I conti dell’industria dei chip sono in preda a una frenesia di alti e bassi che riflette la complessità del settore dei semiconduttori. Tra trimestrali contraddittorie, cambiamenti nel mercato, montagne russe borsistiche si segnala l’entropia di un sistema aziendale che è stato fortemente rivoluzionato da due fattori nell’ultimo biennio. Da un lato, l’esplosione dell’intelligenza artificiale, specie generativa, e delle sue applicazioni. Dall’altro, la sfida geopolitica tra Usa e Cina che ha condizionato le catene del valore, plasmate attorno all’area pacifica e asiatica.
I conti contradditori dell’industria dei chip
Una settimana fa Tsmc, il gigante taiwanese dei chip che controlla una componente chiave della filiera di base dei semiconduttori all’inizio della piramide, ha annunciato una sostanziale continuità di crescita: oltre 18,3 miliardi di dollari di ricavi (+15,6% anno su anno) e 6,74 miliardi di dollari di utili (+5%), un dato che ha battuto il consenso degli analisti attorno 6,1 miliardi.
Un dato che va di pari passo col raffreddamento dei conti di Asml, il gigante olandese sostanzialmente monopolista nel settore delle macchine per la litografia più avanzata.
Il peso della geopolitica si fa sentire, come ricorda il Financial Times: “Le vendite nette della società nel primo trimestre sono scese a 5,3 miliardi di euro, in calo rispetto ai 6,7 miliardi di euro dello stesso periodo dell’anno precedente e ai 7,2 miliardi di euro del quarto trimestre. L’utile netto nel trimestre è sceso del 37% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente a 1,2 miliardi di euro. Quasi la metà delle vendite di sistemi di ASML erano destinate alla Cina, nonostante i tentativi degli Stati Uniti di limitare le spedizioni delle sue macchine di fascia alta in quel paese”.
Dunque, l’azienda resta in salute e profittevole. Ma un cambio di mercati può indubbiamente segnare problematiche per singoli business e anche nella fase della spinta all’innovazione di frontiera i vincoli della politica si fanno sentire.
Da Nvidia a St, chi è in apprensione
Il mercato si trova di fronte al fatto che nell’ultimo biennio enormi investimenti hanno mirato ad abilitare quote di capacità produttiva notevole. Salvo poi trovarsi di fronte a strozzature nella domanda. Lo sanno bene Nvidia e le altre aziende dei chip per l’intelligenza artificiale, che nella scorsa settimana hanno subito una “correzione” da un trilione di dollari a Wall Street dopo che Tsmc ha comunicato un calo del 10% della domanda richiesta di chip per l’Ai per il prosieguo dell’anno in corso.
Guarda con attenzione al sistema anche il big italo-francese StMicroelectronics, che ha recentemente presentato conti tutt’altro che entusiasmanti per il primo trimestre:per Stm questa gelata si è rivelata più intensa del previsto”, nota Gabriel Debach, Market Analyst di eToro. I ricavi “sono precipitati a 3,47 miliardi di dollari, con un declino trimestrale del 19,1% — un calo così marcato non si vedeva dal primo trimestre del 2019 — e un arretramento annuo del 18,4%, cifra che non si registrava dal lontano primo trimestre del 2012”. Pesa, soprattutto, il comparto automotive, che ha visto calare le domande. Casi che ci ricordano come l’industria dei chip non sia una monade. Ma viva delle frenesie del mercato che la circonda. Alle cui logiche si deve adattare. E non può scordarsi di questo dato di fatto. Pena subire docce fredde alla prova dei conti.