Perché questo articolo potrebbe interessarti? La crisi finanziaria che ha colpito il Gruppo Adani potrebbe ritorcersi contro l’India. Non solo: il momento di difficoltà che sta attraversando il grande conglomerato indiano rischia di scatenare un effetto contagio nei mercati globali. Tremano le banche più esposte nei confronti della holding controllata da Gautam Adani, l’ormai ex terzo uomo più ricco del mondo. E nella lista nera potrebbero finire anche alcuni istituti europei.
Dal paradiso all’inferno nell’arco di una manciata di giorni. Il Gruppo Adani è finito al centro di una torbida vicenda che potrebbe avere serie ripercussioni sull’India (e non solo).
Da quando, lo scorso 24 gennaio, il fondo statunitense Hindenburg Research ha accusato il conglomerato fondato dal tycoon Gautam Adani di “effettuare manipolazioni azionarie” e “frodi contabili decennali”, le sette società quotate della holding hanno perso oltre 100 miliardi di dollari.
Moody’s ha avvertito che il crollo delle azioni potrebbe colpire la capacità del gruppo di raccogliere capitali. Fino a ridurne la capacità di poter finanziare capex impegnati o rifinanziare il debito in scadenza nei prossimi 1-2 anni.
Considerando che il programma di sviluppo indiano è intrecciato a doppia mandata con il Gruppo Adani, c’è il rischio che il presidente Narendra Modi possa veder andare in fumo molti dei suoi progetti infrastrutturali.
Ma non è finita qui, perché molte delle risorse sulle quali poggiava il colosso indiano provenivano da investitori stranieri, banche comprese. Che adesso seguono la vicenda con il fiato sospeso.
Il possibile effetto contagio
Tra i timori che le turbolenze finanziarie del Gruppo Adani possano estendersi all’intero sistema finanziario dell’India, alcuni politici indiani hanno chiesto un’indagine più approfondita.
La Reserve Bank indiana ha affermato che il sistema bancario del paese è rimasto resiliente e stabile. La State Bank of India ha invece dichiarato di non essere preoccupata per l’esposizione al gruppo Adani, e che ulteriori finanziamenti ai suoi progetti sarebbero stati “valutati in base ai propri meriti”.
La crisi innescata dal conglomerato significa che gli investitori stranieri – molti dei quali già consideravano il mercato azionario dell’India sopravvalutato – stanno riducendo la loro esposizione.
Le società Adani quotate, intanto, hanno ora un valore di mercato combinato di 107,5 miliardi di dollari, contro i 218 miliardi rilevato prima del 24 gennaio. La banca centrale indiana ha chiesto agli istituti di credito i dettagli dell’esposizione al gruppo.
Le banche coinvolte
Le cifre generali sono ancora avvolte nella nebbia. Brokerage CLSA sostiene che l’esposizione del sistema bancario indiano al gruppo Adani ammonti allo 0,55% dei prestiti del sistema, mentre il debito bancario sarebbe inferiore al 40% del totale dei prestiti del gruppo.
Bloomberg ha intanto analizzato i nomi delle banche che potrebbero rimanere scottate dall’epilogo del gruppo indiano. I loro nomi sono scritti, neri su bianco, in un documento di 413 pagine scritto dalla holding per confutare il report di Hindenburg. Basta quindi leggere le fonti di finanziamento per ricostruire la ragnatela degli istituti coinvolti.
Tanti i nomi elencati, tra cui JP Morgan, Citigroup e Bank of America. In Europa i soggetti più esposti all’eventuale crollo del gruppo – e quindi maggiormente a rischio contagio – sono Deutsche Bank, Credit Suisse, Barclays e UBS.
Troviamo poi la giapponese Mitsubishi UFJ Financial Group, DBS Group Holdings e Standard Chartered. In Medio Oriente massima attenzione a NBD PJSC, PJSC e QPSC. Oltre alle banche indiane, le più esposte delle quali State Bank of India, Axis Bank e ICICI Bank.
“Esiste il rischio che le preoccupazioni degli investitori sulla governance e le divulgazioni del gruppo siano maggiori di quanto abbiamo attualmente preso in considerazione nei nostri rating”, ha affermato S&P. Una previsione che fa tremare i polsi ai nomi sopra citati.