Perché leggere questo articolo? E’ tg flop. Sempre meno italiani guardano i telegiornali, con un crollo verticale della Rai e una drastica diminuzione dell’audience Mediaset. True-news.it ha intervistato il professor Razzante per capire le ragioni dietro il flop dei tg.
Il tg è diventato obsoleto? Sono sempre meno gli italiani che guardano i telegiornali e si affidano ai social. Abbiamo quindi cercato di spiegare questo fenomeno assieme al professor Ruben Razzante, Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il professor Razzante è un profondo conoscitore del mondo dei media e delle sue evoluzioni, ecco cosa ha raccontato in un’intervista esclusiva a True-news.it
Sempre meno italiani guardano il tg. Perché secondo Lei?
Sono diverse le ragioni del calo di spettatori dei telegiornali in Italia. Anzitutto si sono registrati profondi cambiamenti nelle abitudini mediatiche. Con l’avvento di Internet e dei social media, molte persone reperiscono le notizie online anziché attraverso la televisione. La facilità di accesso alle notizie attraverso dispositivi mobili ha cambiato drasticamente il modo in cui le persone consumano informazioni. Inoltre, il contenuto del telegiornale potrebbe non essere più ritenuto interessante o pertinente alla stretta vita quotidiana. Con l’ampia disponibilità di opzioni di intrattenimento, le persone potrebbero preferire forme di media più coinvolgenti.
Non dimentichiamoci che la percezione sempre più diffusa che i media tradizionali siano influenzati politicamente potrebbe scoraggiare il pubblico. Infatti, moltissimi telespettatori dubitano dell’oggettività delle notizie presentate nei telegiornali. Inoltre i crescenti rischi di manipolazione dell’informazione spingono le persone a cercare fonti considerate più affidabili. Non va infine trascurata la drammatizzazione crescente che la televisione opera rispetto alla cronaca quotidiana. Le good news non hanno cittadinanza nei palinsesti televisivi e questo allontana il pubblico dai telegiornali, che somigliano sempre più a bollettini di guerra. Ridurre la rappresentazione della realtà solo a quello non è sinonimo di buona informazione.
È “Tg flop”: tutti perdono spettatori tranne Mentana. Il direttore di TG LA7 ha un appeal differente?
È difficile affermare con certezza se l’appeal di Enrico Mentana sia un elemento chiave in questo contesto. Mentana ha certamente tanta esperienza e sa essere coinvolgente più di altri suoi colleghi. Inoltre comunica in modo chiaro, utilizza un linguaggio accessibile ed è in grado di adattarsi a diverse situazioni e stili di presentazione, garantendo coerenza con il tono generale del TG. Tuttavia, sarebbe riduttivo fare soltanto valutazioni di natura personale.
Rispetto a venti anni fa il flusso delle priorità nell’agenda informativa dei singoli cittadini è stato stravolto, non è più verticale e top down. Le persone hanno meno voglia di informarsi o eventualmente ci sono altre ragioni?
Sì, è corretto affermare che il flusso delle priorità nell’agenda informativa dei cittadini è notevolmente cambiato negli ultimi vent’anni. Le persone, avendo un accesso molto più facile a una vasta gamma di informazioni provenienti da fonti diverse, sono diventate più selettive nelle informazioni che consumano prestando maggiore attenzione ad argomenti di loro interesse. E’ come se puntassero a confezionarsi un proprio palinsesto, pienamente calibrato sulle loro preferenze.
Ultimamente si parla anche di personalizzazione dell’informazione poiché le tecnologie di raccomandazione e gli algoritmi personalizzati adattano le notizie in base ai comportamenti di navigazione e alle preferenze individuali, e questo porta a un’esperienza informativa più personalizzata.
Non esiste più la “notizia del giorno” valida per tutto il Paese. Come è cambiato il modo di informarsi degli italiani?
La mancanza di una “notizia del giorno” riflette l’evoluzione della società digitale. Le persone sono immerse in una vasta gamma di informazioni e hanno la possibilità di personalizzare la propria esperienza informativa in base alle proprie preferenze. Questo panorama frammentato ha contribuito a una pluralità di narrazioni e ha reso più complesso individuare un singolo evento o argomento che unisca l’intero Paese.
Il modo in cui gli italiani si informano è quindi cambiato principalmente a causa dell’evoluzione delle tecnologie e delle dinamiche sociali. Tra i fenomeni che si osservano in maniera sempre più nitida inserirei quindi la progressiva digitalizzazione dei media, la frantumazione delle fonti, la personalizzazione dell’esperienza e il declino dei media tradizionali.
Nell’ambito delle informazioni ognuno si crea la propria dieta. Oppure si accontenta di informarsi con quello che entra nella sua bolla social. È un trend che proseguirà anche in futuro oppure secondo lei ci sarà un ritorno al passato?
Il fenomeno in cui le persone creano la propria “dieta informativa” o si confinano nella “bolla sociale” può dirsi in accentuazione. Una tendenza spinta in gran parte dalla personalizzazione delle esperienze online e dalla capacità di selezionare e consumare informazioni in modo selettivo. È difficile predire con certezza come evolverà questa dinamica. Il futuro dell’informazione potrebbe essere plasmato da una combinazione di fattori tecnologici, sociali e culturali. La consapevolezza individuale e l’evoluzione delle piattaforme digitali saranno fattori chiave nel determinare se la tendenza attuale alla personalizzazione estrema persisterà o se si verificheranno cambiamenti significativi nel modo in cui le persone si informano. Certo è che l’unica possibilità per il giornalismo professionale di rimanere al centro della scena mediatica è quello di dimostrarsi all’altezza, rispettoso dei diritti fondamentali e dei principi deontologici e lontano dalla superficialità che avvolge gran parte dell’informazione spazzatura che circola in Rete senza filtri e senza verifiche.