili, ma una grandezza che comprende anche voci quali i proventi da operazioni straordinarie e gli aumenti dei volumi commercializzati. Paradossalmente, questa tassa penalizza un’azienda che ha aumentato i volumi riducendo i margini e salvaguarda una che ha fatto il contrario. Lo scarso gettito generato ne è la banale e inevitabile conseguenza, nell’attesa che i ricorsi ne facciano piazza pulita.
Un ultimo passaggio sulle questioni italiane. Si pone fortemente il tema del nucleare in campagna elettorale. Qual è la sua opinione a riguardo, dottor Stagnaro?
Personalmente sono favorevole al nucleare, nel senso che non credo vi sia alcuna ragione sensata per vietarne l’utilizzo, ma vedo enormi difficoltà di ordine pratico ed economico, legate ai costi dei nuovi impianti e alla loro scarsa accettabilità sociale in paesi come l’Italia. Credo però che il tema del nucleare non vada visto a livello nazionale ma europeo: è importante proteggere il nucleare nei paesi che ce l’hanno o che lo vogliono, dalla Francia alla Finlandia alla Polonia, perché esso può fornire enormi quantità di energia pulita e affidabile. E’ sbagliato farne un feticcio: il nucleare non è né un mostro da combattere né la panacea di tutti i mali. E’ un pezzo della risposta a una crisi che è energetica e climatica.