“Dopo il conflitto in Ucraina qualcosa è cambiato e ci mette nelle condizioni di intensificare i rapporti con gli stati membri della comunità europea: questo deve essere il nostro faro”. Lo ha dichiarato Alan Rizzi, sottosegretario con delega ai rapporti con le delegazioni internazionali di Regione Lombardia, durante il suo intervento a Direzione Nord, la rassegna arrivata alla quindicesima edizione, svoltasi lunedì 4 aprile al Palazzo delle Stelline, a Milano, dove hanno partecipato anche Riccardo Garosci, presidente Aice, Maurizio Irrera, professore di diritto commerciale all’Università di Torino e Vito Rotondi, Ceo e Managing Director MEP.
Direzione Nord: “Export e internazionalizzazione in tempo di guerra”
Il faro dei rapporti più intensi con gli stati europei “determina anche una capacità di diventare autonomi dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare e dell’approvvigionamento alle nuove fonti di energia sostenibili” afferma Rizzi. “La Regione Lombardia interscambia 270 miliardi di euro con il mondo, di cui 137, secondo i dati conclusivi del 2021, riguardano le esportazioni e su questo dobbiamo concentrarci” aggiunge Rizzi, avendo come obiettivo “l’aumento di dialogo con quei Paesi con cui l’interscambio è più alto, come la Francia e la Germania. Solo questi ultimi due caratterizzano 75/80 miliardi di interscambio”.
“Intensificare i rapporti anche con i Paesi baltici”
Non solo Francia e Germania: verranno intensificati anche i rapporti con “i paesi baltici, quelli che stanno accogliendo i profughi, come la Polonia, ma anche l’Ungheria e la Repubblica Ceca fino all‘Australia” precisa Rizzi. “Il mondo ci cerca e ci copia – conclude Rizzi – vogliono le nostre eccellenze, vogliono prendere esempio da quello che facciamo in Lombardia: rappresentiamo il 49% dei brevetti depositati sul territorio nazionale e il 60% degli investitori esteri che scelgono l’Italia vengono qui da noi”.
Garosci: “Cercare nuovi mercati e nuove fonti di approvvigionamento”
Ricordando il record raggiunto lo scorso anno dall’export pari a 516 miliardi di euro, Riccardo Garosci, Presidente di AICE – Associazione Italiana Commercio Estero, segnala come il peso dell’esportazione verso i tre Paesi maggiormente coinvolti dal conflitto in atto, ovvero Russia, Bielorussia e Ucraina sia pari a 18 miliardi e possa ricondurci sotto la barriera dei 500 miliardi: “Ciò significa – ha aggiunto – preparare le nostre aziende agli scenari bellici, cercando nuovi mercati e nuove fonti di approvvigionamento di materie prime”.
Irrera: “Siamo esportatori, non importatori”
E proprio la necessità di sviluppare una maggiore indipendenza sul fronte energetico e sui prodotti agricoli primari ci porta inevitabilmente a riconsiderare il modello di globalizzazione finora adottato, come analizzato da Maurizio Irrera, professore di diritto commerciale all’Università di Torino. “Quella attuale – ha spiegato – è un’economia di guerra: siamo in un periodo di stagflazione, l’inflazione è al 7%, la più alta degli ultimi 30 anni con un rischio di recessione. Tutti ci dicono di essere più autonomi, ma noi siamo più esportatori che importatori e non è contemplabile una dimensione autarchica, se non a livello europeo”.
Rotondi: “Economia e società sono sistemi aperti”
Come ha ricordato Vito Rotondi, Ceo e Managing Director di MEP Macchine Elettroniche Piegatrici, l’Italia è infatti la seconda economia esportatrice d’Europa e la quinta economia con surplus commerciale a livello mondo. “Bisogna fare attenzione a un eccesso di autonomia, in quanto l’economia e la società sono per natura sistemi aperti” e poi aggiunge: “La MEP è un’azienda friulana da 80 milioni di fatturato presente in 128 paesi. Noi esportiamo oltre il 95% del fatturato. Ci sono temi di resilienza e recupero, pensiamo al Pnrr, insiti nella dimensione internazionale dell’impresa che devono essere gestiti attraverso un approccio che coniughi competitività e internazionalità”.