Come si dichiarano guerra le superpotenze mondiali nel ventunesimo secolo? Ponendo freni ed ostacoli al mercato. E infatti quella tra gli Stati Uniti e Cina si configura come una guerra tech, combattuta a colpi di blocchi commerciali e divieti all’uso di applicazioni tecnologiche. L’ultima mossa di questo scontro virtuale – ma con ricadute tutte reali – vede lo Stato cinese imporre alla società americana Apple di rimuovere WhatsApp e Threads dall’App Store. Dietro al divieto ci sarebbero “ragioni di sicurezza nazionale”, le stesse che hanno spinto le autorità statunitensi a proporre una legge per bandire TikTok nel Paese. A meno che la società madre, la cinese ByteDance, non accetti di venderla.
Ma chi di ban ferisce di ban perisce, come dimostrano gli indici americani, mai stati così sottoperformanti. Nonostante ciò l’America sta vincendo sulla Cina grazie al suo dominio nell’intelligenza artificiale. Lo afferma Fabrizio Barini, analista di mercato interpellato da true-news.it, secondo cui “questa battaglia tech-commerciale non è auspicabile nell’attuale contesto geopolitico teso”. Il botta e risposta tra le due potenze tecnologiche non solo sta danneggiando società statunitensi come Apple e Tesla, “la più grande vittima di questo conflitto”, ma rischia di generare effetti controproducenti per l’economia internazionale.
Si intensifica la guerra tech tra Usa e Cina: quali risvolti economici comporta?
La prima conseguenza di questa guerra è la debolezza del titolo Apple in Borsa. Il cellulare della società di Cupertino è stato a lungo il più venduto in Cina. Nel 2023 invece è diventato il quarto, superato da marchi cinesi. È uno dei riflessi della delocalizzazione del brand americano. Apple pretendeva di vendere in Cina producendo altrove, in Vietnam per esempio, ma il governo cinese si è opposto. Rispondendo con l’inibizione dell’uso dei telefoni Apple ai funzionari pubblici. Questo ban ha portato l’azienda statunitense a perdere il suo primato in Cina e, di conseguenza, a sottoperformare nettamente. Appare evidente come la società californiana, tra le più esposte al mercato cinese, sia stata la più colpita nel campo delle Mega tech, proprio quello su cui si combatte questa battaglia.
E a questo proposito, come reagiscono i titoli tech in Borsa?
Questa guerra sta impattando enormemente su alcuni dei maggiori titoli tech americani. Da inizio anno infatti i “Magnifici Sette”, ovvero Tesla, Apple, Microsoft Google/Alphabet A, Amazon, Meta e Invidia, sono diventati cinque perchè Apple e Tesla stanno andando decisamente male. Con una perdita del 43%, la società di Elon Musk è la principale vittima di questa battaglia tecnologica tra Usa e Cina. I cinesi infatti stanno inondando l’Europa e gli Stati Uniti di auto elettriche a prezzi più bassi rispetto a quelli del principale produttore americano. Per stare al passo e mantenere la competitività Tesla ha dovuto annunciare un taglio di prezzi. È quindi in atto una guerra anche di prezzi sia lato macchine, che sono sempre più tecnologia, sia sul fronte telefonini, con Apple particolarmente penalizzata. Anche Meta non sta performando bene in Borsa, ma resiste. Nell’ultimo mese, invece, Invidia ha perso il 16%, ma in soli tre anni ha fatto il 400%. Quindi la battaglia la sta stravincendo. Sul fronte dell’intelligenza artificiale infatti gli USA sono più avanti della Cina, anche la Borsa americana lo conferma. E oggi chi vince nel campo dell’AI ha il controllo di tutto.
Una guerra tecnologica che trova terreno fertile anche nei divieti alle app e ai social network. In particolare, il ban di Tik Tok da parte degli USA quali effetti potrebbe avere sul mercato dei rispetti Paesi?
Gli USA temono Tik Tok per questioni di privacy e sicurezza nazionale, ma avrebbero continuato a tollerarlo se ci fosse stata una sorta di reciprocità da parte della Cina, che invece continua a bandire i social americani pretendendo il controllo totale. Finché non si trova un accordo, la guerra si gioca sugli utilizzatori. Influendo su di essi si impedisce di fare il business e si mettono in difficoltà le industrie. In Cina ci sono un miliardo e mezzo di potenziali clienti e per questo motivo gli Usa sono indubbiamente preoccupati. Allo stesso modo, però, anche ai cinesi interessa un mercato con 300 milioni di consumatori americani.
E gli impatti sul mercato internazionale invece?
A livello internazionale quello che ha più impatto è la regolamentazione. La battaglia si gioca su accordi internazionali in grado di stabilire regole comuni. I Paesi che regolamentano di più, però, sono quelli che rischiano di essere maggiormente penalizzati se tutti gli altri non lo fanno allo stesso modo. Si pensi all’AI Act dell’Unione Europea che propone un sistema di regole nell’uso dei dati e nel business dell’intelligenza artificiale: una decisione che vale solo per l’Europa e che impone a tutti gli altri Stati ad adeguarvisi. Ma questi potrebbero benissimo non essere interessati a rispettarla. Quando USA e Cina troveranno un accordo politico di reciprocità nell’utilizzo dell’AI andranno sicuramente avanti per conto loro.
È corretto, secondo lei, definirla una guerra tech inerente la volontà (e necessità) di conservare l’egemonia tecnologica?
Sì è una guerra tech, da non intendere però come cyber-terroristica. È una battaglia tech-commerciale che impedisce di entrare in contatto con potenziali clienti. Oggi bloccare il commercio internazionale significa generare gli stessi effetti e impatti di una guerra.
Il copione si ripete. Trump aveva già provato a bandire Tik Tok quattro anni fa. Ora ci riprova Biden, mentre l’ex Presidente sembra aver cambiato la sua posizione sulla questione. Lei cosa ne pensa?
È una mossa politica elettorale. Mancano sette mesi alle Presidenziali.
Ma vietare un mezzo di informazione e potenziale piattaforma politica come Tik Tok non potrebbe diventare un boomerang per Biden?
Ad oggi ciò che più sta penalizzando il Presidente uscente è l’inflazione in continua ascesa. È questa la grande preoccupazione degli elettori americani e non vedo come Tik Tok possa essere un influencer della campagna elettorale. Gli americani adesso sono tutti concentrati sul caro-vita: è l’inflazione che decreterà la vittoria alla Presidenza. Anche se riconosco che Tik Tok in quanto social possa essere usato come strumento di influenza e manipolazione dell’opinione pubblica.
Vietare Tik Tok quindi non è una soluzione efficace secondo lei?
In questo momento qualsiasi iniziativa di conflitto, anche commerciale, che va a inasprire i rapporti con la Cina non è auspicabile, dato la presenza di conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. E ciò si riscontra anche dagli indici americani che dall’inizio del mese di aprile stanno sottoperformando, cosa che non accadeva da tempo.
Secondo lei questa situazione potrebbe comportare uno stravolgimento del contesto geopolitico?
No, ma è un elemento ulteriore di incertezza che prima non c’era.