Già a fine dicembre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva avvisato i naviganti. Descrivendo gli ultimi quattro anni come una stagione “viziata” da una “allucinazione psichedelica” durante la quale “abbiamo pensato che gli scostamenti si potessero fare, che il debito e il deficit si potessero fare, che si potesse andare avanti tranquillamente così senza tornare a un sistema di regole”. A cosa si riferiva il ministro? E’ facile mettere insieme i pezzi. Nel 2020 l’Unione Europea decise di sospendere il Patto di stabilità a causa della pandemia, per dare respiro alle economie dei Paesi membri a rischio di finire gambe all’aria a causa del lockdown.
Ogni Paese ha interpretato lo stop a modo proprio. L’Italia? Si è data alla pazza gioia con l’introduzione del Superbonus. Principale responsabile oggi dell’attuale debito italiano. Che ha raggiunto il 140% del Pil: “Questa – erano state ancora le parole del ministro – è la realtà dei numeri di una norma fatta in un momento eccezionale. Che purtroppo ha degli effetti radioattivi, è come una centrale nucleare che fa effetti che non riusciamo a gestire”.
Le “traiettorie di riferimento” del nuovo Patto di stabilità
Ma qualcosa bisognerà inventarsi. Perchè nel frattempo nella notte tra venerdì 9 e sabato 10 febbraio è arrivato l’accordo preliminare tra Parlamento europeo e consiglio europeo sulle nuove regole di bilancio. Trattativa che conferma sostanzialmente le basi che erano state impostate a dicembre 2023. E che dovranno ora giungere al vaglio formale dei due organismi ed al semaforo verde prima delle Europee. Al centro del progetto, la reintroduzione del Patto di stabilità. Ovvero quell’insieme di regole che disciplinano la gestione dei conti pubblici dei Paesi membri che era stato varato nel 1997. E che ha il suo cardine nel taglio della spesa pubblica netta. Caposaldo che permane anche in questa versione rinnovata del Patto di stabilità. Che introduce il concetto della “traiettoria di riferimento” di ogni singolo Paese per la riduzione di deficit e debiti, qualora questi siano superiori rispettivamente al 3% ed al 60% del prodotto interno lordo. L’Italia, come visto, è ampiamente oltre.
“La traiettoria di riferimento indicherà il modo in cui gli Stati membri potranno garantire che, alla fine di un periodo di aggiustamento di quattro anni, il debito pubblico sia su una traiettoria plausibilmente discendente o rimanga a livelli prudenti nel medio termine”, spiega il comunicato del Consiglio europeo. Mentre una nota del Parlamento europeo sottolinea come i Paesi con un debito eccessivo saranno soggetti a una riduzione del passivo in media dell’1% all’anno se il debito è superiore al 90% del PIL. E dello 0,5% in media all’anno se il debito è compreso tra il 60% e il 90% del PIL. Misure peraltro meno restrittive rispetto alla richiesta di ridurre il debito annualmente di un ventesimo dell’eccedenza al di sopra del 60%. Requisito quest’ultimo che nessuno aveva del resto mai applicato.
Verso una nuova stagione di “tagli di bilancio”
Vedremo se andrà diversamente con la traiettoria di riferimento. Quello che appare certo è che la direzione è quella di una nuova stagione di “tagli di bilancio, nonostante le prospettive di crescita dell’Europa siano deboli”, come indicato dal Financial Times. E per l’Italia la prospettiva è di una correzione di bilancio media da 12,5 miliardi l’anno per sette anni, secondo le simulazioni del think tank Bruegel riportate dal Fatto quotidiano. Per riprendere l’immagine di Giorgetti, pare dunque proprio impensabile che l’Italia possa proseguire a farsi di Lsd. Pardon, di Superbonus. Il problema è capire quando scenderà l’effetto di quello che la nostra economia ha fagocitato in tutti questi anni. E che conseguenze lascerà su un organismo che sta per sottoporsi alla cura europea del rinnovato Patto di stabilità.